Politica

di Rachele Sagramoso

La scelta di essere mamma

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La storia è questa: il Ministro Grillo promuove un convegno per l’8 marzo e 100 donne medico gli scrivono che non è corretto far parlare di fertilità solo agli uomini, la maggioranza dei quali relatori a La scelta di essere mamma, organizzato dalla Fondazione PMA Italia. Questo tratterà essenzialmente, come si evince dall’organizzatore, di “preservazione della fertilità, accesso alla PMA, denatalità in Italia, donazione di gameti, fertilità nella paziente oncologica e ruolo delle associazioni di pazienti”. Il programma ha infatti solo cinque donne sul totale di sedici relatori, ad esclusione della padrona di casa, l’Onorevole Giulia Grillo, e questo ha mosso numerose critiche. La lettera possiede toni educati, ma sottolinea che sono diverse le donne medico che si trovano a seguire le coppie che affrontano la PMA e che gli uomini, “prima di condividere la scelta di essere mamma, dovrebbero acquisire la sensibilità che caratterizza proprio le donne” dice la lettera, e conclude “ancora una volta, sembra che gli uomini siano gli unici in grado d’indicare le scelte che dovrebbero maggiormente appartenere alle donne” (come se la scelta di avere figli dipendesse solo dalla donna e non dall’uomo). Partiamo con un presupposto chiaro: ho amiche e pazienti che hanno portato avanti il percorso di PMA. Sono donne che hanno sofferto e nemmeno una, nessuna di loro, ha trovato nessuna differenza tra medico donna e medico uomo. Mai mi è stato detto che la donna medico sia in possesso di particolare delicatezza, né sensibilità. Anzi, da alcuni racconti, ciò che risulta è che, aspettandosi empatia dal medico donna più che dall’uomo, la delusione sia ancora più cocente quando è la dottoressa che, dopo l’ennesimo ciclo di ormoni (quelli che fanno male, quelli che mettono in pericolo la coppia, quelli che si sa che avranno conseguenze) e di impianto in utero non proseguito, con conseguente raschiamento, chiede alla coppia se è certa di voler proseguire il procedimento perché avere figli -lei ne ha tre - non è tutto questo granché. Certo, pure i medici uomini hanno le loro pecche, tra le quali troviamo il fatto di giudicare l’interruzione spontanea di gravidanza una sconfitta personale, una mancata medaglia da appuntarsi sul petto. La realtà dei fatti è che l’insensibilità appartiene a entrambi i sessi almeno quanto la sensibilità, e il mondo della Medicina non è esente da tale situazione. E basta recarsi in tutti gli ospedali, per provare la mia tesi. Non sono una sostenitrice della PMA perché sono moltissimi i rischi e le conseguenze negative sia sulla coppia, sia sulla donna, sia - ovviamente -sugli embrioni, sia sui bambini, ma accolgo con serenità chi opta per tale scelta, poiché io non mi posso permettere mai di giudicare la persona che prende tale strada, ma solo la strada stessa. Voglio bene a ogni mia paziente/amica in egual modo e, ovviamente, ai loro bambini, verso i quali - un po’ perché sono mamma numerosa, un po’ per professione - provo enorme affetto. Ma il punto non è questo. Il punto è la medicalizzazione della fertilità, la delega al Medico che viene investito della potenza massima di gestire l’apparato genitale femminile. Non a caso io sono figlia di una donna che mi ha allevato dicendo “l’utero è tuo, hai il diritto di gestirtelo tu”, ma poi - cambiato marito - si è precipitata dal dottor Flamigni, uno dei padri della PMA in Italia. Chiedo scusa per la minuziosità, ma se l’utero è della donna, perché le donne hanno delegato all’uomo la gestione di quanto di più importante possiedono? Gregory Pincus (pillola) era un uomo, Robert Edwards (PMA), Patrick Steptoe (PMA), Julius From (preservativo), tutti uomini. Quindi, tornando al convegno sulla fertilità, non trovo granché strano che siano uomini, i medici che sono stati invitati. E non mi si dica che di donne scienziate non ne esistono poiché obbligate al focolare, perché Marie Curie e Irène Joliot-Curie, Rita Levi Montalcini, Rosalind Franklin, Dorothy Crawfoot Hodgkin, Francoise Barré-Sinoussi, sono tutte donne (alcune anche madri). Le donne, all’interno del mondo della fertilità, esistono, ma alcune si distinguono non certo per grande spirito femminile, o meglio, fanno parte di tutte quelle donne che credono di sostenere le donne attraverso la promozione dell’aborto volontario (che, per inciso, uccide anche le donne nel grembo materno, quindi non è certo campanilismo femminista): parliamo di Faye Alyce Wattleton o Margaret Louise Higgins Sanger, ‘mamme’ di Plannet Parenthood, ente non proprio sano e a favore della salute pubblica. Per contro noi possediamo Flora Gualdani e Paola Bonzi (e tantissime altre volontarie e ostetriche che si muovono nel silenzio e nel nascondimento), che difendono la vita del bambino sapendo che la donna che riesce a non abortire, poi ringrazierà dell’essere divenuta madre.Torniamo però a noi. Torniamo al convegno sulla fertilità.Innanzi tutto trovo un po’ ipocrita parlare di fertilità in un convegno organizzato per promuovere la PMA che tutto è, fuorché spontanea, vivace, fisiologica, suggestiva, emozionante, magica e naturale fertilità. Sì perché la PMA non è né spontanea, né vivace, né tantomeno fisiologica, né particolarmente suggestiva, né tantomeno emozionante, forse vagamente magica (possiamo definire “mago” un biologo?) e ovviamente assolutamente non naturale. La PMA è una strada impervia che lascia morti e feriti sul proprio sentiero. È una serie di procedimenti che mirano a far entrare prepotentemente, nel privato talamo nuziale, una serie di terze persone che vengono delegate a correggere una situazione patologica. È un sentiero infestato di rovi che non porta sempre alla nascita di un bambino. Bambino che potrebbe nascere, ma ammalarsi e soffrire, a causa dell’essere stato progettato e creato in provetta. Bambino che rimane nel suo stadio embrionale per poi finire spesso nel dimenticatoio.Quindi la luminosa e illuminata visione è spengibile facilmente. Dirigiamoci di nuovo, a questo punto, ai contenuti del convegno in questione e proviamo a capirci meglio. “Preservazione della fertilità”, leggiamo nel programma. Orbene, sulla pagina del Ministero della Salute concernente proprio la fertilità, si elenca il fattore età come fondamentale (cfr Età e fertilità sul sito del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it). Sappiamo infatti che la ridotta riserva ovarica permette alla donna di avere un picco fertile tra i 20 e i 30 anni e, non a caso, la media delle donne che si rivolgono alla PMA è di 36,8 anni (il 13,1% delle donne si rivolge alla PMA proprio per ridotta riserva ovarica). Chiediamoci però il motivo per il quale la donna perde la propria fertilità ad esclusione del numero di ovociti: una cospicua causa ce l’hanno le infezioni sessualmente trasmissibili (IST) che sono spesso asintomatiche e possono comportare gravi sequele e complicanze in caso di mancata o errata diagnosi e terapia, quali: sterilità, gravidanza ectopica (la cosiddetta extrauterina), parto pre-termine, aborto, danni al feto e al neonato, tumori (cfr Infezioni sessualmente trasmesse sul sito del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it). La donna in giovane età ha meno possibilità di contrarre IST e, soprattutto, ha la possibilità di guarire da quelle infezioni che possono, se non trattate, causare tutta una serie di conseguenze anche sulla fertilità (oltre che sulla salute in generale). Inoltre, se ci concentriamo sulle patologie congenite che una donna può presentare, è ovvio che la scoperta di esserne affetta in un’età giovanile (entro i 25-30 anni al massimo) dà una maggior possibilità di guarigione (un corpo più maturo guarisce con più lentezza, oppure non guarisce proprio): per esempio nella “Sindrome dell’Ovaio Policistico” (PCOS: dovrebbe essere diagnosticata addirittura dal pediatra per poter essere tenuta sotto controllo e ciò sta a significare che una PCOS trascurata potrà solo peggiorare) e nell’Endometriosi (che ha la sua massima incidenza tra i 30 e i 40 anni: sembra che siano più predisposte all’endometriosi le donne nullipare -ovvero quelle che non hanno avuto parti- e quelle che non hanno avuto gravidanze e parti prima dei 30 