Società
di Rachele Sagramoso
L’allattamento materno
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L’allattamento materno è il modo migliore per nutrire un neonato.
Alzi mentalmente la mano chi è d’accordo con tale affermazione.
Io no.
Se il latte materno fosse “il migliore”, la formula lattea sarebbe la scelta normale. E invece il latte materno è la norma biologica per nutrire un neonato/bambino, quindi la formula artificiale è l’alimento il cui uso porta con sé più incognite (cfr Rischi dell’alimentazione artificiale, WABA–World Alliance for Breastfeeding Action). Siccome il catechismo del politicamente corretto non può assolutamente permettere che il ricorso alla nutrizione artificiale causi senso di colpa né nei confronti di chi sceglie intenzionalmente di usufruirne, né nei confronti di chi non è messo in grado -da terzi- di allattare come avrebbe voluto e quindi deve ricorrervi per forza, il messaggio che si sceglie di diffondere è che l’allattamento materno è l’opzione “migliore” rispetto a una “comune” di nutrire con la formula: in tal modo il marketing può informare che “Il latte materno è l’alimento migliore, ma se manca puoi usare Questolatte” (come si legge sulle etichette di alcuni prodotti sostituti del latte materno).
Lo sapeva bene Henri Nestlé che, non intenzionalmente, utilizzò il mongering, ovvero inventò un bisogno inesistente per “vendere ai sani”: produsse una formula lattea per neonati prematuri proponendola per tutti i bambini. Poiché le poppe di mamma non hanno tacche che misurino la quantità di latte che viene poppata dal neonato e dovendo mandare le donne a lavorare (o convincendole che è necessario “tornare alla vita di prima” come è stato inculcato in molte donne dalla generazione delle baby boomers in avanti), è molto più semplice avere a che fare con un biberon, che con un neonato che ha bisogno di mamma (e delle sue poppe) per almeno un anno e mezzo (il minimo sindacale, se pensiamo che l’OMS parla di due anni). Quindi per la medicina (pediatri in primis) è stato molto più agevole instillare il dubbio che il latte materno fosse inadatto, poco o di dubbia qualità, piuttosto che sostenere mamme preoccupate perché il loro bimbo cresce poco o insegnare loro come usare il tiralatte per permettere ad altri di nutrire il proprio bimbo in loro assenza (cfr Il marketing dei sostituti del latte materno di Adriano Cattaneo). È stato molto più semplice inculcare che i bambini che piangono e pretendono di stare con la mamma siano viziati (cfr L’estinzione del pianto nel sonno dei bambini di Michela Orazzini, bambinonaturale.it) piuttosto che aiutare le mamme a capire come organizzare la loro vita dopo l’arrivo di un bambino rafforzandole su come il loro ruolo sia fondamentale nel primo triennio di vita. È drammaticamente più comodo diffondere che le donne fanno pochi figli perché debbono andare a lavorare e che c’è bisogno di chi è pagato dalle donne stesse per allevare i loro bambini, che affermare il fatto che molte donne non fanno figli perché, molto semplicemente, non li vogliono.
Da anni il fermento a favore dell’allattamento materno, anche dal punto di vista dell’approvazione di leggi che lo tutelino dall’aggressività del marketing (cfr il Codice per la commercializzazione dei sostituti del Latte Materno, e D.M. n° 82/2009 e successivo D. Leg. n° 84/2011), è attivo anche grazie alle mamme che - non senza difficoltà essendo in molte a essere figlie di donne che non le hanno allattate - si muovono incessantemente per sensibilizzare, sostenersi a vicenda e denunciare malefatte di operatori sanitari (farmacisti, medici, ostetriche) che interferiscono intenzionalmente o meno con l’andamento naturale della maternità. Pur tuttavia e nonostante ci siano operatori (ostetriche, neonatologi e pediatri), istituzioni e associazioni (come il M.A.M.I. – movimento allattamento materno italiano - o l’I.B.F.A.N. – International Baby Food Action Network -), esperti (come i consulenti professionali I.B.C.L.C.) e volontari (le mamme consulenti de La Leche League – Lega per L’allattamento Materno -) che ogni giorno informano e si occupano attivamente per la diffusione di buone pratiche di nutrizione infantile, le percentuali di bambini di 6 mesi allattati al seno in modo esclusivo sono il 42,7% (cfr Il percorso della maternità: gravidanza, parto e allattamento nell’indagine della salute dell’Istat Francovich Lisa - Gargiulo Lidia – ISTAT 2015).
