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di Emiliano Fumaneri
L’altra metà del cielo di Messori
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Scrive Gustave Thibon che «amare non consiste nel mettere in comune due gioie, ma due vite». È un pensiero che compendia alla perfezione, credo di poter dire, il libro di Rosanna Brichetti, “Una fede in due. La mia vita con Vittorio” (Edizioni Ares). Vittorio, inutile dirlo, è Vittorio Messori, intervistatore di due Papi e scrittore cattolico tra i più noti e amati al mondo.
Ebbene, questa volta tocca alla sua sposa, anch’essa autrice di libri mariani e apologetici, il compito di raccontare un’avventura umana e spirituale decisamente fuori dall’ordinario. “Una fede in due” è la biografia di due sposi, «due vite intrecciate» – come afferma nella prefazione Cesare Cavalleri evocando un’altra celebre unione, quella tra Filippo Turati e Anna Kuliscioff – nel segno della fede in Cristo Gesù.
“Una fede in due” rivela ai lettori un sodalizio intellettuale profondissimo che ha attraversato i tempi turbolenti del post Concilio e le vicissitudini della storia d’Italia. Un tempo che Rosanna e Vittorio hanno vissuto da protagonisti e da osservatori privilegiati delle vicende della Chiesa e della società italiana. Si tratta sì, va detto, di un’avventura straordinaria, ma a due facce. Da una parte la faccia pubblica, contrassegnata da libri di successo, dall’altra la faccia privata, visitata dalla sofferenza. Su questo sfondo si staglia la storia di due anime così simili, così diverse, passate entrambe, quasi in contemporanea, dall’esperienza bruciante della conversione. Ma con modalità molto differenti.
Se Vittorio abbandona il suo iniziale agnosticismo a seguito di una irresistibile esperienza mistica, Rosanna si lascia alle spalle un cristianesimo sociologico fatto di abitudini e convenzioni grazie all’abbraccio di un Dio vivo e amorevole in un momento di grande travaglio personale.
Il “fatto cristiano” irrompe nelle vite di questi due giovani (poco più che ventenni) trasformandole per sempre. Non solo: ne incrocia misteriosamente le sorti. Rosanna e Vittorio si incontrano per la prima volta ad Assisi, presso la Pro Civitate Christiana di don Giovanni Rossi. Siamo tra il 1963 e il 1964. Don Rossi propone un cristianesimo missionario ma non moralistico, che intende riportare Cristo al centro dell’annuncio. Cristo come fatto storico, il Verbo di Dio incarnato, attraverso il quale entrare in relazione col Cristo della fede. È un cristianesimo esigente, rispettoso della tradizione ma al tempo stesso capace di dialogare con la modernità, che per molti versi anticipa le conclusioni del Concilio Vaticano II.
Quello della Cittadella (così veniva chiamato l’insieme delle costruzioni della Pro Civitate Christiana) è un ambiente bello, culturalmente elevato, che unisce la seria formazione teologica e l’attività missionaria nel quadro di un’esperienza comunitaria.
Molti giovani sono affascinati dal linguaggio nuovo di don Giovanni Rossi. Tra loro anche Vittorio e Rosanna. Entrambi si sono recati ad Assisi per approfondire, attraverso studi teologici, quell’incontro con Cristo che così in profondità aveva cambiato le loro vite. Vittorio non passa inosservato agli occhi di Rosanna: quel neoconverito dal laicismo di marca liberale è bravo, colto, brillante. Passa molto tempo in biblioteca a lavorare, per ore e ore. Le confessa la sua intenzione: raccogliere appunti per un libro sulle ragioni della fede in Gesù Cristo (confluiranno poi nel fortunatissimo “Ipotesi su Gesù”).
Dopo due anni e mezzo le loro strade si dividono e i due sembrano perdersi definitivamente di vista. Ma diversi anni dopo, alla vigilia della pubblicazione di “Ipotesi su Gesù”, si ritrovano inaspettatamente. La carriera giornalistica di Vittorio è ben avviata alla “Stampa” di Torino, Rosanna si occupa invece di sociologia (la sua seconda laurea, dopo quella in giurisprudenza) arrivando anche a collaborare con prestigiosi istituti di ricerca come il Censis. Si incontrano nuovamente a Torino, dove Rosanna apprende che Vittorio nei momenti più difficili della sua ricerca su Gesù aveva pensato a lei, alla ragazza che ad Assisi lo aveva incoraggiato a proseguire fino alla fine nel proprio progetto. Ma c’è dell’altro: anche Vittorio ha sofferto, come Rosanna, la “ferita dei non amati”. E così, in un momento di forte confusione e dolore per le incomprensioni con la sua famiglia di origine, vittima di una depressione, si era sposato. È tuttavia convinto che il matrimonio sia nullo e intende procedere in questa direzione. A pochi giorni di distanza dal loro incontro giunge poi la notizia della morte di don Giovanni Rossi, una coincidenza che ai due appare significativa.
