Politica
di Mario Adinolfi
Un caso per riflettere sulla dignità
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l servizio pubblico radiotelevisivo ci ha regalato un’altra perla, un’intervista di fatto senza domande di Bianca Berlinguer ad Asia Argento sul caso del momento. La stessa protagonista dell’intervista ha dichiarato in incipit che solo dell’ex direttore del Tg3 si fidava, facendo capire che era stato concordato un trattamento più che morbido, così è partita una mezz’ora di dichiarazioni semideliranti concluse con una patetica scena in cui la figlia di Dario Argento chiamava le donne ad unirsi a lei in non si sa bene quale rivoluzione femminista, alzando il pugno chiuso ma accorgendosi solo in un secondo tempo di averlo alzato troppo in alto e cercando poi goffamente di riparare abbassandolo per farlo entrare nell’inquadratura. E il tutto confermava un assunto: pessima attrice e regista senza manco le basi del mestiere, che aveva bisogno di far parlare di sé visto che da tempo non trova produttori che sprechino soldi per i suoi film che nessuno va a vedere (e poi, Asia mia, se vuoi fare la rivoluzione devi imparare i fondamentali: il pugno che si alza è il sinistro, non il destro, manco l’Abc conosci).
Comunque, al di là dei dati di colore, l’intervista di Bianca Berlinguer a Asia Argento ha almeno il merito di porci degli interrogativi di sostanza. La conduttrice di Cartabianca l’ha lasciata dire le sue cavolate, ma ora qui forse si può tentare di opporre un ragionamento sensato. La sensazione complessiva è che la Argento abbia cercato di trasformare un suo clamoroso errore giovanile in un’occasione positiva di immagine. Aver subito le attenzioni sessuali del potentissimo produttore Harvey Weinstein controvoglia, senza reagire e senza denunciare, è senza dubbio un errore.
Ora, la Argento qualifica l’episodio come “stupro” e in tutta evidenza stupro non è: ci sono infinite foto della ragazza molto sorridente accanto al presunto stupratore, finché era potente. Poi la Argento stessa nell’intervista dice che Weinstein dal più potente produttore di Hollywood qual era oggi era diventato “il duecentesimo”. Non contava più nulla. Non aveva neanche più le coperture politiche garantite dalle montagne di dollari versati ai Clinton prima e agli Obama poi (Argento usa l’espressione “colluso”, senza capire bene cosa sta dicendo; semplicemente Weinstein pagava i presidenti degli Stati Uniti, gente abbastanza potente). Guardacaso quando non conta più nulla come produttore e non ha più protezione politica perché l’ultima Clinton che ha pagata alla Casa Bianca sorprendetemente non c’è arrivata, ecco che arrivano le denunce delle attrici come Asia Argento, rilasciate al figlio di Mia Farrow (do you remember mister Woody Allen?). Denunciano le attrici famose come Gwyneth Paltrow e Angelina Jolie, denunciano persino ex fidanzati e mariti incazzosi come Brad Pitt e Matt Damon. Tutti beneficiati dalle megaproduzioni di Weinstein con contratti multimilionari. Meryl Streep, quella dei sermoni antiTrump a ogni Oscar e ogni Golden Globe, per decenni legatissima alle produzioni di Weinstein, ha provato a rifugiarsi dietro a un ridicolo “non sapevo”.
Poi è arrivato il lungo post su Facebook di Scott Rosenberg, uno dei volti più noti di Hollywood. Che ha chiuso il testo con una tirata semplicissima che nessuno ha avuto il coraggio di smentire: “Tutti sapevamo di Weinstein. Mi scuso e mi vergogno perché alla fine sono stato complice, non ho detto niente. Non c’era nulla di segreto nella sua vorace rapacità. Voi, i grandi produttori; voi, i grandi registi; voi, i grandi agenti; voi, i grandi finanzieri. E voi, i capi dei grandi studios rivali; voi, i grandi attori; voi, le grandi attrici; voi, le grandi modelle. Voi, i grandi giornalisti; voi, i grandi sceneggiatori; voi, le grandi rockstar; voi, i grandi ristoratori; voi, i grandi politici. Io ero lì con voi. Abbiamo taciuto perché ci faceva comodo, perché lui era grandioso, e siamo tutti complici”. Delle parole di Rosenberg, ovviamente, Bianca Berlinguer non ha fatto cenno ad Asia Argento.
L’intervista invece provava a mettere il scena un canovaccio secondo cui la Argento era l’eroina necessaria a tutte le donne che subiscono violenza in ambito lavorativo, come se Hollywood e lo studio di un avvocato dove fai la segretaria fossero la stessa cosa. E qui scatta il controcircuito davvero offensivo per la dignità femminile e anche su questo Bianca Berlinguer non ha avuto nulla da dire.
