Chiesa
di Mario Adinolfi
Non sarà una Quaresima facile
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“Solo il Signore può salvare dal flagello”, ripete Francesco facendo eco al passo del profeta Gioele della liturgia di ieri, nell’omelia tenuta a Santa Sabina a Roma nel giorno delle Ceneri. La Quaresima inizia così, con il Papa che quasi splende indossando i prescritti paramenti viola, non è uno splendore tranquillizzante, c’è preoccupazione tangibile nelle sue parole. E’ come se quei paramenti fossero resi particolarmente lucenti dal rosso sangue violaceo davvero: pare proprio il sangue versato dai martiri copti mescolato alle acque del mar Mediterraneo filmato dall’ultimo video orribile dell’Isis e viene anche in mente l’ultimo suicidio di un detenuto in un carcere italiano, quello commentato sui social network da alcune impietose guardie penitenziarie con un infame “uno di meno”. Viene in mente tutto il male del mondo guardando i paramenti viola del Papa a Santa Sabina e lui deve sentirselo addosso quel male, sembra quasi schiacciato dalla responsabilità. Invoca le lacrime: “La preghiera dei sacerdoti va accompagnata dalle lacrime. Ci farà bene a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, chiedere all’inizio di questa Quaresima il dono delle lacrime,così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene chiedere: il Papa piange? I cardinali piangono? I sacerdoti piangono? I consacrati piangono?”.
Bellissimo passaggio così denso di punti interrogativi. L’interrogativo è rivolto anche a noi, non fate i distratti cari lettori. Voi piangete? Io piango? Ci stiamo rendendo conto del male che sta impadronendosi del mondo, prestiamo l’orecchio ai messaggi che ci arrivano anche da Maria o abbiamo deciso di essere sordi e con il ciglio asciutto?
Sempre dalla liturgia di ieri Papa Francesco ci indica una strada, la indica al mondo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”. Cita San Paolo, il romano pontefice. Il messaggio sembra inviato sulle coste libiche come nelle terre ucraine, tra i cristiani nigeriani vittime di Boko Haram e tra quelli pakistani presi di mira ad ogni angolo di strada sempre per ragioni religiose. L’analisi di queste ore, di questi giorni è paradossale: sembra voler sottolineare ad ogni passo che “non si tratta di una guerra religiosa. E’ invece, in tutta evidenza, proprio una terza guerra mondiale tutta religiosa, solo religiosa, contro i cristiani o “i crociati” se si vuole restare al gergo ossessivamente utilizzato dall’Isis in ogni messaggio. E poiché è una guerra di natura religiosa, anche all’interno dell’Islam per il raggiungimento di posizioni egemoniche, come si fa a non comprendere che solo una “riconciliazione con Dio” può disinnescare la potenzialità maligna del conflitto in fieri?
Non si tratta di chiacchiere, si tratta di una dimensione pienamente operativa, fattuale. Significa prima di tutto utilizzare anche il tempo quaresimale per una riflessione accurata sui passi da compiere. Qualche settimana sarà necessaria. Significa lavorare sul rafforzamento del ruolo non tanto di un generico “islam moderato”, quanto di punti di riferimento che nel mondo islamico e anche in Libia si sono caratterizzati prima di tutto teologicamente contro la strategia adottata dall’Isis. Significa capire di cosa si sta parlando. E in molto chiacchiericcio da bar e da salotto televisivo questo presupposto pare non essere per niente soddisfatto.
La riflessione papale ieri a Santa Sabina chiedeva di compiere tutti gli atti prescritti dal tempo quaresimale “senza ostentazione” e “nel segreto”. Ci sembra una strategia di intelligence più illuminata degli inutili rulli di tamburi di guerra ascoltati nei giorni scorsi. Dio ci guidi in questo cammino verso la Pasqua, non saranno settimane facili.