anni), il fatto che avvenga una diagnosi precoce, può influenzare positivamente la risoluzione di una potenziale infertilità. Anche per ciò che riguarda il contagio sessuale con HPV (Virus del Papilloma Umano: http://www.epicentro.iss.it/hpv/ ), leggiamo che «si tratta di un’infezione che normalmente scompare entro i due anni dal contagio (nel 60-90% dei casi), e che la persistenza dell’infezione virale è invece la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma: il fumo di sigaretta, l’uso di contraccettivi orali (pillola), l’elevato numero di parti, la presenza di altre malattie sessualmente trasmesse sono co-fattori nella carcinogenesi cervicale favorendo la progressione da infezione a lesioni pre-neoplastiche. In caso di infezione persistente, il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni (20-40 anni)». Anche in questo caso la trasmissione delle IST è chiaramente inclusa tra le concause che portano l’HPV a peggiorare drasticamente: l’età della donna e la durata temporale del perdurare dell’infezione, sono fattori direttamente proporzionali,se li guardiamo nell’ottica dell’infertilità. Inoltre, dobbiamo aggiungere, l’infertilità non possiede una motivazione unica: se dovessimo andare a osservare con attenzione le origini per le quali un corpo femminile non rimane gravido (ad esclusione delle cause prettamente maschili), scopriremmo che le concause sono diverse e, spesso, diagnosticabili – e spesso curabili – sin dalla giovane età: ecco per quale motivo l’età è un fattore determinante per la fertilità femminile.Non è a caso che chi conosce i metodi di regolazione naturale della fertilità (nello specifico sto parlando il Metodo Billings e il suo “cugino” più recente, il Creighton-Model) sa perfettamente che l’infertilità ha delle concause da non ricercare solo all’altezza dei genitali, ma più a livello sistemico: la Naprotecnologia si basa, per l’appunto, su questa teoria, e la coppia non viene curata agendo in modo artificiale sul concepimento provocandolo esternamente, ma solo, eventualmente, sullo specifico problema (se è endocrino, sugli ormoni, per esempio). Se una donna non rimane gravida, presenta delle patologie, quindi può essere malata. Infatti è indispensabile che una bambina conosca il proprio ciclo, poiché prima si conoscono alcune problematiche (come l’Endometriosi o la PCOS), meglio è anche per la sua salute generale, oltre che genitale. Circa la fertilità, è sempre il Ministero che c’informa che, all’interno di un un’indagine rivolta a professionisti della salute sessuale e riproduttiva (cfr Salute riproduttiva, i primi risultati del progetto “Studio nazionale fertilità” sul sito del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it) , «è generalizzato un infondato ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste, inoltre, la tendenza a consigliare la PMA a pazienti in cui è evidentemente inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie. Questo dovrebbe avere un peso molto forte nella promozione della PMA che, infatti, sul sito del Ministero della Salute, è presentata in modo molto più realistico di quella che diversi centri e moltissimi professionisti, millantano: «L’aumento dell’età materna registrato negli ultimi anni, quindi, è in parte responsabile di un aumento del rischio di infertilità e di minore probabilità di portare a termine una gravidanza, tra cui: aborti spontanei e morti fetali endouterine, gravidanze ectopiche, parti pre-termine e patologie genetiche come la trisomia 21. I numerosi progressi in ambito medico, grazie anche alle tecniche di procreazione medicalmente assistita oggi disponibili, possono facilitare e risolvere alcuni fattori meccanici e non, di sterilità, ma non possono modificare la diminuzione della quantità e qualità degli ovociti correlato biologicamente all’età femminile». Piuttosto eloquente come spiegazione. Non a caso, i risultati presentati nella Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 40/2004, oltre che riservare una parte alla diffusione delle IST (sintomo del fatto che si conosce con consapevolezza una delle cause dell’infertilità) riportano che su 53.906 cicli