Società

di Davide Vairani

La distrazione di fondo che ci porta all’eutanasia

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Quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede?”. Cosa altro puoi rispondere se non “sì, è giusto”?

Ti squilla il cellulare e dall’altra parte il solito operatore telefonico a romperti mentre stai andando al lavoro oppure stai per farti la doccia. Per qualche dannato motivo rispondi. No, è un sondaggista che ti fa un sacco di domande e vuole le tue risposte secche, sì o no. Ti mordi la lingua per avere risposto al maledetto cellulare. Mentre ti sta per venire addosso un’automobile viri di colpo il volante e intanto rispondi “sì, sì va bene” a quell’interrogativo. Ti suonano alla porta di casa. Stai cucinando per la cena, pianti lì tutto e vai a vedere chi è dallo spioncino. “Buongiorno, signora. Le andrebbe di rispondere ad semplice questionario semi-strutturato? È importante per noi la sua opinione, lo sa?”. Ti mostra un bel tesserino e tu non sai ancora adesso il perché, ma lo fai entrare e mentre lui ti segue con la frase “non si preoccupi, le rubiamo solo pochi minuti” tu hai in testa l’arrosto in cucina. Ci vorrà ancora un’oretta e allora ti siedi per riposarti. Intanto lui estrae dalla valigetta professionale il suo questionario, ti spiega chi sono, perché lo fanno e ti illustra le modalità con le quali dovrà seguire attentamente le domande e apporre le personali risposte e tu lo ascolti e le parole galleggiano molli nelle orecchie. Procedi con la tua biro e cominci con una x qui, una là, su un sì e un no leggiucchiando sommariamente i termini scritti, si sa mai che mi facciano firmare per l’acquisto di una fantastica enciclopedia alla modica cifra di 6mila euro (a comodissime 600 rate). Ti suona il timer dell’arrosto. In fretta finisci le ultime pagine, consegni il tutto e frettolosamente inviti caldamente il professionale operatore sondaggista a prendere la via di uscita accomiatandolo con un bel sorriso e la preoccupazione che l’arrosto non bruci.

Qualche mese dopo. È sera e sei seduto sul divano di casa dopo il lavoro. Fai due chiacchiere con tua moglie e intanto giochi con il cellulare. Ti imbatti in due titoloni. Il primo: “Eutanasia, sì deciso. Suicidio assistito, favorevoli 4 su 10”. Il secondo: “Eutanasia: a Nord Est il 77% dice sì”. Intanto tua moglie sta facendo zapping, perché il Festival no dai non mi va e in sottofondo riconosci la voce a mitraglietta di Mentana con lo speciale “Bersaglio mobile: Eluana, una storia italiana”. Al tiggi di non so quale rete privata ti arriva ancora quella parola “eutanasia” in mezzo a “dolce morte” e “dignità”, mentre uno giovane con i capelli un arruffati spiega al microfono “Questo atteggiamento favorevole alla legalizzazione della eutanasia riguarda l’intera popolazione italiana – dichiara Marco Cappato, leader dell’Associazione Luca Coscioni –: lo dimostra l’Eurispes nel suo ‘Rapporto Italia 2019’ e anche la recente indagine dello Osservatorio sul Nord Est, curato da Demos per ‘Il Gazzettino’, secondo cui anche nelle zone del Paese in cui è più forte l’elettorato leghista il 62% degli intervistati si dichiara ‘moltissimo o molto d’accordo’ con la legalizzazione della eutanasia se una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche”.