Nei mesi successivi, Vittorio si fa risentire. Si è separato legalmente e ha contattato un avvocato rotale. Secondo il giudizio del legale l’annullamento dovrebbe arrivare in tempi brevi e senza particolari difficoltà. La prospettiva di una vita insieme si fa concreta e, anche se la sua salute comincia a peggiorare, Rosanna decide di trasferirsi a Torino dove arriva in aereo il quattro ottobre 1976, lo stesso giorno che vede uscire “Ipotesi su Gesù”.
Comincia così la loro vita a due, nella convinzione che la nullità matrimoniale (l’iter era già stato avviato) sarebbe presto giunta permettendo di convolare a nozze. Ma le cose non sarebbero andate così. La vicenda giudiziaria si intrica fino a diventare interminabile. A causa degli errori dei tribunali ecclesiastici ben tre processi vanno incontro a un esito negativo. Solo vent’anni dopo, nel 1996, giunge la sentenza definitiva di nullità e di conseguenza la possibilità di un nuovo matrimonio in chiesa.
Nel frattempo Vittorio e Rosanna hanno fatto la scelta più difficile: restare fedeli alla Chiesa vivendo prima in castità, come fratello e sorella, poi separandosi. Si ritrovano così privati della possibilità di avere figli, instradati verso un calvario che va ad aggiungersi ad altre sofferenze. Nel libro Rosanna parla senza rancore, con carità ed eleganza, di questo tempo di vita bloccata, come sospesa. Ancora una volta, è solo nell’amore che la sofferenza può rivelarsi feconda. Romano Guardini ha definito la fedeltà come quella forza capace di vincere il tempo senza fissarsi nella forma rigida della dura pietra, bensì adottando una forma vitale che cresce e crea. Soltanto così la fedeltà, resistendo al tempo, «ha in sé qualcosa dell’eternità».
La fedeltà “contra spem in spe” di Vittorio e Rosanna sboccia il 30 novembre 1996, a Desenzano, dove i due possono finalmente unirsi in matrimonio in una chiesetta dedicata a Maria (che da quel momento in avanti avrà un ruolo sempre più importante nella loro vita).
Alcune delle pagine più profonde del libro sono dedicate proprio al “salto di qualità” del matrimonio cristiano. Oggi c’è grande confusione al riguardo. Una diffusa tendenza guarda al sacramento del matrimonio in maniera alquanto riduttiva. Come se non fosse altro che il segno dell’approvazione divina o, peggio ancora, un rito il cui unico effetto sarebbe quello di conferire ufficialità alla normale unione amorosa tra due persone che si sono scelte perché si piacevano. Non si tiene in conto che col sacramento del matrimonio si produce qualcosa di più profondo: una trasformazione ontologica nei due sposi, i quali pur mantenendo ognuno il timbro della propria personalità diventano “una caro”, una sola carne in Cristo. Ambedue i due coniugi, ci dice San Paolo, sono sottomessi «nel timore di Cristo». Col sacramento del matrimonio sono invitati a entrare in una relazione d’amore con la Fonte di tutte le cose. Il vangelo pianta un seme destinato a germogliare nel tempo, innestando nell’amore naturale degli sposi uno spirito nuovo. Così eros, l’amore umano che ascende, può incontrare agápe, l’amore divino che discende. A questo genere di comunione allude la Lettera agli Efesini, dove San Paolo designa l’unione sponsale come «mysterion méga» (“grande mistero”).
«Ad una teoria si può rispondere con un’altra teoria; ma chi può confutare una vita?» si chiedeva Evagrio Pontico, monaco del IV secolo. La biografia “a due” di Rosanna Brichetti è una preziosa testimonianza di amore a Cristo e di fiducia nella Provvidenza. Una verità che Rosanna e Vittorio hanno vissuto nella carne e predicato con la parola, raccogliendo l’invito contenuto nella Prima lettera di Pietro: «Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Ma questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza».