Chiesa
di Tommaso Ciccotti
Dialogo oltre i populismi
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Papa Francesco ha incontrato gli esponenti del Corpo diplomatico presso la Santa sede.
Il discorso di Bergoglio è andato a toccare motivi di forte contrasto politico tra le nazioni: le parole del Pontefice hanno messo l’accento soprattutto sull’importanza della collaborazione fra le nazioni e della diplomazia multilaterale, che appare sempre più indebolita dal riemergere di tendenze nazionalistiche.
Nell’incontro nella sala Regia in Vaticano, Io Vescovo di Roma ha scandito parole che hanno ripreso il discorso che Papa Paolo VI rivolse all’Assemblea delle Nazioni Unite nel quale delineò le finalità della diplomazia multilaterale, mettendone in evidenza gli elementi di contatto con la missione spirituale del Papa e della Santa Sede.
“L’inizio di un nuovo anno ci consente di fermare per qualche istante il frenetico susseguirsi delle attività quotidiane per trarre alcune considerazioni sugli accadimenti passati e riflettere sulle sfide che ci attendono nel prossimo futuro…
L’obbedienza alla missione spirituale, che sgorga dall’imperativo che il Signore Gesù ha rivolto all’apostolo Pietro: «Pasci i miei agnelli» (Gv 21,15), spinge il Papa – e dunque la Santa Sede – a preoccuparsi dell’intera famiglia umana e delle sue necessità anche d’ordine materiale e sociale. Tuttavia, la Santa Sede non intende ingerire nella vita degli Stati, bensì ambisce ad essere un ascoltatore attento e sensibile alle problematiche che interessano l’umanità, con il sincero e umile desiderio di porsi al servizio del bene di ogni essere umano…
Cari Ambasciatori, l’anno appena iniziato vede affacciarsi diversi significativi anniversari, oltre a quello del Consiglio d’Europa pocanzi ricordato. Tra questi vorrei menzionarne particolarmente uno: il centenario della Società delle Nazioni, istituita con il trattato di Versailles, firmato il 28 giugno 1919. Perché ricordare un’Organizzazione che oggi non esiste più? Perché essa rappresenta l’inizio della moderna diplomazia multilaterale, mediante la quale gli Stati tentano di sottrarre le relazioni reciproche alla logica della sopraffazione che conduce alla guerra. L’esperimento della Società delle Nazioni conobbe ben presto quelle difficoltà, a tutti note, che portarono esattamente vent’anni dopo la sua nascita a un nuovo e più lacerante conflitto, quale fu la Seconda Guerra Mondiale. Nondimeno essa ha aperto una strada, che verrà percorsa con maggiore decisione con l’istituzione nel 1945 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: una strada sicuramente irta di difficoltà e di contrasti; non sempre efficace, poiché i conflitti purtroppo permangono anche oggi; ma pur sempre un’innegabile opportunità per le Nazioni di incontrarsi e di ricercare soluzioni comuni.
Premessa indispensabile del successo della diplomazia multilaterale sono la buona volontà e la buona fede degli interlocutori, la disponibilità a un confronto leale e sincero e la volontà di accettare gli inevitabili compromessi che nascono dal confronto tra le Parti. Laddove anche uno solo di questi elementi viene a mancare, prevale la ricerca di soluzioni unilaterali e, in ultima istanza, la sopraffazione del più forte sul più debole. La Società delle Nazioni entrò in crisi proprio per questi motivi e, purtroppo, si nota che i medesimi atteggiamenti anche oggi stanno insidiando la tenuta delle principali Organizzazioni internazionali.