E mentre quello parla alla tivù cominci a realizzare che anche tu sei favorevole all’eutanasia perché a quelle domande - di cui non ti ricordi quasi nulla perché eri in auto intento a schivare un possibile tamponamento e perché in testa avevi la cena da preparare e l’arrosto che rischiava di bruciare -, a quelle domande ha risposto: “sì è giusto”. “Il dato – continua Cappato – arriva proprio nel momento in cui il Parlamento inizia l’esame della proposta di legge di iniziativa popolare da noi presentata nel settembre del 2013. Le 76mila firme di allora sono quasi raddoppiate. Ora son 130.000 i cittadini/elettori che chiedono una legge. Ora finalmente l’inizio dei lavori dopo oltre cinque anni di silenzio, malgrado le ripetute sollecitazioni del Presidente Napolitano, dell’Intergruppo Eutanasia costituito per nostra iniziativa, dei congiunti dei 1.000 malati che ogni anno sono costretti, per l’impossibilità di ricorrere alla “dolce morte”, a cercare nel suicidio la loro “uscita di sicurezza” da sofferenze fisiche e psichiche intollerabili. Il Parlamento, come chiesto con forza dalla Consulta, ha tempo fino il 24 settembre per colmare il vuoto di tutele incostituzionale”. E più ascolti la tivvù e più ti convinci che hai risposto bene, insomma, è giusto. La pensano tutti allo stesso modo e allora sarà davvero giusto, no? Anche perché certo bisogna esserci dentro per capire cosa significa, certo, ma santo cielo non si può mica soffrire tutta la vita a questo modo, no? Certo. Poi va bhè anche la scienza lo dice, con tutti gli esami che ti dicono che non c’è più niente da fare, che non fai più niente e che non parli e non ti muovi, che è finita. Che vita è, in fondo? Intanto tua moglie ha smesso di fare zapping e non te ne sei manco accorto perché tua figlia reclamava a gran voce un aiuto nei compiti. Guardi l’orologio. Caspita come è tardi! Chiudi il cellulare, un bacio alla moglie, un “te l’avevo detto di farli subito i compiti e di non ridurti a quest’ora, che tua mamma ha tante cose da fare”, direzione camera da letto. Ti cambi velocemente. Denti lavati, la doccia la faccio domani mattina, anche se devo alzarmi presto. Sotto le coperte si sta bene. Accendi distratto la tivvù mentre aspetti che arrivi anche tua moglie. Poi non ricordi più niente, se non in sottofondo la mitraglietta di Mentana. Eluana Englaro, la ragazza di Lecco morta dopo 17 anni di coma vegetativo il 9 febbraio del 2009, in seguito all’interruzione dell’alimentazione artificiale, chiesta dal papà Beppino Englaro, “un uomo con una grande dignità”. La morte di Eluana divenne un caso politico, divise l’Italia. “Bersaglio mobile: Eluana, una storia italiana”. Click.

“Eutanasia, sì deciso. Suicidio assistito, favorevoli 4 su 10”. È il titolo che usa l’Eurispes per presentare nei giorni scorsi alla stampa il 31° “Rapporto Italia 2019”: “L’orientamento espresso sull’eutanasia è in larga maggioranza positivo: il 73,4% del campione si dichiara infatti favorevole, un dato in forte ascesa rispetto agli anni passati, quando il 55,2% (2015) e il 59,9% (2016) degli italiani esprimevano la medesima opinione”, prosegue il prestigioso Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali fondato e presieduto da Gian Maria Fara, ente privato che opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale, dal 1982.

“Nordestini sempre più schierati a favore dell’eutanasia: questa sembra essere l’indicazione principale che emerge dai dati pubblicati oggi dall’interno dell’Osservatorio sul Nord Est del Gazzettino – commenta Natascia Porcellato, collaboratrice di “Demos” che ha curato la parte metodologica, organizzativa e l’analisi dei dati pubblicati da Il Gazzettino il 30 gennaio scorso -. Secondo le elaborazioni di Demos, infatti, il 77% dei rispondenti si è dichiarato moltissimo o molto d’accordo con l’affermazione ‘Quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede’. Guardando alla serie storica, possiamo vedere come nel tempo sia costantemente cresciuto il favore verso la ‘dolce morte’. Nel 2002, era il 56% a sostenere la libertà di scelta sul fine vita. Sei anni più tardi, il valore sale al 65% e cresce ulteriormente, raggiungendo il 69%, nel 2012. L’ultima rilevazione fissa il sostegno del Nord Est verso l’eutanasia al 77%: oltre un rispondente su quattro, dunque, ritiene che i malati abbiano il diritto di decidere sulla propria morte”.

Lo dicono i sondaggi, guarda che percentuali! Lo vogliono gli italiani, è giusto. Tanto poi quasi nessuno si prende il tempo per andare oltre e leggere per bene le domande fatte, il metodo utilizzato, il modo con il quale si mettono insieme le cose, le si rielaborano con un bel documento poderoso e si produce un comunicato stampa con dei bei titoli ad effetto.

