Società

di Gabriele Marconi

Il CAV e l’ombra dell’aborto: il curioso caso di Bergamo

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«Colpisce che anche persone con cui abbiamo lavorato per anni, abbiano votato contro». Anna Rava Daini, presidente del CAV di Bergamo non nasconde il rammarico riferendosi ai 16 voti che hanno determinato l’esclusione di Paolo Picco, presidente di FederVita Lombardia, dal programma del convegno “Nascere a Bergamo: Presente e Prospettive Future” previsto per la mattina di sabato 9 febbraio. Il nome a capo del Movimento per la Vita lombardo è stato il casus belli su cui si è spezzato il Consiglio delle Donne, organo consultivo del Consiglio Comunale, che ha votato per l’estromissione solo di un voto: 15 i contrari, un’astensione. Eppure nelle precedenti assemblee «il Consiglio delle Donne aveva approvato all’unanimità sia il tema del convegno che il parco relatori» ci conferma Daini, ripetendo quanto affermato in chiusura dell’assemblea straordinaria convocata mercoledì 6 febbraio. Controllando i verbali, è nero su bianco, nientemeno. In più però c’è stato l’intervento di Non una di meno, il noto collettivo femminile costruitosi fama dopo aver partecipato come pubblico ad alcune sessioni di consigli comunali in tutt’Italia travestite da ancelle di una nota serie TV, per cui il convegno, dando spazio al CAV e a Paolo Picco in particolare avrebbe reso «il Consiglio delle Donne ostaggio dell’azione di conservatori e anti-abortisti, portatori di una visione retrograda e svilente della donna e dei suoi diritti».

Un ripensamento assembleare, dunque? Nient’affatto. Non Una di Meno non fa nemmeno parte del Consiglio delle Donne, infatti ha dovuto scrivere una “lettera aperta” al Consiglio Comunale il 30 gennaio, richiedendo l’adesione di altre sigle. Ma tanto è bastato per ottenere udienza presso l’esecutivo del Consiglio delle Donne di venerdì 1 febbraio, dove un terzetto delle esponenti di questi pittoresche fuggitive da fiera Comics&Games ha rivolto pesanti accuse contro il CAV, la pres. Daini e volontari, rei a loro avviso di attuare circonvenzioni, vere e proprie manipolazioni psicologiche su donne incapaci d’intendere, se azioni paragonate a sequestri «per non farle abortire a tutti i costi», farneticando periodi privi di senso compiuto tra slogan quarantennali come “Il corpo è mio e decido io”. Di fronte alle affermazioni diffamanti contro il CAV e il Movimento per la Vita, in condizioni normali un organo comunale avrebbe rilevato il profilo penale e liquidata l’accusa per il suo valore. Invece alle signore e/o signorine in evidente stato d’agitazione è stato consentito di proseguire indisturbate nel delirio del loro J’accuse andando a tracciare le relazioni di Picco, affiancato a movimenti monarchici e indipendentisti veneti, neofascisti (e via dicendo), con quartier generale a Verona. Da lì la pietra dello scandalo, la mozione 434 del Consiglio di Verona sull’impegno a finanziare i servizi di aiuto alla vita - «contro la 194!» [sic!] – e la scoperta imponderabile, inconcepibile, dissacrante perfino: Paolo Picco, un dirigente del Movimento per la Vita, considererebbe iniqua la legge 194!

In regime d’ovvietà, la sponda non è stata lasciata cadere dalle veterane dell’abortismo radicale orobico. La denuncia l’hanno presa in carico alcune delle Consigliere presenti, tra tutte l’ex-assessore Maddalena Cattaneo (Associazione Donne per Bergamo/Bergamo per le Donne), che ha preteso un chiarimento dall’esecutivo (dov’era nelle ultime sedute?) e una revisione del programma, per cui la presenza di Picco sarebbe stata «intollerabile senza un contradditorio». Un contraddittorio per cosa? Sembra che ci si sia persi qualche passaggio nel mentre: com’è che un convegno sulla natalità esigerebbe un contraddittorio sulla 194? L’associazione “libera” delle ancelle biancorosse e del fronte Cattaneo ha lasciato sorpresa anche la Presidente del Consiglio Emilia Magni (Sinistra Unita per Bergamo) che, trovatasi improvvisamente contestato con ferocia il convegno preparato da un anno con la collaborazione dell’intero Consiglio, ha passato prima la parola a Daini per una (non dovuta) spiegazione sulle attività del CAV che è parsa più la dichiarazione dell’ultimo desiderio di fronte al plotone d’esecuzione. Daini ha nondimeno risposto a tono ricordando – unica delle intervenute – cosa stabilisce la 194 e l’elementare adesione alla legge dell’opera del CAV e cosa, di contro, si prefigge il convegno, incassando il sostegno di alcune consigliere a sua volta (su tutte Luisa Pecce, Lega), anticipando quale sarebbe stata la sua decisione in caso si fosse rivista la partecipazione di Picco: l’abbandono del Consiglio delle Donne da parte del CAV. Per un attimo l’allucinazione è sembrata chiusa, almeno finché Cattaneo non ha interpellato direttamente la Presidente Magni, ricordandole che le sarebbero bastate 3 firme per costringerla a convocare un’assemblea straordinaria. I toni si sono alzati ulteriormente alla fine dell’esecutivo e al concerto successivo si è unita l’ex-parlamentare Pia Locatelli, affezionata della lotta all’obiezione di coscienza: «È un convegno ideologico, ma devono avere il coraggio di dirlo. Il Consiglio delle Donne è libero di promuovere i Centri di Aiuto alla Vita, però non dica che è sopra le parti. Oppure, e a me sembra meglio, facciamo un confronto tra posizioni diverse. Negare le diversità è nascondere la realtà».

Non è difficile immaginare a cosa si riferisse Locatelli con “diversità”. Contro l’attacco totalitario delle consigliere che hanno adottato la protesta di Non Una di Meno si è levata la voce del solo Popolo della Famiglia, che tramite un perentorio comunicato del Coordinamento Provinciale di Bergamo (silenziato dai media locali) nella sera di martedì ha rigettato l’offensiva abortista: «A quale “diversità” si riferisce l’ex-deputata Locatelli? Alle centinaia di consultori pubblici il cui solo fine è quello di accompagnare all’aborto le donne che vi si affacciano per un aiuto, come opzione unica offerta ed incoraggiata, contra legem?» ha chiesto Roberto Frecentese, vice-referente provinciale del PdF, facendo eco alle preoccupazione della pres. del MpV Maria Casini Bandini. Eppure la diversità richiesta è rappresentata nel Consiglio delle Donne, presente anche A.I.E.D., che non ha avuto nulla da ridire fino a settimana scorsa sul fatto che intervenisse «un’unica associazione, tra le tanti esistenti sul territorio e che come il CAV operano nel mondo dell’infanzia, della maternità e delle relazioni famigliari» per cui il Consiglio delle Donne non avrebbe dato «alle diverse sensibilità presenti nel Consiglio e di molte donne della città», come si legge nella convocazione d’urgenza dell’assemblea fatta protocollare da Cattaneo lunedì 4. AIED non ha firmato, hanno invece firmato CGIL, Iniziativa Femminista Europea e altre 4 sigle associazionistiche, per un totale di meno del 15% di quelle raccolte nell’assemblea del Consiglio. Nella stessa convocazione si fa presente che le «molte donne» sono quelle che hanno avanzato critiche: ovvero, un convegno deciso all’unanimità in più sessioni nell’arco di anno non sarebbe rappresentativo delle donne di Bergamo, mentre la protesta sconnessa e schiumante di un’associazione che nemmeno partecipa al Consiglio sì. La sera Non Una di Meno ha rincarato la dose con una mail, lamentando un’assenza di «disponibilità alla collaborazione con le realtà che sostengono i diritti delle donne», auto-conferendosi la qualifica, (nonostante sia esattamente la funzione del Consiglio del quale non fanno parte). La richiesta è diventata «che il seminario sia annullato» tout court, inviata organizzando una «campagna di pressione» attraverso il mailbombing verso Sindaco, Giunta e Consiglio, minacciando un «presidio di protesta» di fronte alla sede del convegno «per far sentire che la città di Bergamo non intende lasciare spazio a chi vuole limitare i diritti e l’autodeterminazione femminile». Condita con improbabili riferimenti di femminismo generico, come la condanna del ddL Pillon e l’affermazione del “diritto all’aborto”.

«A quale titolo un’associazione di non meglio precisate figuranti (il cui solo riferimento culturale sembra essere una serie TV), incapaci di leggere un testo di legge e ignare della realtà sociale di cui si occupano i servizi di aiuto alla vita, parla a nome ed in difesa delle donne? A quale titolo quest’associazione contesta al Consiglio Comunale il valore sociale dei servizi offerti dal CAV e richiede l’estromissione dal dibattito pubblico della presidente Anna Daini e del presidente FederVita Lombardia Paolo Picco?» Alle domande del Popolo della Famiglia non è giunta risposta. Puntuale invece l’assemblea del Consiglio delle Donne si è svolta mercoledì sera sulla falsariga del precedente, con due notevoli differenze: c’è stato chi ha preso la parola dal Consiglio in favore del CAV e le figuranti non potevano intervenire. Ciò non ha impedito loro di esercitare tutto l’attaccamento alla democrazia di cui sono capaci nel provare a subissare Daini con vociare di protesta, ma di fronte al rischio di venir cacciate dalla sala si sono dovute limitare al mormorio. Mormorio continuato anche quando il voto ha sancito il depennamento di Paolo Picco dal parco relatori, mentre le consigliere in stato confusionale - Magni, che la settimana prima aveva difeso il seminario, ha votato per il depennamento, Luisa Carminati (vicepresidente, Infanzia & Città), che ha firmato per convocare l’assemblea, ha votato contro – si arrangiavano in dichiarazioni di circostanza sulla ricchezza della pluralità (negata). Daini ha tenuto fede alla sua promessa, confermando l’uscita del CAV. Al Corriere dichiara «Non ha senso rimanere. C’è stata arroganza e prepotenza, questa è stata la mia ultima seduto nel Consiglio, dopo 23 anni di lavoro. Una scelta di questo tipo è un’offesa». Solo all’annuncio di Daini le figuranti si sono concesse cori di gioia e non solo. Uscendo dalle fila del pubblico dalla sala consiliare, la presidente del Movimento per la Vita di Bergamo Flavia di Caterina si è sentita rivolgere una frase eloquente «La faremo sparire».

Nella loro spudorata esaltazione, le analfabete giuridiche non solo non si rendono conto del peso e delle ripercussioni delle proprie azioni, ironicamente disegnano anche la perfetta rappresentazione della loro concezione. Possono realizzarsi solo nella misura in cui eliminano ciò che dà loro disturbo. Poco importa allora se si tratta di un embrione alla 7 settimana, un feto alla 24esima, un bambino già nato (come circa la metà di quelli che le madri portano al CAV di Bergamo per chiederne l’aiuto), o il dirigente di un’associazione pro-life. Ciò che conta è farli sparire. Non importa cosa dice il testo della 194, ciò che conta è affermare un diritto inesistente, renderlo la sola alternativa praticabile, fino a trasformarlo in dovere. Obbligare ad abortire per privazione di alternative, per censura di chi le offre. Non importa che il convegno riguardi la natalità, ciò che conta è affermare l’intangibilità dell’aborto. E il nesso? Esiste solo se si ammette che si considera l’aborto uno strumento di controllo delle nascite, ovvero ciò che precisamente la 194 esclude fin dal primo articolo.

A Bergamo si è consumato un vergognoso assalto totalitario, in cui un gruppo di pressione ha disposto a proprio piacimento di un organo del Consiglio Comunale, con la connivenza dell’amministrazione Gori, che non si è fatta problemi ad accettare la proposta di sostituzione di Paolo Picco con l’assessore alla Coesione Sociale Maria Carolina Marchesi. Tutti gli organi di rappresentanza del Comune di Bergamo si sono piegati alle pretese di un gruppo di utenti di Netflix che non riveste alcun ruolo e il massimo che può vantare è il contatore di likers su Facebook. Per la Giunta Gori è un altro passo verso la ricandidatura, dopo l’adesione alla campagna mistificatoria “Aborto sicuro in Lombardia”, ma anche l’opposizione del Consiglio Comunale ha fatto pesare il suo silenzio. E lo scopo del Consiglio delle Donne come può reggere? Oggi han dimostrato che una settimana di protesta da parte di un soggetto privo di consenso è sufficiente a cancellare il lavoro di un anno: come si può sostenere che un organo così facilmente influenzabile, un organo che ha dato una prova di totale sudditanza, assolva ai propri doveri di rappresentanza elettorale? L’esito ha destato la stampa locale, in gran parte d’ispirazione cattolica, ma i resoconti non intravedono nemmeno la gravità del fatto.