iniziati (PMA omologa), l’11,5% si conclude con un parto in cui nasce vivo almeno un bambino (sono invece l’11,2% le gravidanze di cui non si conosce l’esito e che si sono perse nel conteggio finale: molte persone spesso rinunciano): quindi solo 6.179 sono i parti nei quali la coppia ha un “bimbo in braccio”. Inoltre «all’aumentare dell’età il rapporto tra gravidanze ottenute e cicli iniziati subisce una progressiva flessione, mentre il rischio che la gravidanza ottenuta non esiti in un parto aumenta. I tassi di successo diminuiscono linearmente dal 23,9% per le pazienti con meno di 35 anni al 4,5% per quelle con più di 43 anni». «Appare evidente come il rischio che una volta ottenuta la gravidanza, questa non esiti in un parto, è direttamente proporzionale all’età della paziente», come lo è il rischio di ottenere una gravidanza gemellare. Circa PMA eterologa (quella in cui sono coinvolti gameti esterni alla coppia, altro argomento trattato dal convegno in questione), è importante ricordare il fatto che viene scelta nel 41,5% dei casi da donne con insufficienza ovarica che già hanno provato ad avere una gravidanza con PMA omologa, nel 31,4% da donne in età avanzata e nel 15,8% da donne con ovociti ed embrioni “di bassa qualità”. C’è da sottolineare il fatto che da 5.533 cicli di PMA eterologa «sono stati 1.146 parti ottenuti con tutte le tecniche di donazione dei gameti e sono nati vivi 1.338 bambini, di cui 39 nati da una doppia donazione con seme ed ovociti crioconservati. I bambini nati morti sono stati solo 9 (0,7% delle nascite) e sono avvenuti 4 casi di morti neonatali, cioè bambini nati vivi e poi morti entro il 28° giorno. Dei 1.338 bambini nati vivi, in 6 sono state diagnosticate delle malformazioni, mentre 329 sono stati i bambini sottopeso alla nascita e 329 quelli nati pretermine». Io non lo definirei un frangente roseo.L’argomento seguente è la “preservazione della fertilità” e purtroppo la situazione è drammatica. Questo non tanto a causa del convegno del quale stiamo parlando, ma della oscura mentalità che vede la fertilità non tanto come un dono, quanto una condanna. Basta redigere la parola “gravidanza” e immediatamente si viene aggrediti da chi vede nella gravidanza una sorta di maledizione (oppure una possibilità di guadagno), nonostante il mondo della Medicina sappia bene quanto questa sia indiscutibilmente un segno di salute. È necessario, quindi, affermarlo con forza: ogni gravidanza che insorge, sta lì a ricordare quanto il corpo della donna sia concepito per …concepire.Come preservare, dunque, la fertilità? In realtà la soluzione è più semplice di ciò che si pensi. La consapevolezza femminile che viene trasmessa alle giovani donne, porta con sé, automaticamente, un istinto di cura della propria persona nella sua interezza (ricordiamo che siamo fatti di corpo, ma anche di mente e, per chi è un po’ più audace, di spirito) che non può che essere la reale prevenzione verso tutti i comportamenti errati che danneggiano la salute: l’alimentazione errata, l’uso scorretto di farmaci, l’abuso di sostanze psicotrope o droghe e la promiscuità sessuale, ovvero tutti quelli che ne danneggiano anche la fertilità (il cui “funzionamento” è, lo ricordiamo, segno di salute). Chi dice questo? Innanzi tutto il Ministero della Salute stesso nel depliant La fertilità è un bene comune. Prenditene cura, Consigli per mantenere in forma il tuo apparato riproduttivo. Poi abbiamo anche alcuni studi scientifici tra i quali citiamo: Ovulazione, un segno di salute (Pilar Vigil, Carolina Lyon, Betsi Flores, Hernán Rioseco, e Felipe Serrano, Linacre Q 2017 Nov, PMC5730019) e L’importanza della consapevolezza della fertilità nella valutazione della salute di una donna (Pilar Vigil, Leonard F. Blackwell e Manuel E. Cortés, Linacre Q 2012 nov, PMC6027096). In realtà, per preservare la fertilità, sarebbe necessario implementare il concetto di Fertility Awarenessche è un potente mezzo di emancipazione femminile. La Fertility Awereness rende la donna indipendente da qualsiasi tutoraggio o dominio da parte di comunità scientifiche, o deleghe alla figura medica, o anche solo al farmaco o