Ritengo dunque importante che anche nel tempo presente non venga meno la volontà di un confronto sereno e costruttivo fra gli Stati, pur essendo evidente come i rapporti in seno alla comunità internazionale, e il sistema multilaterale nel suo complesso, stiano attraversando momenti di difficoltà, con il riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano la vocazione delle Organizzazioni internazionali ad essere spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi. Ciò è in parte dovuto a una certa incapacità del sistema multilaterale di offrire soluzioni efficaci a diverse situazioni da tempo irrisolte, come alcuni conflitti “congelati”, e di affrontare le sfide attuali in modo soddisfacente per tutti. In parte, è il risultato dell’evoluzione delle politiche nazionali, sempre più frequentemente determinate dalla ricerca di un consenso immediato e settario, piuttosto che dal perseguimento paziente del bene comune con risposte di lungo periodo. In parte, è pure l’esito dell’accresciuta preponderanza nelle Organizzazioni internazionali di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, innescando nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, della dignità e della sensibilità dei popoli. In parte, è la conseguenza della reazione in alcune aree del mondo ad una globalizzazione sviluppatasi per certi versi troppo rapidamente e disordinatamente, così che tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna dunque prestare attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista ciò che è locale. Dinanzi all’idea di una “globalizzazione sferica”, che livella le differenze e nella quale le particolarità sembrano scomparire, è facile che riemergano i nazionalismi, mentre la globalizzazione può essere anche un’opportunità nel momento in cui essa è “poliedrica”, ovvero favorisce una tensione positiva fra l’identità di ciascun popolo e Paese e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto è superiore alla parte. Alcuni di questi atteggiamenti rimandano al periodo tra le due guerre mondiali, durante il quale le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni. Il riapparire oggi di tali pulsioni sta progressivamente indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale e di una progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni.
Nel suo memorabile discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite – il primo di un Pontefice dinanzi a quel consesso – san Paolo VI, che ho avuto la gioia di canonizzare lo scorso anno, tracciò le finalità della diplomazia multilaterale, le sue caratteristiche e responsabilità nel contesto contemporaneo, evidenziando anche gli elementi di contatto che esistono con la missione spirituale del Papa e dunque della Santa Sede.
Il primo elemento di contatto che vorrei richiamare è il primato della giustizia e del diritto: «Voi – diceva Papa Montini – sancite il grande principio che i rapporti fra i popoli devono essere regolati dalla ragione, dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa, non dalla forza, non dalla violenza, non dalla guerra, e nemmeno dalla paura, né dall’inganno».
Nella nostra epoca, preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali. Tale atteggiamento è talvolta frutto della reazione di quanti sono chiamati a responsabilità di governo dinanzi a un accentuato malessere che sempre più si sta sviluppando tra i cittadini di non pochi Paesi, i quali percepiscono le dinamiche e le regole che governano la comunità internazionale come lente, astratte e in ultima analisi lontane dalle loro effettive necessità. È opportuno che le personalità politiche ascoltino le voci dei propri popoli e che ricerchino soluzioni concrete per favorirne il maggior bene. Ciò esige tuttavia il rispetto del diritto e della giustizia tanto all’interno delle comunità nazionali che in seno a quella internazionale, perché soluzioni reattive, emotive e affrettate potranno sì accrescere un consenso di breve respiro, ma non contribuiranno di certo alla soluzione dei problemi più radicali, anzi li aumenteranno…
Il secondo elemento che vorrei ricordare è la difesa dei deboli. «Noi facciamo Nostra – affermava Papa Montini – la voce dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso».
La Chiesa è da sempre impegnata nel sovvenire chi è nel bisogno e la Santa Sede stessa si è fatta, nel corso di questi anni, promotrice di diversi progetti a sostegno dei più deboli, che hanno ricevuto appoggio anche da diversi soggetti a livello internazionale. …
Da parte sua, anche la comunità internazionale con le sue organizzazioni è chiamata a dare voce a chi non ha voce. E tra i senza voce del nostro tempo vorrei ricordare le vittime delle altre guerre in corso, specialmente di quella in Siria, con l’immenso numero di morti che ha causato…
Tra gli altri deboli, «sentiamo di fare Nostra – continuava Paolo VI – la voce dei giovani delle presenti generazioni, che sognano a buon diritto una migliore umanità. Ai giovani, che tante volte si sentono smarriti e privi di certezze per l’avvenire, è stata dedicata la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Essi saranno pure i protagonisti del viaggio apostolico che compirò a Panama tra qualche giorno in occasione della XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù. I giovani sono il futuro, e compito della politica è aprire le strade del futuro. Per questo è quanto mai necessario investire in iniziative che permettano alle prossime generazioni di costruirsi un avvenire, avendo la possibilità di trovare lavoro, formare una famiglia e crescere dei figli.
