Storie
di Lucia Scozzoli
Madri della Chiesa, donne, madri nel deserto
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Non c’è niente di più noioso della solita lotta femminista dell’8 marzo: siamo inondati da una marea di bla bla bla in tv, nei giornali, in ogni trasmissione. Tutto si fa rivendicazione: dal colore dei vestiti, al mezzo di trasporto, dalla spesa al supermercato ai click sui post di facebook.
E ogni anno sempre uguale si ripete il rito trito dell’elogio del sesso debole che debole non è, il piagnisteo sui diritti negati, la lista delle donne che hanno subito violenza durante l’anno, letta corrugando la fronte con grande impegno e abbassando la voce, a sottolineare la gravità.
Potrei ricordare tutti gli uomini che parimenti sono stati vittime per le donne (tipo i morti sul lavoro, rimasti secchi per portare a casa la pagnotta e mantenere moglie e figli) o a causa delle donne (che anche loro sanno uccidere o assoldare per uccidere, per quanto succeda meno frequentemente), ma anche questo mi annoia tremendamente: c’è già chi si è lanciato nella guerra dei numeri, a gridar “siete più cattivi voi!”, “no, voi!”, non serve che mi ci metta pure io.
Io ringrazio solo mio marito, che santamente mi perdona la mia marcatissima femminilità: in 7 giorni ho strisciato con la macchina per ben due volte. Prima ho fatto retromarcia contro un paletto davanti ad una pattuglia di carabinieri (i quali si sono fatti due risate e si sono sforzati tantissimo di non darlo a vedere, per rispetto della mia dignità di pilota) e poi ho parcheggiato strisciando con tutta la fiancata il muso di una povera ed incolpevole auto in sosta.
Per il paletto, il giorno dopo ho telefonato alla banca proprietaria del piloncino antisfondamento che avevo piegato, autodenunciando le mie colpe: la persona all’altro capo del telefono, un uomo, è stato molto accondiscendente ed ha detto che il danno era trascurabile. Il suo tono era protettivo e paternalistico, più preoccupato della mia auto che del suo palo.
Per l’auto parcheggiata, ho lasciato un foglietto incastrato nella portiera con il mio numero di telefono, ma dopo pochi minuti ho visto arrivare il proprietario: un padre con figlioletta al seguito. Ha preso il foglietto, ha visionato il danno, ha fatto per telefonare. Allora mi sono avvicinata ed ho detto “sono io”. Lui mi ha guardato senza nessuna meraviglia, che era chiaramente una strisciata da donna imbranata ed io corrispondevo perfettamente al tipo. Mi ha sorriso, ha detto “fa niente”, ha strofinato un po’ il paraurti, ha sentenziato che con un po’ di pasta sarebbe tornata nuova. Mi sono scusata, ho ringraziato, e mi sono dileguata (anche se avrei voluto chiedere chiarimenti su questa magica pasta che toglie le strisciate, per vedere se posso cancellare anche il segno rimasto sulla mia fiancata prima che il marito se ne accorga).
Non ci pigliamo in giro: donne al volante pericolo costante (almeno per le carrozzerie) è un detto tristemente vero e quei due uomini, sono pronta a scommetterci, non sarebbero stati altrettanto benevoli se a causare il danno fosse stato un uomo. Diciamocelo: agli uomini scatta la galanteria di fronte ad una donna in difficoltà, rivalersi su una donna per un piccolo danno non è naturale, tanto più se lei sbatte gli occhioni e mostra tutte le sue femminili fragilità ammettendo le proprie colpe.
Poi io guido malissimo e parcheggio peggio: più di una volta mi è capitato di vedere uomini venire in mio soccorso per posteggiare l’auto, mai vista una donna darmi una mano. Saranno luoghi comuni, che ne so, però a me capita così.
Oppure in ufficio: siamo cinque donne e due uomini e naturalmente per le festività chi porta i cioccolatini per tutte? Se c’è un raccoglitore da prendere dallo scaffale alto, chi è che si offre per aprire la scala? Se finisce la carta nella stampante, chi è che va in magazzino a prendere una nuova scatola di risme da 10 chili? E dire che i nostri due esemplari maschili non brillano per simpatia o socialità, eppure quel minimo di dotazione di madre natura è sufficiente per far loro assumere comportamenti galanti.
Una volta per l’8 marzo ci arrivava sempre anche un mazzetto di mimose, ma da quando la festa della donna si è trasformata da celebrazione di una debole creatura piena di bellezza e fragilità a isterica e stizzita rivendicazione di mascolina uguaglianza agli uomini è passata la voglia di sottolineare la ricorrenza e così è davvero tanto che non ricevo più quei pallini gialli puzzolenti in regalo. E un po’ me ne dispiaccio, non certo per i fiori, che non sono i miei preferiti, ma per il gesto in sé: essere oggetto di attenzioni e cura da parte di un uomo in modo disinteressato è una cosa che mi rallegra dal profondo, mi rilassa e mi riempie di fiducia verso il mondo, mi fa sentire al sicuro. Sapere che, se scendo dalle scale del binario con una valigiona, e mi guardo intorno un po’ smarrita, prima o poi un uomo in soccorso mi arriva, è la mia assicurazione per il viaggio.
Ecco, spero che l’8 marzo passi in fretta, col suo carico di fiele, in modo che io possa tornare a farmi proteggere dagli uomini che incontro nella mia giornata senza particolari sensi di colpa da rivendicazione sessantottina. Sono debole, non sollevo più di dieci chili, guido male, non so parcheggiare, adoro il catalogo ikea e le scarpe. Sono una donna qualunque. E vado d’accordissimo con gli uomini.