Quando un maschio prepotente usa un elemento del suo potere, solitamente il denaro, per ottenere i favori sessuali di una donna che li mette a disposizione per un proprio vantaggio, quella non è violenza sessuale. Quello è uno schifo, sono d’accordo. Il maschio è un porco, sono d’accordo. Ma quella si chiama prostituzione. In Italia avviene tutti i giorni e riguarda circa centoventimila povere donne che ovviamente non provano piacere, hanno certamente un certo schifo nel dover sottostare al dominio sessuale maschile, ma incassano una contropartita e non possono denunciare di essere state stuprate. C’è chi addirittura vorrebbe mettere sotto la coperta fiscale questo schifo, legittimando questo “mestiere” e traendone entrate fiscali con quello che noi Popolo della Famiglia definiamo pappongaggio di Stato. Se il contratto si regola per strada costa trenta o cinquanta euro, se si va in appartamento cento o duecento, ci sono poi le prostitute d’alto bordo che prendono anche mille euro a prestazione. Se da un rapporto di quel tipo, non denunciato ma ovviamente schifoso, derivano vantaggi di carriera che possono valere centinaia di migliaia o milioni di dollari, di cosa parliamo? Fate voi i sillogismi.
Ad Hollywood quel comportamento era la prassi e tutti lo conoscevano dice Rosenberg, non smentito. E in Italia? Ce lo dice la stessa Argento raccontando del regista famosissimo che “tira fuori il pene” davanti a lei sedicenne “mentre parlavamo del soggetto”. E basta andare a vedere con chi ha lavorato la Asia Argento sedicenne per capire a quale nome enorme del cinema italiano si sta riferendo. E Fellini? Non è forse nota la sua bulimia sessuale (povera Giulietta Masina)? Daremo dello stupratore anche a Fellini? E Tinto Brass? Dopo l’esperienza da sedicenne (Bianca Berlinguer manco s’azzarda a chiedere il nome del regista italiano, dovesse uscirci una notizia in quella intervista), Asia Argento ora si ricorda anche di un regista americano che l’avrebbe violentata a 26 anni dopo averla drogata “con la droga dello stupro”. E vabbè, tutte a lei capitano. Un’altra attrice italiana, Giovanna Rei, che si è trovata nell’identica situzione di Asia Argento con Weinstein (che le aveva proposto la parte di protagonista in Chocolat) si è messa a urlare e lui si è fermato. Ovviamente la parte non l’ha avuta. Dunque c’era una possibilità di scelta davanti al potentissimo produttore. Oppure sono comportamenti generalizzati in un determinato ambiente? Da stigmatizzare, evidentemente. Da denunciare, forse. Certo, non a decenni di distanza dopo aver allegramente fatto parte di quel mondo molto a lungo, scegliendo una fase di declino della carriera per farsi sentire.
Quello che è assolutamente contestabile e davvero patetico è che ora si voglia utilizzare Asia Argento per una chiamata alle armi contro i maschi violentatori e le donne che subiscono molestie sul lavoro. I due ambiti sono totalmente distinti. L’ambito hollywoodiano si chiama prostituzione, mentre sul lavoro le donne (alcune donne) davvero subiscono comportamenti molesti. E sapete che c’è? Spesso si ribellano. Queste donne da mille euro al mese hanno più coraggio e dignità della borghese e ricca Asia Argento che dichiara tronfia alla Berlinguer che a ventuno anni lei aveva già vinto due David di Donatello (quindi tanto ingenua e inesperta non era, giusto?). Le donne vere denunciano e lo fanno in tante: in migliaia ogni anno. Nei soli primi sei mesi del 2017 ben 2.383 donne hanno denunciato d’aver subito uno stupro, uno vero, una violenza senza vantaggio. E hanno denunciato. Complessivamente tra le oltre trenta milioni di donne italiane viventi 653mila sono state vittime di stupro e 746mila di tentato stupro. Sapete perché conosciamo questi dati? Perché le donne hanno denunciato. Non vent’anni dopo e dopo aver tratto vantaggio da un silenzio complice. Bisogna ribellarsi alle prepotenze, sempre. Farlo mentre le si subisce aumenta l’efficacia della ribellione.
Per questo la chiamata alla “rivoluzione” sessista contro i maschi non solo è stupida e fuori tempo massimo, ma non può avere Asia Argento come rappresentante. Perché le donne che hanno sofferto davvero, lei, non le rappresenta. Bisognerà parlare con parole di verità e dire che i comportamenti si giudicano dai fatti oggettivi. Se poi fosse dimostrato quel che il marito di Asia Argento, Morgan, avrebbe riferito a Vittorio Sgarbi e questi ha dichiarato alla trasmissione La Zanzara, saremmo davanti a una clamorosa montatura di un falso. Ecco, magari Bianca Berlinguer due domande in merito poteva porle.
Questo è un importante fatto di costume e riguarda le relazioni tra uomo e donna in un contesto dove si dissolve il valore salvifico della famiglia. Harvey Weinstein sarà con ogni probabilità condannato dal durissimo sistema giudiziario statunitense a trascorrere il resto della sua vita in carcere e già oggi sta scontando (con la sua famiglia e i suoi figli) la pena con una gogna planetaria uguale e contraria al potere peccaminosamente esercitato per decenni in quella Sodoma chiamata Hollywood. Ma non raccontateci che accanto all’orco Weinstein c’erano le principessine senza macchia, ingenue e ignare. Perché questa, semplicemente, non è la verità.