Non Una di Meno peraltro non si accontenta di aver fatto cancellare i relatori non graditi «Saremo presenti per vigilare su quello che verrà detto e per continuare a difendere l’autodeterminazione delle donne. Ci aspettiamo poi coerenza dal CAV, cioè, che si sfili dal seminario, così come ha annunciato». Al nemmeno troppo vago sentore di minaccia, perché dal CAV nemmeno azzardino a farsi vedere in via Tasso, risponde di nuovo Il Popolo della Famiglia, convocando una conferenza stampa all’esterno della sala durante il seminario, per ribadire che non saranno tollerati ulteriori soprusi contro chi tutti i giorni si dedica alla cura delle donne, delle madri e dei loro figli e che mai come oggi è necessario cambiare rotta nel capoluogo orobico. «Faremo di Bergamo una Città per la Vita, sforzo cui auspichiamo tutte le realtà pro-life vorranno dare il loro apporto», invitandole a partecipare alla conferenza sabato mattina e ricordando la vocazione del movimento «Ci presenteremo alle elezioni comunali di Bergamo, nel cui programma l’inno alla vita sarà dominante, un programma denso di proposte strutturali che facilitino il lavoro di enti come i CAV e i loro progetti in aiuto alle donne, sull’esempio virtuoso della città di Verona e ben oltre» ha annunciato il referente provinciale Massimo dal Passo «D’altronde già siamo operativi da 2 mesi nella raccolta firme nazionale per il Reddito di Maternità, una proposta di legge d’iniziativa popolare in sostegno alla natalità, che ha come effetto anche il contrasto all’aborto, tramite una fonte reddituale per le madri che difatti assume la funzione di sgravio verso i servizi di aiuto alla vita di notevoli carichi finanziari e di potenziamento del sostegno economico (vale 4 volte il salvifico Progetto Gemma), permettendo così ai Centri di concentrare le risorse agli altri settori d’assistenza e a molte più richiedenti. Oggi si può firmare presso oltre 200 comuni della bergamasca, sia per il Reddito di Maternità che per le Elezioni Europee. Il nostro impegno, dalle realtà comunali fino all’ambito comunitario, sarà teso ad istituzionalizzare questi servizi fondamentali che salvano ogni anno migliaia e migliaia di bambini e le loro madri dal dramma dell’aborto».

Anna Daini d’altronde non intende cedere, il suo ritiro dal seminario è una manifestazione di libertà, nella consapevolezza di da dove provenga la propria forza «Non accetto imposizioni da loro, non ci facciamo influenzare né spaventare» ci assicura «Dal convegno non solo mi sfilo, ma invito tutti, relatori in primis, a boicottare il seminario, non si può accettare un’imposizione del genere» E aggiunge Di Caterina «Noi il Convegno lo faremo, lo faremo per conto nostro, a Bergamo, coinvolgendo tutto il Movimento per la Vita e i soggetti pro-life». C’è da scommettere che il nazionale non mancherà di sostenere l’iniziativa, dopo le dichiarazioni della presidente Casini Bandini ad Avvenire «le rabbiose manifestazioni di Non una di meno sono i colpi di coda di una cultura arroccata sul passato e che non tiene conto della vera libertà della donna».

«Parlano di ideologia?» continua Daini «Il mio ideale è aiutare le persone e soprattutto aiutare le donne in difficoltà. Noi solo vediamo i drammi che le mamme attraversano qui, non lo sappiamo, loro non sanno cosa vuol dire, ma non sanno cosa vuol dire guardare in volto una donna che è disperata perché non vuole abbandonare il suo bambino». Ai CAV lo sanno invece, l’hanno imparato bene grazie ai più di 200mila bambini che grazie al loro aiuto in 40 anni le madri non hanno abbandonato.

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08/02/2019
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