Storie
di Mario Adinolfi
Un trans non può fare la tata
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Conosco Francesca Immacolata Chaouqui da molti anni e quando tutti ne prendevano le distanze pur avendola frequentata molto più di me, io ho continuato a professarmi suo amico e a difendere le sue ingenuità. Era in carcere, era incinta, rischiava di perdere il suo bambino ed ero convinto che fosse finita in un meccanismo stritolante molto più grande di lei. Più finiva nel tritacarne televisivo più io, anche in trasmissioni televisive di prima serata in cui volevano che la massacrassi, la difendevo. La sua vicenda processuale in Vaticano si è poi conclusa sostanzialmente bene, il piccolo Pietro è nato sano e salvo, ora Francesca ha anche un libro in uscita, quindi la vita torna a sorriderle e io sono contento. Francesca Immacolata Chaouqui è stata una delle firme rilevanti dei primi numeri de La Croce e ora che celebriamo l’ingresso nel terzo anno di attività del nostro giornale siamo contenti che lei abbia recuperato solidamente anche le sue attività lavorative nel mondo della comunicazione.
Comunicando comunicando, sui social network Francesca in questi giorni sta raccontando le sue difficoltà per trovare una tata all’altezza delle sue necessità per Pietro. A premessa di quel che sto per scrivere c’è da dire che dopo la triste vicenda della carcerazione vaticana, Francesca ha voluto riavvicinarsi al mondo lgbt, con cui in più di un’occasione era finita in contrasto, forse anche per l’immagine che si era creata come collaboratrice del nostro giornale. Questo riavvicinamento lo ha reso esplicito con una serie di post a favore delle cosiddette “famiglie arcobaleno”, post che personalmente non condivido, ma che capisco dal punto di vista professionale. Se vuoi tornare a lavorare nel mondo della comunicazione, non ti puoi permettere l’ostilità del mondo lgbt: si tratta di una lobby pervasiva, molto aggressiva, al limite della violenza e sbarra la strada a chi considera personalità ostili. Francesca ha scelto di chiudere la stagione conflittuale con quella realtà con una serie di post su Facebook. Sbagliato, ma comprensibile.
Fatte tutte queste premesse, veniamo alla notizia. Francesca pubblicizza su Facebook la ricerca della nuova tata per Pietro e improvvisamente pubblica il testo di una email che ha ricevuto:
“Buongiorno signora, Le scrivo per l’annuncio trovato su Subito
Ho 38 anni, mi chiama Alessandra. Ho vissuto in America, quindi assolvo alla sua richiesta della perfetta conoscenza dell’inglese.
Ho esperienza con i bambini perché per 8 anni ho lavorato al nido aziendale di una multinazionale a Miami. So cucinare, stirare, lavare, riordinare, ho imparato a farlo nella mia esperienza come aiuto- cuoca da prèt a Manger a New York. Non ho alcun problema a spostarmi e sono disposta a condividere in pieno le sue esigenze circa le analisi, la divisa, le trasferte. Da lettrice dei giornali, visto chi è Lei, mi attendo molto impegno per il mio lavoro ma non ho paura anzi credo che sia uno stimolo per la mia crescita personale e professionale. Lo stipendio che offre mi sembra adeguato. Le mie credenziali sono controllabili attraverso le referenze che le allego e i numeri di telefono che può contattare. Un solo dettaglio. Sono tornata in Italia per assistere mio padre, malato di halzaimer, che mi ha lasciato due mesi fa. Non lo vedevo da anni, da quando da Alessandro ho deciso che il mio corpo di uomo imprigionasse l’anima di una donna. Ho cambiato sesso. Inutile nasconderlo perché la mia posizione INPS riporta i miei dati al maschile.
Attendo una sua chiamata, ma so che non arriverà. Come non ne sono arrivate decine di altre per posizioni che avrei potuto ricoprire con professionalità e competenza. Una speranza comunque mi induce ad inviarLe la mia candidatura e a credere che al mondo ci sia posto anche per me.Un cordiale saluto,
Alessandra”.
Se c’è una email che può portare guai è questa e Francesca ha chiesto pubblicamente il mio parere, qualificandomi come “massimo esperto” in materia di trans. Vero, ne ho scritto analiticamente in Voglio la mamma e conosco bene quel mondo. La domanda alla fine è semplice: può un trans fare la tata di un bambino?
