Politica

di Fabrizio Cannone

Ecco a cosa mira il gender

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Padre Giorgio Carbone, docente di bioetica alla Facoltà teologica di Bologna, unisce in sé il radicamento nella profonda dottrina tomista, cosa tipica per un domenicano (almeno una volta…) con una partecipata attenzione critica alle vicende dell’attualità. Da tempo collabora con blog e riviste offrendo spunti sempre interessanti e originali sulle più pressanti questioni etiche e antropologiche, trattate con il bisturi dello specialista in teologia morale, ma anche con la pastoralità dell’uomo di Dio.

Dopo vari libri sulle tematiche spinose e spesso incomprese della contraccezione, della fecondazione artificiale e dell’aborto, il teologo domenicano ci offre ora un saggio di sintesi sulla più pericolosa e meno scientifica delle ideologie contemporanee (G. Carbone, Gender. L’anello mancante?, ESD, Bologna 2015, pp. 154, € 14).

In dieci rapidi capitoletti viene ripercorsa tutta la magmatica filosofia del gender, dalle origini ad oggi, soffermandosi sulle conseguenze sociali ed educative, prima ancora che giuridiche e morali, di una regressione tanto nefasta quanto insopportabile.

Nell’introduzione padre Carbone avverte il lettore su un fatto di non minima importanza. L’obiettività delle analisi che ha condotto per anni, così come le diagnosi proposte in conclusione (cf. pp. 132-142), non cancellano la cristiana carità, la quale sintetizza “solidarietà, misericordia e aiuto concreto” verso ogni persona come tale, non per le virtù o i pregi che eventualmente la connotano, ma “per il semplice fatto che (…) esiste” (p. 10).

Ciò detto, è proprio per l’amore degli uomini e dell’umanità intera, non esclusi gli omosessuali i bisessuali e i transessuali, che bisogna non arrendersi a delle teorie sbagliate e ingannatrici, in particolare quando queste hanno la potenzialità di distruggere la famiglia e con essa l’educazione dei bambini e la pace.

Le origini remote della teoria del gender vengono fatte risalire a John Money che effettivamente fu tra i primissimi psicologi a proporre la distinzione tra il sesso, come “ciò che attiene agli organi genitali e alle loro funzioni” e il genere che invece sarebbe “ciò che ha a che fare con le differenze comportamentali e psicologiche” (p. 17). Il più noto esperimento di Money fu quello attuato su Bruce Reimer (1965-2004), evirato a due anni col consenso dei genitori e cresciuto come una bambina… Su questa orribile violenza compiuta in nome della scienza un giornalista americano ha fatto pienamente luce (cf. J. Colapinto, Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza, San Paolo, 2014). Tale esperimento di ingegneria psico-sessuale si concluse dolorosamente con il suicidio di Bruce, dopo il suo rifiuto della femminilità imposta dai genitori e dal medico (Frankenstein) Money. Già qui il gender e la “asessualità spirituale” dell’essere umano avrebbero dovuto arrestarsi. E invece no.

Molto interessanti poi le pagine che padre Giorgio dedica al contributo del femminismo, specie radicale, alla teoria del gender. E’ arcinota la frase cult della profetessa femminista Simone de Bouvoir: “Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna” (cit. a p. 27). Difficile però accumulare in poche righe tante scemenze! Se infatti furono la storia e la civiltà ad inventare il ruolo della donna (e non la biologia, la natura e la Provvidenza), come mai visto che l’umanità è equamente ripartita tra maschi e femmine, sarebbe stato l’uomo ad aver imposto alla donna il suo ruolo e mai il contrario? L’unica risposta è che la donna sarebbe inferiore nella capacità di dominare e assoggettare l’altro. E questo spinge a dirlo proprio la caporiona arrabbiata del femminismo! No, i ruoli ci sono ed esistono, sempre e ovunque. Adamo per fortuna non è in tutto uguale ad Eva. Né lei a lui. La stessa Bibbia parla di un aiuto che è “simile” ad Adamo, non uguale (Gen 2,18). E i Padri della Chiesa si esprimono così: “La donna non fu tratta dalla testa di Adamo affinché non si credesse superiore, né fu tratta dai piedi affinché non fosse tenuta come serva o schiava. Ma fu formata dalla costola affinché fosse ritenuta come compagna di vita” (secondo il commento di p. Marco Sales). Complementarità, collaborazione, attrazione reciproca, differenze attitudinali, istinto di procreazione, matrimonio, famiglia… civiltà! E’ questo splendido e armonico paesaggio umano, disegnato e calibrato al millimetro dal più grande dei Pittori che si vuole sostituire con le teorie nullificanti e negazioniste del gender.

