Politica
di Emiliano Fumaneri
La libertè cancellata in Francia
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Et voilà! Giovedì sera l’Assemblea nazionale di Francia ha scritto una triste pagina della propria storia. Una pagina nera non soltanto per la vita ma anche per la libertà. Del resto quando mai le due cose non sono andate di pari passo? Un breve antefatto: in Francia, bisogna sapere, vige il cosiddetto “délit d’entrave”, il “reato di ostacolo all’aborto” che punisce tanto chi intralcia materialmente l’aborto quanto chi lo ostacola psicologicamente. Di fatto è l’equivalente in chiave abortista del ddl Scalfarotto. Con la votazione di giovedì questo psicoreato è stato esteso a internet, con una integrazione che aggiunge agli «ostacoli all’interruzione di gravidanza» puniti a norma di legge anche quello «digitale». La riforma liberticida, che dovrà ora affrontare l’esame del Senato, parte da un’iniziativa del governo di Hollande. Lo scopo che si prefiggono i socialisti è molto chiaro: spegnere la voce dei siti Internet curati da vari organismi pro-life. Una offensiva che fa il paio con la legge – approvata giusto un anno fa dalla maggioranza – che sopprimeva la settimana obbligatoria di riflessione per le donne intenzionate ad abortire. L’idea che si è voluta imporre è questa: la donna è sola arbitra della propria decisione di abortire, che da facoltà depenalizzata e concessa ad alcune condizioni si trasforma in un diritto individuale. Va dunque eliminata qualsiasi figura intermedia, va tolto di mezzo qualsiasi confronto un’istanza esterna alla propria volontà. È evidente dove si voglia orientare la normativa: la nuova tendenza segna il passaggio dall’abortismo “umanitario” – per il quale l’aborto è extrema ratio, “male necessario” tollerabile solo in alcune circostanze e pertanto sottoposto a un controllo esterno – all’abortismo “libertario”, che considera l’aborto come un diritto umano, ammesso incondizionatamente sulla base della semplice manifestazione della volontà individuale, senza alcuna sanzione o attività di prevenzione. In base a questa logica rovesciata la vera pratica da reprimere diventa ogni attività di persuasione e di prevenzione dell’aborto. Infatti è con toni degni del famigerato «Ministero della Verità» descritto da George Orwell in «1984» che il ministro Laurence Rossignol ha giustificato il proprio sostegno all’ulteriore inasprimento di una norma già sufficientemente liberticida: «La libertà d’espressione non include il diritto alla menzogna», afferma. Non stupisce che Rossignol, che comanda un ministero dal nome squisitamente orwelliano (Ministero delle Famiglie, dell’Infanzia e dei Diritti delle donne), spieghi che «questa proposta di legge si propone di fare ordine su ciò che accade in Internet in materia di informazione e di IVG». IVG (Interruzione Volontaria della Gravidanza) è la sigla con cui la neolingua radical chic designa la criminale pratica dell’aborto. In una intervista rilasciata a «France Info» il ministro ha specificato più nel dettaglio la sua particolare idea di libertà d’espressione: «Essere ostili all’IVG è una opinione che ognuno può esprimere come gli pare, quanto gli pare. Ma ingannare le donne, fare pressione su di loro non è una opinione». Il testo discusso giovedì, stima Rossignol, è mirato a «quatto o cinque siti». La nuova normativa vuol «costringere questi siti a mettere le carte in tavola». Si impongono le maniera forti con questi pericolosi disfattisti. In Francia, ci illustra il ministro, si sono verificati fatti incresciosi che giustificano appieno una legislazione tanto dura: «Nel 1993 gli anti-IVG si incatenano alle porte degli ospedali per ostacolare l’accesso delle donne alla IVG. Si vota una legge del reato di ostacolo che si rivela molto efficace. Successivamente, gli anti-IVG si sono spostati all’interno degli ospedali». È per questo che si è resa necessaria una estensione del «reato di ostacolo». Malauguratamente, galeotta fu l’esplosione del web, è accaduto un altro fatto increscioso: i malefici antiabortisti «si sono spostati sui siti internet e hanno messo in piedi un sistema alquanto perverso, hanno assunto dei nomi molto neutri creando dei siti che sembrano dare delle informazioni». Insomma, non si può certo lasciare che simili reazionari eludano la legge e la facciano anche franca. Bisogna dar loro caccia, ovunque si trovino: nello spazio pubblico e ora pure nella rete. Ils ne passeront pas! Una analisi molto ficcante della riforma voluta da Hollande è apparsa sul sito della rivista «Limite» a firma di Mahaut Herrmann. Perché mai il governo, si chiede la giovane giornalista, ha giocato la carta del «delitto d’ostacolo alla IVG»? La risposta è semplice. Perché si trova alle strette in vista delle presidenziali di aprile-maggio e perciò fa quello che fanno tutti i governi inetti e terrorizzati: gioca la carta della “grande paura” tentando di rinserrare i ranghi a sinistra. L’imperativo è