Francesca si dice tentata dal telefonare ad Alessandro e offrirgli “una chance”. Io credo che farebbe un grave errore e per fortuna anche il marito Corrado Lanino la pensa come me. Altri, come la parlamentare del Pd Anna Ascani e suoi seguaci politically correct, tifano per il trans-tata. Ovviamente scatta il solito dibattito sui cattolici che discriminano mentre il Vangelo dice che semo tutti ‘na grande chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa (entrambi non proprio simpatizzanti del mondo omosessuale, faccio sommessamente notare), ma sono le solite note di colore. Alla fine non so che decisione prenderà Francesca e sono anche piuttosto certo che Alessandro sia un fake: chi ha curato e visto morire un padre di Alzheimer, sa come si scrive la parola Alzheimer. L’email è costruita per scatenare dibattito mediatico attorno a un personaggio che è al centro della scena e dei riflettori. Solito arcinoto giochino. Ma, ferma restando l’intenzione di rispettare qualsiasi scelta della famiglia Lanino e avendo messo in guardia dall’alta probabilità che ci si trovi davanti a un fake, questa è un’occasione per dire qualcosa di scomodo e non ce la facciamo sfuggire.
Non si può affidare la crescita di un bambino di pochi mesi a un trans. Dalla email si capisce che la transizione da un sesso all’altro non si è compiuta, l’Inps ha ancora tutti i documenti al maschile, quindi Alessandro è a tutti gli effetti Alessandro anche se “si sente” Alessandra. Siamo davanti dunque ad una persona che non si accetta per come è, che in questo percorso di transizione deve affrontare prove psicologiche e fisiche molto pesanti con l’assunzione continua di farmaci, che dal punto di vista fisico sostiene un iter di trasformazione molto doloroso e che fa tendere all’instabilità emotiva. Un bambino di pochi mesi può essere affidato a chiunque tranne che a persone con queste caratteristiche di instabilità. L’approdo alla diversa sessualità riconosciuta, quello che porterebbe il soggetto in questione ad avere i documenti in regola con il nome Alessandra, passa poi attraverso fasi di demolizione dei genitali maschili e di costruzione di forme genitali all’apparenza femminili che sono mediamente faticosissime da molti punti di vista, sia fisici che psicologici. Il ricorso al consumo di forti quantità di alcool e di droghe per ovviare all’inevitabile disturbo di personalità che accompagna ogni evoluzione dalla disforia di genere accertata all’approdo ad una diversa conformazione dei propri genitali, è comprovato in tutti i testi scientifici, così come la più alta propensione al suicidio dei transessuali rispetto alle altre persone.
Affideresti per la massima parte della sua giornata un bambino in tutto e sempre dipendente dalla sua tata a una persona così? No, io no. Non discrimino nessuno se dico che a scaricare i rifiuti metallici pesanti è inadatta una esile signorina, non discrimino nessuno se dico che a insegnare bon ton e portamento in un collegio svizzero è inadatto un ciccione testaccino. Così è evidente che non si affida un bambino a un trans, per le caratteristiche sociologiche e psicologiche del mondo dei transessuali, inadatti a prendersi cura di persone che necessitano prima di tutto di figure di riferimento psicologicamente solide e totalmente dedite al sostegno di chi è loro affidato.
C’è poi certo anche la questione del transessuale che, per sua impostazione personale, considera il genere qualcosa di modificabile e di questo ha fatto ragione di vita. Non farei crescere mio figlio a chi è stato figlio ed è voluto diventare figlia, ponendolo a figura di riferimento. Un bambino piccolo, lo dico per esperienza personale che comunque tutti i genitori hanno fatto, tende ad assorbire come una spugna dalle figure di riferimento, una tata certamente lo è. Potendo scegliere e dovendolo fare, consiglio davvero di non scegliere mai una tata trans. Mi sembra di dire l’ovvio, ma se ho dovuto spiegarlo anche alla mia amica Francesca, forse c’era bisogno di questo articolo che ovviamente mi causerà un sacco di guai. Ma la verità costa cara e tacerla non solo è sbagliato, alla fine è pure inutile, perché alla fine le evidenze sono sotto gli occhi di tutti coloro che non si fanno accecare dall’ideologia.