Accanto ai giovani meritano particolare menzione i fanciulli, specialmente in quest’anno in cui ricorre il 30° anniversario dell’adozione della Convenzione sui Diritti del Fanciullo. Si tratta di un’occasione propizia per una seria riflessione sui passi compiuti per vigilare sul bene dei nostri piccoli e sul loro sviluppo sociale e intellettuale, come pure sulla loro crescita fisica, psichica e spirituale. In questa circostanza non posso tacere una delle piaghe del nostro tempo, che purtroppo ha visto protagonisti anche diversi membri del clero. Gli abusi contro i minori costituiscono uno dei crimini più vili e nefasti possibili. Essi spazzano via inesorabilmente il meglio di ciò che la vita umana riserva ad un innocente, arrecando danni irreparabili per il resto dell’esistenza. La Santa Sede e la Chiesa tutta intera si stanno impegnando per combattere e prevenire tali delitti e il loro occultamento, per accertare la verità dei fatti in cui sono coinvolti ecclesiastici e per rendere giustizia ai minori che hanno subìto violenze sessuali, aggravati da abusi di potere e di coscienza. L’incontro che avrò con gli episcopati di tutto il mondo nel prossimo febbraio intende essere un ulteriore passo nel cammino della Chiesa per fare piena luce sui fatti e lenire le ferite causate da tali delitti. L’attenzione per i più deboli ci spinge a riflettere anche su un’altra piaga del nostro tempo, ovvero le condizioni dei lavoratori. Se non adeguatamente tutelato, il lavoro cessa di essere il mezzo attraverso il quale l’uomo si realizza e diventa una moderna forma di schiavitù. Cento anni fa nasceva l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che si è adoperata per favorire condizioni adeguate di lavoro e accrescere la dignità degli stessi lavoratori. Dinanzi alle sfide del nostro tempo, prime fra tutte il crescente sviluppo tecnologico che sottrae posti di lavoro e il venir meno di garanzie economiche e sociali per i lavoratori, esprimo l’auspicio che l’Organizzazione Internazionale del Lavoro continui ad essere, al di là degli interessi parziali, esempio di dialogo e concertazione per il raggiungimento dei suoi alti obiettivi. In questa sua missione essa è chiamata ad affrontare, con altre istanze della comunità internazionale, anche la piaga del lavoro minorile e delle nuove forme di schiavitù, così come una progressiva diminuzione del valore delle retribuzioni, specialmente nei Paesi sviluppati, e la persistente discriminazione delle donne negli ambiti lavorativi”. Determinante è anche essere ponte tra i popoli e costruttori della pace ed il Papa ha elencato una serie di luoghi dove la pace appare lontana o dove vi sono stati dei miglioramenti.
Per fare questo bisogna ripensare alla fratellanza tra i popoli, al disarmo… «Le armi – diceva –, quelle terribili specialmente, che la scienza moderna [ci] ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli».
In conclusione il Papa non dimentica l’ambiente: “ Anche quest’anno indicibili disagi e sofferenze provocate da alluvioni, inondazioni, incendi, terremoti e siccità hanno colpito duramente le popolazioni di varie regioni del continente americano e del sud-est asiatico. Tra le questioni su cui è particolarmente urgente trovare un accordo in seno alla comunità internazionale vi è dunque la cura dell’ambiente e il cambiamento climatico. Al riguardo, anche alla luce del consenso raggiunto alla recente Conferenza internazionale sul clima (COP-24) svoltasi a Katowice, auspico un impegno più deciso da parte degli Stati a rafforzare la collaborazione nel contrastare con urgenza il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale. La Terra è di tutti e le conseguenze del suo sfruttamento ricadono su tutta la popolazione mondiale, con effetti più drammatici in alcune regioni….”.