coagulare, compattare, agglutinare le proprie forze. Per imbastire questo giochino da politica politicante serve anzitutto un nemico immaginario. E quale miglior nemico immaginario del famigerato FODRIA? Evocare lo spettro delle Forze Oscure Della Reazione In Agguato equivale al colore nero nel campo dell’abbigliamento: va bene con tutto. Il governo di sinistra di Hollande, nel quale i socialisti hanno la maggioranza, infatti ha un problema. Un grosso problema. Non gode del consenso popolare. Certo, le elezioni americane (e quelle del centro-destra francese) ci dicono che i sondaggi vanno presi con le molle. Ma il timore di una disfatta agita comunque i sogni dei socialisti. Gli ultimi sondaggi davano al 13% (alcuni in verità anche al 4%) la fiducia dei francesi nei confronti di Hollande. Un po’ meglio va a Manuel Valls, sfiduciato comunque dal 70% delle intenzioni di voto raccolte. Comunque sia, la paura di una Waterloo elettorale agita il Partito Socialista, afflitto da dilemmi amletici al punto che proprio in queste ore angoscianti Hollande ha deciso di non ricandidarsi. Che fare allora? Come nascondere questa imbarazzante implosione interna (l’ennesima)? Qualcuno, suggerisce Mahaut Herrmann, deve avere avuto un’idea geniale: bisogna serrare i ranghi e gonfiare i muscoli. Facciamo “qualcosa di sinistra” all’Assemblea Nazionale. Una bella legge sul «delitto d’ostacolo informatico alla IVG» è quello che ci vuole. Innalziamo il feticcio dell’aborto! E poiché la politica francese (come quella italiana del resto) obbedisce a meccanismi alquanto prevedibili è accaduto quanto era stato preventivato: la destra è l’estrema destra sono insorte, e con loro la Chiesa Cattolica. È lo stessa carta giocata in questi giorni con la candidatura Fillon: cercare di ricompattare la sinistra contro un “nemico oggettivo”, cioè il cattolico brutto, sporco e cattivo impegnato a riportare indietro di cent’anni la Francia, denunciare la religione come fonte d’ogni male. L’antico arsenale anticlericale della sinistra è sempre ben rifornito di munizioni. È così che Catherine Coutelle, relatrice del testo di legge, ha dichiarato apertis verbis la sua intenzione di restare «insensibile alle lobby religiose». Insomma, un grande classico: nei momenti in cui infuria il fuoco della critica bisogna deviare l’attenzione (e la tensione) puntando il dito su un «figura nefasta» facilmente identificabile, preferibilmente la più inoffensiva possibile. A questo punto, compagno, devi fare la tua scelta di campo! La barricata ha solo due lati, chi non è con noi è contro di noi. Uno schema vetusto e banale, ma questa è la scialba sinistra di Hollande. E difatti Hollande ha fatto male i conti. Non tutti sono caduti nella trappola dello schema “progresso contro reazione”. È insorta infatti anche «Quadrature du Net», associazione in difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini su internet che già si era opposta allo stato di emergenza e alla legge Cazeneuve sulla sorveglianza informatica. Per «Quadrature du Net» la legge sull’«ostacolo digitale all’aborto» è semplicemente «molto pericolosa per la libertà d’espressione», che fino a prova contraria «non è fatta unicamente per quelli con cui siamo d’accordo». La «Quadrature» spiega di non poter fare altro se non «manifestare la propria contrarietà all’argomentazione giuridica proposta che viola altri diritti fondamentali come la libertà d’espressione e d’opinione». Naturalmente questa coraggiosa presa di posizione – accompagnata a una grande lucidità di giudizio sul vero scopo della proposta di legge - è valsa a «Quadrature» l’accusa infamante di essersi affiliata al FODRIA abortofobo e omofobo. Peccato che queste reazioni pavloviane finiscano per arruolare tra i “reazionari” anche personaggi del calibro di Caroline Mécary, ecologista nota per il suo sostegno alla GPA e alla PMA «pour tous», anch’essa però contraria alla norma sull’«ostacolo digitale alla IVG». Ma se questa manovra, chiede Mahaut Herrmann, «non si prefiggesse soltanto di provocare la reazione della Manif pour tous e affini, perché non proseguire con questa logica estendendo un simile delitto alla diffusione di informazioni menzognere sull’agricoltura, sull’industria agroalimentare, sul clima o sulla biodiversità?». Qui emerge tutta la pochezza di Hollande e dei suoi, viene a galla tutta la menzogna di una politica che dice di voler tutelare la fasce più deboli della popolazione. «Secours catholique» (la Caritas francese) ha di recente inviato ai candidati alle presidenziale il suo rapporto annuale sullo stato della povertà in Francia. Le cifre sono allarmanti: nel 2000 si stimavano 7,8 milioni di poveri in Francia; oggi sono passati a 8,8 milioni. Tra questi, tra i quattro e i quattro milioni e mezzo hanno meno di trent’anni, un fatto che mette in pericolo il futuro della Francia. Ancora più preoccupante forse è la «familizzazione» della povertà: in passato la maggior parte dei poveri erano uomini soli, isolati; nel 2015 «Secours catholique» ha accolto nella maggior parte dei casi (52%) famiglie con figli a carico, e il 29% erano famiglie monoparentali, sovrappresentate tra i soggetti poveri. Di fronte a questo quadro poco rassicurante, prosegue la giornalista di «Limite», il governo pensa a silenziare i siti pro-life. E porta avanti la propria politica con una certa energia. Questo è logico e comprensibile. Tuttavia, incalza Mahaut Herrmann, «avremmo preferito che si fosse impegnato allo stesso modo per rispondere con efficacia al rapporto del Secours Catholique sulla povertà e sul precariato, cosa che avrebbe fatto molto più per il paese e per il bene comune che cavalcare di nuovo un cavallo di battaglia antireligioso. O che si fosse realmente consacrato alla crisi ecologica, mettendosi al passo del lirismo con cui ha circonfuso il proprio operato alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici. Che si fosse occupato un poco più dei più poveri e dei più fragili anziché fare gli occhi dolci a MEDEF [la Confindustria francese] rassicurando la sinistra a colpi di lacismo primitivo. Che Myriam El Khomri [Ministro del lavoro] si fosse astenuta dal twittare sulla libertà d’espressione e sulle informazioni falsate». Davvero la sinistra pensa di poter vincere le elezioni con un’«arte della guerra« che pare dettata da un allievo inetto di Sun Tzu? La sinistra si vota al suicidio politico per una ragione sostanziale. Da tempo ha sacrificato il «sociale» sull’altare delle riforme «societali». In Francia chiamano così, «societale», l’agenda politica dei cosiddetti «diritti civili»: aborto libero, droga libera, svalorizzazione del matrimonio e della famiglia, divorzio libero e veloce, fecondazione artificiale libera, utero in affitto per tutti, ecc. «Queste riforme societali, che siano di destra o di sinistra», fa osservare il filosofo Jean-Luc Marion, «non puntano che su un obiettivo: trasformare l’insieme della popolazione in gruppi di consumo omogenei». Svalorizzare la famiglia è la condizione indispensabile per creare un esercito di individui in preda alle pulsioni istintuali: una massa di fragili inetti, dipendenti, abili e arruolati solo per le esigenze della macchina del consumo. Il problema è che le classi popolari a cui la sinistra tradizionalmente si rivolgeva sono le prime vittime della mutazione genetica dei partiti socialisti, transitati dal «sociale» al «societale». Axel Kahn, saggista e divulgatore scientifico molto noto in Francia, dubita fortemente della bontà di questa «grande trasformazione». Vale la pena riassumere la sua analisi. Secondo Khan il primato del «societale» è proprio dell’individualismo proprietario di un’ideologia come quella liberale. L’errore della «sinistra liberale» sta nell’aver accolto indiscriminatamente un progresso «societale» separato dal progresso «sociale». La «sinistra liberale» si è così alienata dalla propria base elettorale tradizionale: le classi medie, popolari, i salariati, che soprattutto in tempi di crisi economica vivono l’insistenza sul «societale» come una iniquità a solo beneficio di una minoranza di privilegiati: la «gauche caviar», la sinistra al caviale. Ebbene, osserva Kahn, questi ceti di operai e di piccoli impiegati si caratterizzano già per un certo conservatorismo «societale». Ma l’ostacolo più rilevante non è questo. Il vero, inaggirabile scoglio è che «non sopportano il fatto che le forze di sinistra per le quali votano o potrebbero votare gli servano in tavola il societale al posto del sociale, che per la sinistra più radicale il concetto di rivoluzione dei costumi abbia sostituito e sostituisca quello della rivoluzione della società che li aliena». In verità si tratta di una frattura antica, che risale alla più grande rivoluzione «societale» che forse l’intera storia umana ricordi: la rivoluzione culturale del 1968. «Già nel maggio ‘68 – scrive Kahn – era palese il divorzio tra chi rivendicava il diritto di godere senza ostacoli e i lavoratori che portavano avanti prima di tutto le rivendicazioni salariali, nonché quelle sulle condizioni e sui tempi di lavoro». Il dramma della sinistra liberale è tutto qui: aver aderito a un programma liberale tanto in campo «societale» quanto in campo «sociale» e economico, aver accolto cioè un programma tradizionalmente refrattario all’idea stessa di giustizia sociale. Basta pensare alla contestatissima riforma del lavoro voluta da François Hollande, una riforma all’insegna della flessibilità lavorativa e del precariato diffuso. Pertanto, se è difficile immaginare gli umiliati dalla politica «sociale» della sinistra liberale votino per il thatcheriano Fillon – che sotto questo punto di vista promette di proseguire se non di accentuare la politica socioeconomia di Hollande – il rischio concreto è che le classi medio-basse finiscano per votare Le Pen. Come sempre la sinistra dimostra di saper maneggiare molto bene un’arte: quella del suicidio politico.