dispositivo medico. Che questa competenza femminile sia fondamentale ma venga derisa, è un fatto che ha un consistente peso negativo sulla salute delle donne, poiché denota un’opinione - diffusa (purtroppo) in quella larga parte del mondo femminile che ha consegnato al medico la propria salute – che preme esclusivamente sul fatto che la donna debba assumere la pillola anticoncezionale e usare il preservativo (uniche indicazioni che vengono costantemente fornite alle ragazze in alcuni consultori). La Fertility Awereness è contrastata, infatti, per un solo motivo: bisogna fidarsi delle donne. Fiducia che manca in tutti gli ambiti della salute riproduttiva della donna: la fertilità, la gravidanza, il parto e l’allattamento. Come sappiamo che la fertilità sia uno spauracchio? Semplice: basta leggere alcuni termini che si trovano su documenti ufficiali come quelli dell’Istat (cfr La salute riproduttiva della donna, Istat, 2017), nei quali si commenta il ricorso al coito interrotto, usando questa frase: «nella coppia è molto più elevato il ricorso al coito interrotto o ad altri metodi naturali, comportamento che svela una certa apertura verso il rischio di una gravidanza». Le parole “apertura” e “rischio” accanto al termine “gravidanza” sono segno che i pregiudizi negativi verso la gravidanza stessa (ovvero il bambino) sono altissimi (e, considerato il calo demografico che stiamo vivendo da anni, pare che agiscano “bene” sulla mentalità delle nuove generazioni).Il problema, quindi, non è tanto il ricorso alla PMA che è il “salvavita” (piuttosto scarso, a giudicare dai numeri) di tante coppie che rimandano la costruzione di una famiglia per anni e poi si trovano a desiderarla quando la natura non lo prevederebbe, ma il fatto che la donna e l’uomo sono privati della libertà di formarsi una famiglia. Non a caso l’altro argomento del convegno in questione è la denatalità, la cui soluzione, a giudicare dagli organizzatori, non potrebbe essere altro che la PMA: soluzione piuttosto rischiosa a livello sanitario e sociale. Ebbene io non ci sto. Come donna, ostetrica e madre.Come ostetrica mi oppongo al fatto che alle adolescenti vengano proposte, in modo “protocollare”, la pillola anticoncezionale e il preservativo come armi di prevenzione verso le IST e la gravidanza “indesiderata”. Questo per i seguenti motivi: innanzi tutto l’efficacia di un metodo contraccettivo sta nel fatto che prevenga sia la diffusione di IST – ne parleremo più avanti -, sia le “gravidanze non desiderate”: tuttavia sono state 560.081 le confezioni di contraccettivi d’emergenza vendute nel 2017, segno che l’efficacia della mentalità preventiva della contraccezione, pare non funzionare granché (la parola “emergenza”, infatti, dovrebbe avere un significato chiaro, contrario al termine “ordinario”); inoltre perché la tanto osannata diffusione dei contraccettivi orali – rispetto ad altri paesi europei come Svezia, Inghilterra e Francia - «corrisponde tuttavia un altrettanto maggiore tasso di abortività» (cfr Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza - Legge 194/78 - dati definitivi 2016). Per ciò che attiene le IST, leggiamo: «Oggi le Malattie a Trasmissione Sessuale (MTS) costituiscono un vasto gruppo di malattie infettive molto diffuse e le cui cure assorbono ingenti risorse finanziarie. In Europa le MTS sono la manifestazione delle infezioni più diffuse dopo quelle respiratorie» (cfr La nuova epidemiologia delle Malattie a Trasmissione Sessuale – MTS - sul sito del Ministero della Salute) e infatti «le MST sono sempre più diffuse con il riemergere di patologie che sembravano scomparse, in primis la sifilide che in Italia è cresciuta di oltre il 400% dal 2000, ma anche la gonorrea che ha visto quasi raddoppiare i casi in Europa tra il 2008 al 2013. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno l’impatto di quattro MST, tra le più diffuse, corrisponde a 498,9 milioni di nuovi casi. Questo vuol dire che nel mondo oltre un milione e mezzo di persone ogni giorno si ammala per una di MST (cfr Aumentano in Italia malattie sessualmente trasmesse: sifilide +400%, Quotidiano Sanità, 23-10-2017)». Evidentemente anche sul fronte preventivo delle MST, i mezzi moderni non sono né sicuri, né efficaci. «Nei paesi occidentali, dalla fine degli anni settanta alla fine del secolo, si è assistito, da un lato ad un progressivo aumento dell’incidenza delle MTS provocate da virus (HPV, HSV di tipo 1 o di tipo 2 e HIV) e, dall’altro, ad una sostanziale diminuzione dell’incidenza delle MTS classiche a prevalente causa batterica (sifilide, gonorrea, linfogranuloma venereo, ulcera molle e granuloma inguinale)». Fino al 2000 le malattie batteriche avevano un contagio piuttosto basso, al contrario di quelle virali, poi «questo panorama si è bruscamente modificato subito dopo il 2000, quando, insieme al persistente aumento della diffusione delle MTS virali, si è verificato anche un drammatico aumento della circolazione delle MTS batteriche. Attualmente, malattie come la sifilide, la gonorrea e il linfogranuloma venereo, mostrano in Europa e in parte anche in Italia, un aumento improvviso della loro incidenza, soprattutto nelle grandi città metropolitane e a carico di popolazioni con un rischio di infezioni trasmesse sessualmente più elevato (omosessuali, minoranze etniche, migranti). […] Diversi studi hanno già mostrato come questo aumento della diffusione delle MTS si associ ad una maggiore circolazione dell’infezione da HIV». Come ad avvalorare questi dati, troviamo l’opinione di un altro esperto, David Paton, che ha dichiarato «Si vuole sostenere che garantire agli adolescenti un accesso riservato ai servizi di pianificazione familiare e aborto avrebbe avuto un impatto positivo sulla gravidanza adolescenziale e i tassi di aborto. Tuttavia, invece, si può dimostrare che la conseguente riduzione della percezione del rischio porta a un incremento dei comportamenti a rischio, e combinati con il fallimento contraccettivo, non fanno altro che aumentare il tasso di gravidanze adolescenziali (cfr Il prof. Paton: «i contraccettivi aumentano i comportamenti a rischio», Luca Pavani, UCCR, 2/04/2012 )». Su questo argomento e su un piano di risoluzione reale (che quindi escluda la distribuzione di preservativi gratis) io pretendo una risposta e una soluzione alternativa a tutti i problemi esposti, sia dalla Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica, sia dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, sia dal Ministero della Salute.

Come donna e nel completo rispetto delle altre donne, io pretendo la verità, dal Ministero della Salute: se le IST/MST si stanno diffondendo a macchia d’olio distruggendo la salute e il portafoglio di tutto il mondo, perché si continua a deliberare che preservativi e pillole anticoncezionali siano regalati ai giovani? Questo è l’unica arma che abbiamo a disposizione? Come mai viene da pensare che dietro a questa strada ci sia un accordo con le ditte farmaceutiche che producono pillole anticoncezionali e preservativi (pensiero che, invero, ha esternato mia figlia di diciassette anni che sa perfettamente come i suoi coetanei non-gestiscono il sesso)? Io pretendo che ragazzi e ragazze vengano informati di come realmente funziona il corpo (parlo di anatomia, fisiologia ed embriologia) e come preservarlo da infezioni e traumi (trauma è anche abortire) e come averne cura nella sua totalità. Non voglio che i miei soldi vengano usati per pagare gli stipendi di medici e operatori sanitari che forniscono informazioni reticenti ai giovani o che regalano medicinali per
curare la loro fisiologia. Sono allibita che in un documento ufficiale del Ministero della Salute si legga che «la separazione sempre più netta fra sessualità e procreazione aumenta il tempo che intercorre fra l’inizio della attività sessuale e la nascita del primo figlio: è questo un periodo in cui le gravidanze sono spesso indesiderate» e infatti «sia per le donne italiane che per le straniere, nelle ultime generazioni sono le ventenni a mostrare un ricorso più elevato all‘IVG» informazioni che ci fanno capire quanto le giovani generazioni non ricevano una formazione assolutamente corretta per prevenire la gravidanza. E continua «i tassi di abortività delle giovanissime (tra i 15 e i 20 anni) delle