Politica
di Piero Chiappano
Sette buone ragioni per andare a firmare la proposta del PdF
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
Il Popolo della Famiglia viene presentato dai suoi detrattori come un movimento conservatore, passatista, reazionario, mentre al contrario i suoi sostenitori si sentono interpreti di un grande progetto di rivoluzione degli schemi della politica e della società. L’apparente contraddizione di cui il Popolo della Famiglia è protagonista merita una breve digressione.
Se andiamo a riprendere un testo classico del recente passato, Il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini (1972), ci viene raccontato che il conservatore guarda indietro per andare avanti, cerca ispirazione nei fondamenti nella vita sociale, conosce la storia perché sa che spesso i problemi del presente vanno affrontati sulla base di un precorso storico (e quindi anche per evitare di ripetere errori già commessi da altri in altre epoche), “è persuaso di essere se non l’uomo di domani, certamente l’uomo del dopodomani”. Il conservatore è sostanzialmente un realista, uno che guarda la realtà e la affronta per quella che è, senza filtri utopistici che non poggiano su solide fondamenta. Sa anche che, pur cambiando i tempi, la natura umana rimane la medesima, con gli slanci, ma anche con le imperfezioni di sempre.
Se invece ci si sposta ad analizzare il termine rivoluzione, va subito osservato che questa parola non nasce per descrivere strategie politiche volte a destrutturare l’ordine esistente per rifarlo da zero. Rivoluzione è una parola che innanzitutto descrive un fenomeno astronomico, nasce in ambito scientifico per descrivere il giro completo che un corpo compie attorno a un altro corpo, oppure la rotazione di un corpo sul proprio asse: descrive l’orbita percorsa dai pianeti attratta dai corpi di massa superiore (il sistema solare) e fenomeni per cui ad esempio il pianeta Terra in 24 ore compie un completo rivolgimento su se stesso. In altre parole, rivoluzione sta per ritorno al principio.
Messa così la vicenda del Popolo della Famiglia appare più chiara:
È conservatore quando aggancia i suoi principi al diritto naturale e alla verità rivelata.
È rivoluzionario quando promuove riforme che riportano la società alle ragioni profonde che sul piano oggettivo la mantengono in forza: il diritto alla vita e il bene comune.
Se ora passiamo a considerare la proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito di maternità vediamo come quelle parole che nella percezione comune appaiono irriducibili l’una all’altra si fondono mirabilmente.
1) La proposta del reddito di maternità parte da un dato reale, concreto, oggettivo e drammatico: la denatalità. E vi risponde incoraggiando le nascite di cittadini italiani, che ancora in maggioranza sono di cultura cristiana. Ristabilire una equa proporzione a livello di saldo nascite-decessi ha un valore enorme per il futuro del Paese: significa pensioni, significa radici culturali, significa necessità di politiche a favore del lavoro, significa ottimismo e orgoglio nel sentirsi parte di un popolo che ha una storia che merita di essere conosciuta e un’identità che merita di essere ristabilita e innervata di buone energie.
2) La proposta del reddito di maternità restituisce piena dignità al ruolo di madre, ruolo al quale la donna è stata preposta non in virtù di un contratto sociale che dura il tempo di una legislatura, ma dalla natura, e la natura non cambia né si modifica a colpi di ideologia. Qualifica come lavoro la sua operosità famigliare nella cura dei figli e della casa non per capitolare a una visione politica tipica di tanto Novecento in cui l’umanesimo del lavoro di un Giovanni Gentile poteva saldarsi al “chi non lavora non mangia” della dittature comuniste, ma per rimarcarne l’insostituibile funzione sociale e spirituale. Una madre in casa non è solo una presenza fisica, è una certezza assoluta.
3) La proposta del reddito di maternità, in un’epoca dominata e violentata dall’economicismo, dove anche le relazioni personali rischiano di ridursi a transazioni economiche, i sentimenti a capricci da soddisfare attraverso una nuova forma di shopping, la cerchia di conoscenze così come la rubrica dello smartphone a opportunità utilitaristiche, offre un sostegno vitale al reddito famigliare. È un fatto che il costo della vita si sia impennato e con proporzione inversa il potere d’acquisto dei cittadini si sia ridotto nel volgere di pochi decenni. In particolare l’ultima crisi del capitalismo globale (2008) non ha ancora cessato di far valere i propri spasimi: a farne le spese sono soprattutto le famiglie. Negli anni Settanta bastava uno stipendio per comprare casa e crescere i figli. Oggi non ne bastano due, anche perché le condizioni di lavoro si sono fatte più difficili in termini di precarietà contrattuale, orari di impiego e distanza dalle famiglie d’origine. Si tratta di fattori che incidono pesantemente sulla sicurezza anche psicologica del nucleo famigliare. In presenza di una disabilità permanente o di numerosità della prole si arriva facilmente al collasso. Il reddito di maternità, prima ancora che un sussidio monetario è un messaggio che lo Stato manda alle famiglia: “Ehi, ci sono, ti capisco, ti aiuto perché ho a cuore il bene comune e metto la vita al primo posto”.