Così la degna erede della Beauvoir, la Firestone scriveva che “il fine ultimo della rivoluzione femminista non consiste nell’eliminazione dei privilegi, ma nella stessa cancellazione delle distinzioni tra sessi (…). Il tabù dell’incesto oggi serve solo a preservare la famiglia. Se ci sbarazzassimo della famiglia ci sbarazzeremmo anche delle repressioni (…). I tabù sessuali adulto/bambino e omosessualità sparirebbero” (cit. a p. 29).

E non si può che darle ragione: la fine della famiglia, desiderata dagli ideologi del gender, sarebbe altresì la fine di molti tabù e l’apertura ad ogni perversione, ad ogni violenza, ad ogni mostruosità. Di questo si tratta signori lettori, e non di una mera filastrocca, tipo Emma e le sue due mamme…

Le stesse agenzie Onu e tutte le lobby al servizio del potere credono davvero che, per istituire una società migliore e più equa, “il femminile e il maschile sono categorie o da cambiare o da abbattere” (p. 33). Sarebbe come voler abolire la moneta per creare l’eguaglianza economica tra i cittadini! Ancora nel 2013 un certo J. W. Scott, citato da padre Carbone, scriveva che “il ricorso alla biologia rende più difficili gli appelli all’eguaglianza” (p. 32): e questo dimostra che di teorie anti-biologiche e anti-scientifiche si tratta.

In questo quadro è piccante ricordare che proprio gli psicologi e psicanalisti contemporanei, forse più degli autori classici, hanno definito l’omosessualità come “aberrazione sessuale” (Freud), “complesso di inferiorità” (Adler), “infantilismo psichico” (Stekel), “auto-commiserazione” (Arndt), “idolizzazione” (Hatterer), etc. Addirittura per Freud l’omosessualità maschile avrebbe come concausa il “disprezzo della donna fino all’orrore” (p. 59), e così gli unici veri maschilisti sarebbero i gay!

Andando nel profondo poi il gender contiene un assalto implicito contro il concetto di natura e la sua immutabilità, e perfino contro il concetto di ens, o essere, metafisicamente fondato. “Ciò che è esiste, ciò che non è non esiste”: la base del pensiero e del ragionamento per le agenzie del gender implicherebbe omofobia, violenza, intolleranza e razzismo. Così le stesse categorie progressiste LGBT sono andate aumentando aggiungendo via via nuove lettere per nuovi generi. Ma non può bastare mai: infatti gli autori pro gender parlano di “fluidità” come “capacità di diventare in modo cosciente e libero uno degli infiniti numeri di genere (…). La fluidità di genere non conosce limiti o regole” (p. 38). E’ il limite che fa paura, rifiutando quindi l’umanità come Dio l’ha fatta ed è la regola, ogni regola, che viene vista come ingiustizia e sopruso. Magari domani diranno che criticare l’incesto è bigottismo e moralismo!

In conclusione la visione antropologica secondo il gender è definita dal teologo come “riduttiva, dannosa, utopica e caotica” (p. 134). Il suo lascito alla cultura umana sta nell’aumento certo delle tensioni sociali, delle diatribe scolastiche, della confusione psicologica dei bambini, della lotta di classe combattuta stavolta tra sessi e (infiniti) orientamenti sessuali. Insomma in una spinta di micidiale potenza contro la famiglia, la religione e la civiltà.

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19/05/2015
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