Se ne deduce che non sia diffondere che l’allattamento materno è il mezzo nutrizionale adeguato per un neonato o che non nutrire al seno porta delle conseguenze importanti sulla salute della madre, che convince le donne ad allattare, che non sia solo spiegare loro che debbono farlo pretendendo che gli operatori sanitari le sostengano, perché c’è molto altro.
Tra nascituro-neonato (il passaggio dal canale vaginale o da un taglio sull’addome è necessario – per certuni – per acquisire diritto alla vita, per cui specifichiamo che non vi è differenza, invece) e mamma si stabilisce un legame indissolubile (cfr Utero in affitto No Grazie, La Croce Quotidiano del 28/11/2018, Rachele Sagramoso), ma poi la relazione va nutrita, custodita, arricchita, potenziata, talvolta corretta e “riassemblata”: l’allattamento materno è un mezzo piuttosto semplice - se proprio vogliamo essere sinceri- che la natura ha messo in campo perché una mamma sia disposizione per il proprio bambino. Ecco perché ‘portare in fascia’ è un aiuto importante, ecco perché ‘coslippare’ (dall’inglese ‘co-sleeping’ ovvero ‘dormire vicino al bambino’, che si differenzia dal ‘bed-sharing’ poiché quest’ultima è la condivisione nel sonno usando la stessa superficie) è possibile e non crea danni incalcolabili perenni nell’acquisizione dell’autonomia.
Il fatto è che promettere che aumenteranno i posti dove altri alleveranno tuo figlio mentre tu tornerai snella e felice al lavoro, non fa venir voglia di fare figli. O per lo meno magari ne farai uno solo, massimo due. Non fa venir voglia di fare figli semplicemente perché le donne sono state capziosamente educate al non anelare alla maternità. Il fatto che si potranno moltiplicare luoghi dove laureate signore si prenderanno cura dei bambini che le donne mettono al mondo, non agevolerà le medesime a desiderare di fare figli, parimenti al fatto che, nonostante le centinaia di messaggi a favore dell’allattamento materno, non stanno aumentando le percentuali di bambini allattati. Il problema dell’incremento delle nascite è relazionale e non dipende dall’aumento degli asili nido. Lo scoglio verso il quale siamo andati a sbattere, grazie al fatto che il benessere di pochi figli (oramai un figlio solo per famiglia) è molto più importante di uno status economico normale ma con più di un figlio, è che fare figli è pesante, stancante, logorante e spesso meramente faticoso. Come lo è l’allattamento e, prima di questo, il parto, la gravidanza e il trovare la persona giusta alla quale promettersi per lo meno una coabitazione.
L’asilo nido non è una soluzione semplicemente per il fatto che i bambini hanno bisogno di essere allevati, pena il trovarsi in una società dove i genitori (che spesso hanno il primo figlio dopo i 30/35 anni, quindi sono attempati) non ce la fanno a occuparsene perché a un figlio devi dedicare attenzione, tempo, sacrificio: né la promessa che i genitori avranno chi li sostituirà mentre sono al lavoro, né la mancia che, a seconda di quanto una donna guadagna, verrà recapitata alla nascita del figlio o dilazionata durante i mesi, indurrà a cercare celermente il periodo fertile: solo un netto cambiamento di rotta educativa e affettiva potrà essere d’aiuto. Il fatto che il problema educativo sia alla base, è palese dal numero di manuali che vengono venduti ai genitori: essendo cresciuti come figli unici spesso isolati e con genitori spesso separati, madri e padri moderni non hanno assolutamente idea di cosa sia essere genitori e cosa sia quel bambino che ulula di fronte a loro.
