Storie
di Lucia Scozzoli
Charlie Gard e quei decisivi ritardi nelle cure
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Siamo ai titoli di coda della vicenda Charlie Gard: resta solo da eseguire la sentenza.
Ieri pomeriggio si è svolta l’ultima accorata udienza, breve e dolorosa: la famiglia si arrende.
L’avvocato dei Gard, Armstrong, ha iniziato ringraziando il giudice per aver permesso alle parti di discutere quella mattina (discussione avvenuta a porte chiude e di cui nessuno ha riferito il contenuto), poi ha affermato grave che il tempo per il trattamento sperimentale è ormai scaduto, non può più offrire alcuna possibilità di successo a Charlie.
I genitori hanno visionato insieme al prof. Hirano i risultati angoscianti degli ultimi test: Charlie ha subito un’estesa atrofia muscolare, danno ormai irreversibile e non recuperabile nemmeno con la terapia proposta dal team di esperti esteri.
In mattinata, ha chiarito Armstrong, c’è stata una mediazione con il GOSH, che continuerà anche nei prossimi giorni (probabilmente sulle modalità e le tempistiche di attuazione della sentenza). I genitori hanno combattuto per difendere la vita di Charlie finché hanno pensato che fosse nel suo migliore interesse. Una volta chiarito che non ci sono più prospettive mediche, hanno accettato di ritirare i procedimenti penali contro l’ospedale.
Il caso ha provocato molte polemiche, ma i genitori hanno sempre pubblicamente condannato le minacce che sono state indirizzate al GOSH. Ora vorrebbero istituire una fondazione per aiutare altri bambini colpiti da malattie mitocondriali, perché questi trattamenti vanno adottati il prima possibile per essere efficaci.
Ora i genitori vogliono solo fare tesoro del tempo rimasto con Charlie.
Mentre Armstrong parlava, i genitori erano seduti dietro e piangevano, con lo sguardo basso.
Poi ha preso la parola l’avvocato dell’ospedale, la Gallop QC, coi suoi soliti toni odiosi: ha affermato che il cuore di tutto il personale dell’ospedale è con Charlie e i suoi genitori e poi ha sentenziato che una maggiore trasparenza non ha portato ad una maggiore comprensione. Il GOSH resta convinto, come 3 mesi fa, della necessità di sospendere la ventilazione a Charlie. Stessa posizione ribadita dalla Buttler-Cole, tutrice di Charlie.
Anche il giudice Francis ha mantenuto gli stessi toni sdolcinati e duri: nessuno può comprendere l’agonia dei genitori, rende omaggio a Chris e Connie, nessun genitore avrebbe potuto fare di più, gli acidi commenti pubblici circolati contro il GOSH erano solo frutto di fraintendimenti.
Ma secondo Francis il GOSH (e il giudice stesso) avevano ragione: avevano ragione quando in aprile volevano staccare la spina, quando sono stati confermati in appello, quando hanno riaperto il caso in vista di nuove prove. Però la parola di un medico che non ha visitato il bambino non poteva essere una prova. Ora i genitori possono finalmente affrontare la realtà e riconoscere che il miglior interesse del bambino è morire (“it is in Charlie’s best interests to die”). E così ha confermato la sentenza di aprile: staccare.
Poi elogi al favoloso GOSH, di fama internazionale; elogi alla difesa d’ufficio assegnata ai genitori (quella che all’inizio del contenzioso legale, prima dell’arrivo di Armstrong, si dimenticò di portare all’attenzione del giudice i risultati di una risonanza magnetica dove si evidenziava che non c’erano affatto danni irreversibili); elogi alla corte che considera il benessere dei bambini il fine ultimo delle sue decisioni.
Non è mancata la smentita dell’affermazione secondo la quale Charlie sarebbe stato prigioniero del sistema sanitario nazionale: è l’antitesi della verità, ha detto, perché il GOSH ha dovuto applicare le disposizione del tribunale indipendente.
A questo punto, visto che ormai tutto era compiuto, è stata data la parola a Connie.
“Questa è la cosa più difficile che abbiamo mai dovuto fare. A seguito dei risultati della più recente risonanza, abbiamo deciso di lasciare andare nostro figlio.