Prendi “Eurispes” e vai avanti a leggere i numeri che vengono dopo. “Ma gli italiani precisano che vi si dovrebbe ricorrere (all’eutanasia -n.d.r.) solo in caso di coma irreversibile (77,5%) o di estrema sofferenza fisica (64,6%)”. Ancora. “Rispetto alla possibilità di ricorrere al suicidio assistito e quindi di avvalersi dell’ausilio di un medico per porre fine alla propria vita, gli italiani esprimono un atteggiamento in maggioranza di opposizione: è contrario il 60,6% (erano il 70% nel 2016). D’altra parte, la quota di chi si dichiara a favore aumenta rispetto al 2016 di circa il 10% (dal 29,9% all’attuale 39,4%)”.

C’è qualche refuso? Rileggetevi bene quanto sopra una seconda volta. Il 60,6% degli italiani si dice contrario al suicidio assistito. Ma come? Sono le stesse persone a dichiarare da una parte di essere favorevoli all’eutanasia e dall’altra di essere contrari al suicidio assistito? Non c’è nessuna differenza dal punto di vista etico tra le due pratiche: nella prima il medico procura attivamente la morte del paziente, nella seconda è il paziente che si procura la morte con l’aiuto del medico. Cambia la modalità attraverso cui la morte è procurata, ma non cambia la sostanza.

Perché dunque gli italiani dovrebbero essere favorevoli all’eutanasia e non al suicidio assistito? È la stessa domanda che si è posto Leone Grotti, direttore di “Tempi” in un efficace articolo dal titolo “’Eutanasia, 73% degli italiani a favore’? Colossale fake news di Eurispes e radicali”, 05 febbraio 2019.

“Per spiegare come mai così tanti italiani esprimano una simile opinione – scrive Grotti -, il rapporto Eurispes parla della ‘vicenda di Luana Englaro’ (sic!). Il doppio strafalcione dimostra la malafede di Eurispes: innanzitutto il ‘coma irreversibile’ è un modo ormai improprio per definire la ‘morte cerebrale’, che si verifica quando non si registrano più attività nell’encefalo. Le funzionalità cardiopolmonari sono ancora presenti nell’individuo, ma solo grazie all’ausilio della respirazione meccanica. Per quanto il dibattito e la letteratura scientifica sul tema siano ampi, oggi lo stato di morte cerebrale è considerato equivalente alla morte”.

Eluana Englaro non c’entra proprio nulla. “

Eurispes ha dunque chiesto agli italiani se sono favorevoli all’eutanasia quando il soggetto è morto – insiste a ragione il direttore di “Tempi”-. La domanda non ha alcun senso e se c’è una cosa che certifica il rapporto è semmai che il 77,5% degli italiani è contrario all’accanimento terapeutico, che è vietato dalla legge. L’eutanasia, insomma, non c’entra assolutamente niente. Oltretutto, Eluana Englaro non era in coma irreversibile ma in stato vegetativo, una condizione completamente diversa, visto che chi si ritrova in stato vegetativo ha funzioni ventilatorie e circolatorie, è sveglio e non ha bisogno di essere attaccato ad alcun macchinario”.

La stessa identica cosa fa “Demos” di Ilvo Diamanti, l’altro sondaggio che citavo.

“Sulla sedimentazione e la crescita di questo orientamento nell’opinione pubblica hanno probabilmente inciso le battaglie-simbolo a cui abbiamo assistito in questi anni – si legge -. Da Piergiorgio Welby a Giovanni Nuvoli; da Beppino Englaro, che lottava per sua figlia Eulana, a Dj Fabo: ognuno di loro ha lottato civilmente affinché la legislazione riconoscesse loro il diritto di morire con dignità, ma spesso sono dovuti andare all’estero per compiere le proprie volontà. E al Parlamento sono rimasti pochi mesi per intervenire sul tema e impedire che sia la Corte Costituzionale a definire una questione cruciale come questa. La scadenza è il prossimo settembre e si è imposta dopo l’autodenuncia di Marco Cappato e Mina Welby dell’Associazione Luca Coscioni al Tribunale di Massa per aver accompagnato Davide Trentini a morire in una clinica in Svizzera”.