4) La possibilità che la proposta del reddito di maternità offre alle madri di prendersi cura dei figli con una relativa tranquillità riporta in auge la missione dell’educazione famigliare. L’educazione dei figli, il loro orientamento valoriale, il loro senso civico, i loro costumi devono tornare a essere patrimonio e responsabilità della famiglia. Si tratta di una sfida, ma è un cambiamento di orizzonte necessario ed è la soluzione più plausibile per evitare che i figli cadano preda del pensiero unico divulgato attraverso la pressione del conformismo di gruppo.
5) La proposta del reddito di maternità mette il valore e la custodia della vita a cardine dell’azione politica e riporta la politica ad occuparsi di ciò che è importante: la vita. Perché senza vita non c’è organizzazione sociale né corpi intermedi né istituzioni pubbliche. Ma anche la vita ha una precondizione che le dà sicurezza, stabilità, equilibrio: la famiglia naturale. Ripensare la politica a partire da ciò è davvero sia rivoluzionario che conservatore e risponde a una vocazione lungimirante che inserisce le generazioni in una concatenazione che in altri tempi veniva data per scontata, ma oggi va ribadita come uno slogan.
6) La proposta del reddito di maternità contrasta le fumisterie ideologiche del gender e affini, perché il sostegno alla maternità implica il riconoscimento di un rapporto essenziale e speciale tra mamma e figlio, che non può essere in alcun modo sostituito dal concetto astratto e ambiguo di genitorialità. Contro ogni presunzione di “nuovi diritti” nell’ansia di chiamare famiglia le formazioni sociali arcobaleno, il reddito di maternità afferma che la madre non è un concetto antropologico, ma una realtà al contempo biologica e spirituale. Se c’è una figura che la deriva etica ha emarginato e svilito è proprio quello della madre, costretta a barcamenarsi tra casa e lavoro, sensi di colpa, affanni psicologici, e a inghiottire amaro per non sentirsi all’altezza in un mondo che non è che la vuole bionica: non la vuole proprio. Chi ha una moglie lavoratrice e madre al proprio fianco sa perfettamente cosa sto dicendo.
7) La proposta del reddito di maternità risponde in modo politico e popolare ai rigurgiti sessantotteschi del pensiero femminista, sempre più grottesco e irrancidito nelle forme e nelle parole. Con questa proposta il Popolo della Famiglia risponde ai 6 milioni di aborti che dall’entrata in vigore della nota legge hanno spopolato il territorio italiano e che purtroppo non sono ancora niente rispetto alla devastazione culturale che il femminismo ha prodotto: una presunta emancipazione femminile concepita a tavolino, fondata su una parità dei sessi oggettivamente innaturale e illogica, che ha finito col produrre infelicità, insoddisfazione, irrealizzazione, individualismo mettendo sullo stesso piano e fuori da ogni senno carriera e maternità e costringendo la donna a una scelta nel segno di un’autodeterminazione che il più delle volte equivale a fallimento e solitudine. Perché, mi si consenta l’osservazione un po’ forte, quando una donna sfiorisce senza aver colto la vita nella sua pienezza si gonfia di rimpianto e risentimento e invecchiare le diventa penoso.
In definitiva, a sintesi di queste riflessioni che la proposta del reddito di maternità del Popolo della Famiglia mi ha suggerito a caldo, credo che questa legge significherà più vita, più famiglia, più futuro, più speranza. Se alle madri consentiremo di fare le madri, anche i padri torneranno a fare i padri e, per amore dei figli, il bene comune tornerà ad essere protagonista della politica italiana e a guidare progetti di ampio respiro che mettano al centro quel motore inesausto che è la vita, benedetta ora e sempre dal soffio vitale dello Spirito Santo.