Egli non è in condizione di morte cerebrale, e non lo è mai stato. È stato sprecato un sacco di tempo.
Il trattamento avrebbe migliorato la qualità della sua vita. Non c’è nessuna evidenza di danno cerebrale irreversibile. Se avessimo avuto accesso ai dati originali, siamo convinti che avrebbe avuto il trattamento.
Le sue condizioni sono peggiorate fino al punto di non ritorno. Ma nessun organo è deteriorato. Non c’è nessuna prova di dolore o di sofferenza.
Ora la prospettiva di miglioramento è troppo bassa. Il deterioramento nei suoi muscoli significa non c’è via di ritorno. Il trattamento avrebbe dovuto essere tentato, Charlie aveva una reale possibilità di miglioramento.
Abbiamo sempre ascoltato gli esperti. Sapremo sempre nel nostro cuore che abbiamo fatto il meglio per Charlie.
Qui non ci sono vincitori, dobbiamo fare in modo che la sua vita non sia stata vana.”
Poi ha ringraziato gli avvocati e pure il GOSH, e ha lasciato il banco singhiozzando.
Usciti dal tribunale, Chris ha letto una lunga dichiarazione per la stampa, dove, oltre a quanto affermato in aula da Connie, ha anche aggiunto che il team di italiani e americani sarebbe stato ancora disposto a trattare Charlie, dopo aver visto i risultati delle recenti MRI e EEG al cervello. Non c’è danno cerebrale irreversibile, non c’è assolutamente morte cerebrale, il bambino risponde ancora, anche ora. Il problema è tutto concentrato sul danno muscolare, che non è più recuperabile. Tutti hanno affermato che il trattamento sarebbe stato efficace se iniziato prima. Chris non lo dice espressamente, ma è chiara l’accusa al GOSH che ha fatto di tutto per ritardare l’accesso alla cura, fino a portare le condizioni del bambino in una condizione di gravità tale da non renderlo più utile.
Per il GOSH, però, Chris ha anche parole di ringraziamento, soprattutto per lo staff che si è preso cura negli ultimi mesi del bambino e che ne ha mantenuto stabili le condizioni.
Charlie è stato assunto a simbolo di una lotta per il diritto alla cura e per la difesa della dignità della vita, anche se disabile, da tutto il mondo, ma Chris e Connie non combattono questa battaglia: essi hanno lottato solo per Charlie ed ora si ritirano dal campo.
Essi sono le vittime, sono stati colpiti dalla sventura della malattia e poi dalla cattiveria disumana di un sistema che ha ritenuto il loro piccolo uno scarto da eliminare in fretta, impuntandosi in moti di orgoglio costosi in termini pure di reputazione mondiale. Sono sfiniti, affranti, esausti. Hanno perso e si rannicchiano attorno alla loro creatura cominciando da subito a leccare le ferite dell’anima con la dolcezza del perdono e della riconoscenza pure verso i loro aguzzini.
Si soffermano a ricordare gli sguardi amorevoli degli infermieri, le premure di tutti coloro che si sono stretti intorno a sostenerli, le manifestazioni di affetto che hanno ricevuto; si slanciano a costruire la speranza in un futuro in cui una fondazione a nome di Charlie possa dare sostegno tempestivo a quelle famiglie disperate che si trovino in una condizione simile alla loro, mettendo a frutto l’amara esperienza; si concentrano ad amare il loro piccolo cucciolo, ad accompagnarlo nel trapasso ormai inevitabile, nella certezza che lo aspetti sicuramente un paradiso di gioia.
Ciò non toglie che la guerra non è terminata: le scorrettezze omicide compiute dal GOSH vanno denunciate e messe alla berlina del mondo intero, perché Charlie si poteva salvare e morirà, per colpa di una manciata di medici pro morte e un sistema giudiziario che ha già sancito da anni che la vita non è più un diritto inalienabile e non è nemmeno nella disponibilità del soggetto decidere come e se curarsi.
Chris e Connie scendono dal ring, ma noi no, perché, come ha detto Connie, la vita di Charlie non è stata vana e ora che abbiamo visto dove conduce questo sistema di eutanasia passiva e attiva, sappiamo bene di non volerci arrivare.