Società
di Lucia Scozzoli
La povertà nascosta dei padri separati
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Il Giorno di Monte Brianza ha pubblicato ieri un servizio su Marco Della Noce, il famoso comico che impersonava a Zelig il meccanico di Sochmacher, Oriano Ferrari, che si divertiva a fargli scherzi esilaranti.
Il comico è stato sfrattato nei giorni scorsi dalla sua abitazione di Lissone ed ora dorme in macchina, in attesa che i servizi sociali gli trovino una sistemazione. Della sua fulgida carriera non pare rimasto molto. Ricordiamo che nel 1988 si aggiudicò il premio della critica al Festival nazionale del Cabaret, lavorò in Drive in, a Mai dire gol con la Gialappa’s Band, a L’ottavo nano con Serena Dandini, oltre che ovviamente per Zelig, in cui tutti lo ricordano. Nel 2006 ha doppiato il personaggio di Luigi nel film di animazione Cars - Motori ruggenti e nel 2011 in Cars 2. Nel 2012 ha fatto parte del cast di Made in Sud, nel 2013 e 2014 è stato presente anche a Striscia la notizia.
Un curriculum di tutto rispetto, ma ora non può più lavorare, perché la moglie, nella furia iconoclasta della separazione, ha chiesto ed ottenuto il pignoramento persino della sua partita iva a garanzia del pagamento degli alimenti per i figli. Resta da capire come pagherà senza uno stipendio.
Ha dichiarato Marco Della Noce: «I giudici mi hanno segato il futuro lavorativo. Non potendo lavorare non posso neppure fare fronte alle richieste di mia moglie alla quale avevo chiesto anche di rivedere il mantenimento visto le condizioni in cui mi trovavo. Ai giudici ho presentato un ricorso di cui attendo ancora il responso». Senza soldi, senza un lavoro remunerativo e continuativo, e soprattutto senza la prospettiva di saltarci fuori, il ‘capo meccanico della Ferrari’ è andato in crisi: «Soffro di una depressione e in questo momento sono in cura presso l’ospedale di Niguarda. Sto vivendo un dramma interno che mi lacera. Fortunatamente ci sono i miei tre figli ai quali voglio un bene dell’anima. Sono loro la vera forza che mi fa andare avanti».
Con Del Noce si è schierata la onlus Papà Separati Lombardia e il suo vicepresidente Renato Aprile ha dichiarato: «Purtroppo i papà separati rappresentano i nuovi poveri della nostra società. Mogli pretenziose e l’accanimento dei giudici creano delle situazioni veramente drammatiche. Quella vissuta da Marco Dalla Noce non è purtroppo che una delle tante vicende di cui ci occupiamo ogni anno».
Le statistiche sui drammi dei padri separati sono impietose: circa 200 papà ogni anno si suicidano perché allontanati dai figli in Italia, 2000 in tutta Europa.
In Italia, secondo i dati dell’Eurispes, su 4 milioni di papà separati circa 800 mila vivono sotto la soglia di povertà, mentre un milione e mezzo vive in condizione di indigenza. Molti di questi, finiscono per strada, senza una casa o un posto in cui dormire. Parliamo di padri separati che, nonostante abbiano ancora un lavoro, tra gli assegni di mantenimento in favore dell’ex-moglie ed i figli ed il mutuo della casa da pagare, non riescono a sostenere le spese neanche per fittare un alloggio; ma parliamo anche di padri separati che hanno perso la loro occupazione e non hanno più le forze per rialzarsi, diventando inevitabilmente dei clochard.
Metà degli homeless finisce in strada per tre ragioni: la separazione dal coniuge o dai figli (63%); perdita del lavoro (56%), cattive condizioni di salute (25%). L’aumento dei padri separati che di colpo si sono trasformati in senza fissa dimora, è tra i dati più allarmanti snocciolati l’anno scorso da Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat, in occasione del seminario di formazione “Senza dimora, senza diritti? Tra schemi e stereotipi: quale spazio per una cultura diversa?” promosso dalla Caritas di Roma.
Un aspetto grave da tenere in conto è che un uomo che non riesca a mantenere se stesso e la sua ex-famiglia, incorre nel rischio della perdita della propria autostima, della propria dignità, del sentirsi inutile oscillando tra due atteggiamenti: apatia, depressione, sconforto oppure rimanere vittima delle dipendenze (da gioco, da alcol, da sostanze).
Secondo i dati Istat, su ogni 1.000 matrimoni in Italia, 311 finiscono con una separazione e 174 con un divorzio. Nella maggior parte dei casi, i figli vengono affidati alle mamme, alle quali, di conseguenza, è affidata anche la casa dove continuare a crescere i bambini. Ovviamente, non tutti gli uomini separati possono permettersi di pagare un secondo affitto o un secondo mutuo e così comincia il loro dramma, che è anche un dramma sociale. Spesso anche i figli sono allontanati dal genitore che vive in condizione di estrema povertà. Una povertà quest’ultima che nega ai padri la possibilità di avere vicino i propri figli, spesso complice la compagna che tratteggia il padre come un buono a nulla, un fallito in tutti i sensi, oppure lo accusa di violenze per ottenere l’affidamento esclusivo dei figli.
L’affidamento condiviso è un’opzione che i giudici italiani hanno iniziato ad usare con maggiore frequenza solo negli ultimi anni, come anche la valutazione più ponderata degli assegni familiari da corrispondere.
Durante una separazione, spesso i coniugi si scagliano addosso i rancori accumulati nella relazione conflittuale e la guerra sul denaro diventa un’arma affilata con cui distruggere l’altro, i figli un pretesto per colpire più duramente. Certe azioni di ripicca finiscono per essere persino autolesioniste: impoverire l’ex-coniuge significa ritrovarsi senza gli alimenti pagati. La sua distruzione si ripercuote sul resto della famiglia in modo economico e psicologico, perché per un figlio, il padre resta una figura cruciale, che viva in casa oppure no.
Manca totalmente la cultura della riconciliazione, il tentativo di ricucire, prima di distruggere definitivamente, o almeno la preoccupazione di ricreare rapporti sereni, civili e onesti, tra i separandi. Se davvero non c’è più futuro per un matrimonio, comunque i figli di mezzo richiedono il mantenimento di una relazione costruttiva e collaborativa, per prendere con serenità le decisioni che riguardano la famiglia, che resta tale anche se ferita.
Ci raccontano che quando finisce l’amore è giusto spezzare, o farsi una vita altrove. La realtà è fatta di cuori sanguinanti, emergenze sociali, persone ferite, travolte o possedute dalla rabbia, e tanto dolore.
Insomma, c’è poco da ridere anche degli scherzi a Sochumacher.