In tutto questo, e per continuare il parallelo tra allattamento e provvedimenti per incrementare le nascite, è doveroso motivare cosa faccia realmente incrementare le percentuali di allattamento materno: l’informazione sulla fisiologia e l’aiuto concreto dopo che il bimbo è nato.
Il fatto che si spieghi alle donne in attesa (e ovviamente ai padri dei nascituri) come funzioni la mammella (dotti galattofori eccetera), quali gli ormoni implicati (ossitocina, prolattina eccetera), quali siano le modalità migliori per iniziare l’allattamento (attacco immediato dopo la nascita, eccetera), quali sono i principali intoppi (capezzoli problematici, frenulo linguale corto, eccetera), quali le difficoltà psicologiche che possono subentrare (stanchezza, contrasto coi suggerimenti dei parenti eccetera), quali quelle dovute a terzi (pediatri disinformati o mancanza totale di aiuti)… ricorda nulla tutto questo?
I corsi di educazione sessuale che vengono propinati costantemente nelle scuole sappiamo non dare esiti sperati. Come esiti piuttosto scarsi sull’allattamento, hanno anche alcuni corsi di accompagnamento alla nascita. Ovvio che il nodo sia la fisiologia: manca la spiegazione scientifica e veritiera ai ragazzi e alle ragazze. Manca informarli sulla fisiologia, mancano le spiegazioni sugli ormoni, sulle modalità di come iniziare al meglio la vita affettiva… e via dicendo. Come per l’allattamento, che è relazione, l’affettività e la voglia di “fare famiglia” è relazione. La terapia è una sola: smettere di mentire. Smettere di dire ai giovani che si può fare famiglia dopo i trent’anni, smettere di dire alle donne che è meglio aspettare. Smettere di irresponsabilizzate i ragazzi. Dare ai giovani il peso della responsabilità: hai rapporti sessuali? Prendi tutto il peso di ciò che fai e cresci.
E il peso di questo sta a noi. Ai messaggi che mandiamo.
Il Reddito di Maternità serve a questo, a mio parere, un po’ come può servire una consulenza sull’allattamento fatta bene: è un ‘salvagente’ ben strutturato che va a inserirsi in quei contesti nei quali un bambino potrebbe essere un problema (pensiamo a una ragade dolorosissima che impedisce un attacco al seno felice), e diviene parte della soluzione. Non da solo. Non in modo esclusivo (anche una buona consulenza per l’allattamento non può nulla senza l’intenzione di allattare della diretta interessata), ma lo è in modo comunque molto cospicuo. E qual è la soluzione di molti problemi di allattamento? Lo starci. Affrontandoli. Senza ricorrere a formule lattee che paiono la soluzione immediata ma creano pasticci di lunghissima gittata. Prendere i giovani e dire loro la verità: se hai rapporti, avrai un figlio. E il Reddito di Maternità, in questo, è fondamentale. È l’aiuto tecnico quando ne hai bisogno. Parimenti a quelle meravigliose suocere (o amiche, o zie, o mamme, o cognate) che quando si hanno poppanti che hanno bisogno tutto il tempo di mamma, preparano conigli alla cacciatora, lasagne, sformati, torte. Il Reddito di Maternità non è il biberon consigliato dalla farmacista (quello che risolverebbe subito il problema), ma è il sostegno, l’aiuto vero, la mano che solleva, quello che ti responsabilizza perché poi con tuo figlio ci stai.
Cari italiani, non facciamoci ingannare: gli asili nido, i vari assegni, le promesse. L’unica proposta per i nostri figli è un aiuto concreto. È il Reddito di Maternità.