generazioni più recenti mostrano un andamento diverso rispetto a quello di altre fasce d’età: pur restando fra i valori più bassi dei Paesi occidentali, hanno avuto negli ultimi anni prima un aumento, seguito da una stabilizzazione e poi da una diminuzione, quest’ultima meno evidente nelle 15-16enni. Ciò potrebbe essere legato alla tendenza all’aumento nelle giovanissime del numero dei partner, che si ridimensiona con l’età,e all’inizio sempre più precoce dei rapporti sessuali». Tali dati, elencati come fossero banali, purtroppo significano che il valore della persona nella sua totalità non viene assolutamente preso in considerazione. Sta nel fatto che le giovanissime si trovino a scegliere di avere rapporti sessuali in età precoce. Sta il fatto che il numero dei partners sia alto. Tutti questi sono dati che ci fanno chiaramente intuire quanto modesta o insignificante sia l’autostima che le giovanissime donne ripongono in loro stesse. Ecco, come donna io non accetto più questo abominio nei confronti delle giovani generazioni. E mi piacerebbe una risposta anche qui, da parte del Ministero che non sia di promozione nei confronti della costosa PMA, ma sia concreta e rispettosa della femminilità. Come madre, infine, dico “Basta!”. Basta con le donne che aggrediscono le altre donne al ritmo di slogan di cinquant’anni fa. Basta con l’assurda moda di promuovere una realizzazione e una formazione che mirino a far perdere tempo prezioso alle giovani coppie. Basta con la deresponsabilizzazione sessuale maschile e femminile! Bisogna promuovere la genitorialità dei giovani, non degli – mi si perdoni il termine – attempati (dei quali anche io faccio parte per ciò che attiene gli ultimi due figli). I bambini hanno bisogno di genitori forti, svegli e in salute. Trovo agghiacciante che le donne tra i 18 e i 30 anni abortiscano, poiché questo sta a significare che pensano davvero ci sia altro, nella vita, ma non è così. È un’immensa falsità e questo ben lo sanno anche i medici, poiché le statistiche sono leggibili da ogni parte e gli studi sono inconfutabili. Ci sono ancora donne che mi scrivono che la cosa migliore che un padre può insegnare al proprio figlio, è l’uso del preservativo. A parte che un padre ha ben altro da insegnare a un figlio, ciò che mi sconvolge è che questo sia il massimo che si auspica del rapporto tra genitori e figli. Come madre ho il dovere di insegnare ai miei figli, di entrambi i sessi, che la famiglia è la cosa più importante che potrà mai capitare loro. Che è importante rispettarsi nella propria interezza ed è fondamentale avere anche cura del prossimo. Che il loro meraviglioso corpo va preservato al meglio e che loro sapranno qual è il modo migliore per farlo. E che, soprattutto, se ci sarà mai di mezzo un bambino, io avrò il diritto di proteggerlo e di preservare anche la sua, di salute. “Perché per fare un bambino, ci vuole un intero villaggio”: ogni bambino, specialmente quelli non programmati, ma giunti a noi. Insegno quotidianamente ai miei figli che possono spingersi in là, ma che a ogni azione corrisponde una reazione della quale sono chiamati a rispondere senza fuggire (per inciso: l’aborto è una fuga). Mi è stato chiesto se mi renderebbe contenta se ai miei figli capitasse una gravidanza “indesiderata” o una MST a causa della mia “fissazione” nei confronti dei metodi naturali. Allora chiedo a loro, ed entrambi (17 e 15 anni) forniscono una risposta chiara: «Tu ci hai fornito tutte le informazioni per diminuire drasticamente la possibilità che noi incorriamo nel rischio di sbagliare, ma qualsiasi cosa accadesse siamo in grado di assumerci la responsabilità delle nostre azioni anche perché tu non ci condanneresti né ci abbandoneresti».Ecco, la vostra soluzione a tutti i vostri problemi sulla denatalità:aiutare i giovani a crescere, dando loro fiducia (ossia libertà) e sostegno (ossia responsabilità). Grazie signori Medici del convegno sulla PMA, avete fatto abbastanza. Ma adesso si cambia registro.

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12/03/2019
0412/2023
S.Giovanni Damasceno

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