Società
di Giuseppe Brienza
Scozia e matrimoni gay
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La Scozia ha aperto ai “matrimoni” gay nel 2014, allineandosi alla Gran Bretagna. Era stata Nicola Sturgeon, la giovane giurista attualmente a capo del Governo di Edimburgo e leader del socialdemocratico “Partito Nazionale Scozzese” (SNP), a volere fortemente che, anche nel Paese delle Hightland (in gaelico scozzese significa “la terra dei Gaeli”), vi fosse legge che sul “matrimonio” gay, promuovendo la relativa proposta in parlamento. Va detto che in Scozia le coppie gay godevno già di un riconoscimento giuridico e degli stessi diritti della famiglia. Mancava, però, il “suggello”, per l’uguaglianza degli uniti civilmente omosessuali, vale a dire il “matrimonio” vero e proprio. Si inizia sempre quindi con l’equiparazione sociale, economica, previdenziale e, poi, come insegna la storia europea degli ultimi tre decenni, si passa inequivocabilmente alle “nozze” gay. Si apre un “varco”, si raggiunge presto una falla al benessere comune e, soprattutto, a quello dei figli, dato che sono privati a causa dell’equiparazione famiglia/unioni gay della figura della mamma e del papà.
Sulla base della normativa fatta approvare dal Governo di sinistra di Edimburgo, i gay hanno potuto ufficiare la loro cerimonia nei municipi e, il 31 dicembre 2014, c’era stato il primo “matrimonio” gay in Scozia. Ad ulteriore scacco della cultura nazionale, è stato permesso ai vari piccioncini arcobaleno di indossare anche il tradizionale kilt per l’occasione.
Per il nuovo “matrimonio” gay si è battuta in prima linea la Sturgeon da quando era vice-primo ministro scozzese, preparando il testo e questa sua recente uscita con alcune discusse consultazioni pubbliche che, nei mesi precedenti la “legge”, avevano accreditato il fronte dei favorevoli ai “matrimoni” gay al 64%. La reazione al suo clamoroso annuncio aveva trovato a suo tempo una reazione decisa e unitaria da parte delle Chiese e comunità cristiane scozzesi. Protestanti, evangelici e cattolici avevano infatti innalzato un fronte comune contro questo «pericoloso esperimento sociale», com’è stato definito il “matrimonio” gay. Il cardinale Keith O’Brien aveva persino intimato all’allora Governo in carica di ritornare sui suoi passi e di indire un referendum consultativo nelle land. Ma, subito, la risposta arrivata per bocca dei vari portavoce è stata senza speranza: «Niente referendum, è una questione di coscienza non di costituzione. Entro luglio ci sarà la nuova legge». Chissà perché da un lato si spergiurava che due scozzesi su tre erano a favore delle nozze gay e poi s’impediva una consultazione democratica non manipolabile.
Ora la novità è l’eccezione al “fronte comune” ecumenico in difesa del matrimonio e della famiglia determinata dalla prima chiesa anglicana in Gran Bretagna, cioè dalla “Chiesa Episcopale di Scozia” (CES). Il Sinodo Generale episcopale tenutosi a Edimburgo l’8 giugno, infatti, ha votato con 96 voti a favore e 33 voti contrari, in favore della possibilità, per le coppie dello stesso sesso, di sposarsi in chiesa. La legge canonica sarà quindi cambiata, andando a rimuovere la definizione che il matrimonio è tra un uomo e una donna. Questo significa che i “cristiani omosessuali” provenienti da qualsiasi chiesa anglicana potranno chiedere di sposarsi in una comunità della Chiesa Episcopale di Scozia, essendo definite nella nuova legge canonica diverse “intese di matrimonio”, consentendo al clero di celebrare il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e a coppie del sesso opposto, al tempo stesso consentendo ai membri del clero di non celebrare un matrimonio contro la propria coscienza.
Il segretario generale della Comunione anglicana, l’arcivescovo Josiah Idowu-Fearon, ha commentato senza colpo ferire la decisione. «Le chiese della Comunione anglicana sono autonome e libere di prendere le proprie decisioni sulla legge canonica. La decisione di oggi non è una sorpresa, dato l’esito del voto al Sinodo episcopale un anno fa. Ci sono opinioni diverse sul matrimonio dello stesso sesso all’interno della Comunione anglicana». Pur sottolineando che questo voto «mette la Chiesa episcopale di Scozia in contrasto con la posizione maggioritaria per la quale il matrimonio è l’unione permanente di un uomo e una donna», l’ecclesiastico nigeriano, da nemmeno due anni segretario generale della Comunione anglicana, ha aggiunto: «voglio che le chiese della Comunione anglicana rimangano impegnate a camminare insieme nell’amore di Cristo e ad elaborare come possiamo mantenere la nostra unità e mantenere il valore di ogni individuo, nonostante le differenze profonde». «È importante – ha concluso Idowu-Fearon, soprannominato “Signor Dialogo” e membro della paramassonica “Fondazione Tony Blair per la Fede” - sottolineare la forte opposizione della Comunione alla criminalizzazione delle persone LGBTIQ». Mah!
I primati della Comunione anglicana hanno comunque annunciato la “rivincita”, chiedendo di riunirsi a Canterbury nel prossimo ottobre, per giocare i “tempi supplementari” sulla delicata questione. In questa sede, infatti, le 38 “chiese” autonome anglicane dovranno discutere formalmente la decisione presa dalla CES, il cui primate, David Chillingworth, ha comunque precisato: «Questo è un passo importante. Rimuovendo l’indicazione di genere sessuale dal nostro canone sul matrimonio, la nostra chiesa afferma ora che una coppia dello stesso sesso non solo si può sposare, ma si sposa davanti a Dio. Ma questa stessa decisione è difficile e dolorosa per altri, la cui integrità nella fede dice loro che questa decisione sia contraria alla scrittura e profondamente sbagliata. Per loro questo nuovo capitolo sarà percepito come un’esclusione, come se la loro chiesa si fosse allontanata da loro. Quindi il viaggio che ora cominciamo deve anche essere un viaggio di riconciliazione. Ogni comunità di fede deve affrontare le questioni legate alla sessualità umana, ciascuna con i suoi modi e con i suoi tempi. Altri arriveranno a risposte diverse dalla nostra. E la Comunione anglicana, che è parte della nostra storia e alla quale con passione siamo devoti, dovrà esplorare se il suo impegno storico all’unità nella diversità possa abbracciare questo cambiamento».
Il tema dell’omosessualità, da anni, è oggetto di forti tensioni in seno alla Comunione anglicana, soprattutto tra le chiese occidentali e quelle africane, più conservatrici. Risale a gennaio del 2016 la sospensione per tre anni della Chiesa episcopaliana – braccio statunitense e progressista della comunione anglicana – per aver introdotto il matrimonio gay. I matrimoni tra omosessuali autorizzati dalla Chiesa Episcopale scozzese, l’hanno fatta diventare la prima chiesa anglicana in Gran Bretagna a prendere una decisione del genere. Tutti i gay di fede anglicana potranno a questo punto chiedere di essere sposati in una qualsiasi chiesa anglicana in Scozia. A mio parere, prima o poi ci arriveranno anche le altre chiese protestanti europee a questo obbrobrio. In fondo è un modo per “rimpinguare” i propri adepti, in un periodo storico nel quale le celebrazioni anglicane e protestanti in genere sono piuttosto tristi e vuote. Inoltre, per qualcuno, celebrare “nozze” gay può diventare anche un bel business. Su questa terra, però. Esclusivamente su questa terra…