Per poi aggiungere: “L’inerzia della politica, però, non sembra essersi dissolta e appare ormai quasi in contrasto con il sentimento dominante, e il sostegno all’eutanasia, oltre che molto ampio, appare anche trasversale. Consideriamo la pratica religiosa, il fattore che più di altri dovrebbe dividere data la chiusura della Chiesa di fronte all’ipotesi del suicidio assistito. L’appoggio alla ’dolce morte’ raggiunge la quasi totalità tra coloro che non sono praticanti (94%), si mantiene su percentuali altissime tra quanti frequentano la 6 Messa saltuariamente (84%), ma rimane maggioritario anche tra chi è assiduamente presente ai riti religiosi (51%). L’inattività dei partiti, infine, appare quasi in contrasto anche con gli stessi orientamenti espressi dai propri elettori: tutti, indistintamente, si schierano per il diritto alla scelta del malato. Dai sostenitori del M5s (87%) a quelli del Pd (81%); dagli elettori della Lega (76%) a quelli di Forza Italia (75%); da chi guarda ai partiti minori (83%) a quanti si rifugiano nell’area dell’incertezza e della reticenza (72%): un favore tanto ampio e diffuso da rendere esplicito il disallineamento tra rappresentanti e rappresentati sul diritto alla ‘dolce morte’.

Tutta questa narrazione e citazione di numeri quali espressione della volontà dei cittadini del Nord-Est si fonda sulle risposte fornite ad un sondaggio con un’unica domanda: “Ora le illustrerò alcune opinioni su temi molto attuali. Mi può dire quanto si sente d’accordo con esse? “Quando una persona ha una malattia incurabile, e vive con gravi sofferenze fisiche, è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede?”. Come potresti rispondere “no, non sono d’accordo” ad una domanda posta così? Si noti il metodo utilizzato per il campionamento.

“Il sondaggio è stato condotto nei giorni 5-7 novembre 2018 e le interviste sono state realizzate con tecnica CATI, CAMI, CAWI e river sampling su social media da Demetra. Il campione, di 1005 persone (rifiuti/sostituzioni: 5695), è statisticamente rappresentativo della popolazione con 15 anni e più residente in Veneto, in FriuliVenezia Giulia e nella Provincia di Trento, per area geografica, sesso e fasce d’età (margine massimo di errore 3.1% con CAWI) ed è stato ponderato in base alle variabili socio-demografiche. I dati fino al 2007 fanno riferimento solamente al Veneto e al Friuli-Venezia Giulia. I dati sono arrotondati all’unità e questo può portare ad avere un totale diverso da 100”. Traducendo quegli acronimi inglese, significa un sondaggio telefonico. Tutto regolare, intendiamoci. Una metodologia corretta, una delle tante che si usano in molte indagini socio-demografiche, esattamente come l’utilizzo di un questionario semi-strutturato somministrato face to face utilizzato da Eurispes. Il problema non è la metodologia utilizzata dai sondaggi (anche se forse ce ne sono troppi e la gente non so con quanta consapevolezza fornisce le risposte), ma la correttezza con la quale le domande vengono formulate e poste.

C’è troppa confusione, partigianeria, ideologia e poca attenzione alla realtà. Tutto viene messo in un minestrone che non sa di nulla. Cosa vuol dire - ad esempio – la frase “gli italiani sono poi favorevoli all’eutanasia anche quando la persona è in stato di ‘estrema sofferenza fisica’” (Eurispes)? .

Formulazione vaga: “impossibile capire che cosa intendano gli italiani, essendosi già dichiarati contrari alla ‘buona morte’ anche in presenza di malattia inguaribile che condurrà al decesso e perdita di autonomia. Inoltre, la domanda sulla sofferenza fisica non è contemperata da un’altra domanda più che necessaria: se cioè gli italiani siano d’accordo all’eutanasia anche quando siano disponibili le cure palliative per alleviare il dolore. Oggi infatti tutta la medicina lavora sulla palliazione del dolore per migliorare la qualità della vita dei malati”, come correttamente scrive sempre Leone Grotti.

La prima cosa che ho imparato da don Luigi Giussani è racchiusa in una frase: il metodo è dettato dall’oggetto che vuoi indagare. Mai il contrario. Se fai il contrario, menti. Menti a te stesso e poi agli altri. Se hai un briciolo di lealtà ed onestà verso di te e il tuo Destino, di fronte alla realtà non formuli delle congetture pregiudiziali per poi andare a cercare nella realtà solo quegli aspetti che conditi insieme possono in qualche modo giustificare le tue congetture. Non era il catechismo, ma un metodo di educazione alla ragione quello che ho imparato da don Giussani. E che oggi vale forse ancora più di ieri.

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08/02/2019
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