Politica

di Mario Adinolfi

Bibbiano non è un mistero italiano

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Ieri in prima serata su La7 il direttore Enrico Mentana ha mandato in onda uno dei suoi “speciali” sul caso Bibbiano definendolo un “mistero italiano”. L’approccio e la finalità dell’inchiesta giornalistica trasmessa televisivamente erano racchiuse nell’idea di mettere in dubbio la linearità dei fatti che, se studiati con occhio scevro da una dimensione ideologica, non possono che descrivere semplicemente la condizione di punta di un iceberg. Su questo giornale abbiamo affrontato il caso Bibbiano più volte, sempre mettendolo in connessione con fatti che da un quarto di secolo attraversano l’Italia quando di affronta il tema della sottrazione di minori ai propri genitori, accusati per arrivare a quella traumatica conclusione di un vario genere di “abusi”. Lo speciale di Mentana era animato da un particolare interesse a dimostrare che alcuni abusi sono effettivamente avvenuti da parte dei genitori e dunque gli allontanamenti dei minori a Bibbiano erano giustificati.

Duecento pagine di ordinanze dettagliate della magistratura raccontano tutto un altro quadro, che ricalca vicende simili che questo giornale ha sempre accomunato al caso Bibbiano. Nella scelta televisiva di Mentana sembra aver prevalso invece un tic ideologico derivato dalla sua formazione di socialista libertario, non lontano dal clima ideologico che dalla Val d’Enza voleva invadere altri territori proponendosi a modello nel rapporto tra assistenti sociali e genitori almeno apparentemente manchevoli. Quello stesso tic è sembrato essere alla base del lavoro delle commissioni che sul caso Bibbiano si sono insediate in Emilia Romagna e non è un caso se anche il giovane insegnante di frisbee che guida le “sardine” ha subito temuto a lamentarsi del fatto che “si parla troppo di Bibbiano”.

Secondo il presidente della commissione tecnica della regione Emilia Romagna, tal professor Giuliano Limonta, il caso Bibbiano “è stato un raffreddore” in un corpo, quello dei sistemi di affido dei minori, sostanzialmente sano. Talmente surreale questa dichiarazione che persino il governatore della regione, Stefano Bonaccini, ha preso le distanze: “Raffreddore? Una espressione che non condivido. Se colpevoli, gli imputati di Bibbiano siano condannati a pene esemplari”. Sia la commissione tecnica regionale che quella politica, sulla scia delle frasi pronunciate qualche settimana fa dal tribunale di Bologna, hanno in queste ore chiuso il loro lavoro tendendo a minimizzare il caso Bibbiano.

Anche il ministro Bonafede affrontando la questione affidi ha presentato due settimane fa un piano in cui si sottolinea che gli allontanamenti di minori dalla famiglia sarebbero in Italia pochi rispetto al resto d’Europa. Poi vai a guardare i numeri assoluti e leggi che sono stati 12.338 nell’ultimo anno e mezzo, vuol dire che ogni ora ne viene preso uno, giorno e notte, quasi settecento bambini al mese. Una deportazione di massa.

Il sospetto viene andando a leggere quel che scrivevano i comuni della provincia di Reggio Emilia prima che scoppiasse lo scandalo Bibbiano portando all’arresto degli assistenti sociali della Val d’Enza. Sul sito della provincia è infatti ancora reperibile un documento in cui si afferma: “In Val d’Enza, in cui i fenomeni di violenza sono emersi prima che in altri territori, si sono sperimentate innovative modalità di presa in carico delle vittime, ascolto, accoglienza, cura e infine accompagnamento in giudizio: anche il perseguimento del crimine necessita di un sostegno professionale adeguato. L’Unione Val d’Enza si è organizzata per affrontare il fenomeno della violenza sui minori, ed insieme all’Ausl, e all’Associazione Casina dei Bimbi ha aperto nei mesi scorsi un centro di riferimento per il maltrattamento e abuso. Questo servizio innovativo può ora essere messo a disposizione di tutta la comunità reggiana e rappresentare un punto di partenza per affrontare in modo efficace e qualificato un problema gravissimo, che va affrontato con il massimo impegno da parte delle istituzioni”. In sostanza a Reggio Emilia si indicava nel modello Bibbiano un modello applicato positivo e da esportare.

Per questo, lo abbiamo scritto, Bibbiano non è un raffreddore, ma un cancro. Un cancro ideologico nato in un contesto in cui si guarda alla famiglia “tradizionale” come a un luogo patriarcale in cui la violenza è insita e in cui i bambini sono soggetti da “liberare”, nel caso il contesto familiare non sia adeguato alle mode correnti. Per questo Bibbiano non è solo Bibbiano, ma un modello che sta percorrendo l’Italia da anni e sempre in mano agli stessi soggetti. Per questo Bibbiano è l’occasione per stroncare definitivamente questo approccio sbagliato alla famiglia naturale, visto da alcuni come luogo da sventrare in nome di un’ideologia che la vede come nemica.

Per questo fin dall’estate ho dichiarato di avere paura dei tic giornalistici: quello di moda è rinchiuso nello slogan “parlateci di Bibbiano”. In sostanza due tifoserie si sono già ideologicamente formate consegnando alle destre la difesa dell’inchiesta di Bibbiano, mentre a sinistra da Repubblica a Mentana si cerca di minimizzare se non di smontare le accuse contro lo psicoterapeuta mai laureato in psicologia Claudio Foti, provando a dire che in realtà il sistema Hansel e Gretel da lui messo in piedi ha salvato molti bambini da abusi reali. In mezzo ci sono i come sempre comici pentastellati che con Di Maio stanno provando a cavalcare il caso Bibbiano ma in realtà risultano persino tra i finanziatori di Hansel e Gretel.

Vi prego, non schiacciatevi nel ruolo di tifoserie, perché questa storia non si può buttare nella solita caciara politica per poi arrivare ad una sentenza che minimizzerà il tutto. Lo dico chiaro e tondo: il problema non è che il Pd non ci fa parlare di Bibbiano. Il problema è che non dobbiamo focalizzarci solo su Bibbiano ma dobbiamo porre la questione fondamentale: come è possibile che dietro le più tragiche storie riguardanti falsi abusi su minori c’è sempre dietro da decenni Claudio Foti, le sue due mogli, il sistema Hansel e Gretel e questi per quarant’anni siano stati lasciati liberi di operare nonostante i clamorosi errori compiuti? Perché non hanno pagato mai? Perché ancora operavano a Bibbiano? Quale rete di connivenze ha permesso a Foti, alle sue mogli, a Hansel e Gretel di essere sempre coinvolti nelle storie più tragiche, sempre nello stesso ruolo, producendo sempre gli stessi terribili esiti a danno dei bambini?

Io sono interessato ora a individuare queste connivenze, far sì che siano smantellate nel loro reticolato diffuso, ottenere che Claudio Foti e la sua banda non operino mai più. Questo obiettivo non è né di destra né di sinistra, è di buon senso. Queste storie non devono essere rinchiuse in una definizione geografica, Bibbiano appunto, ma in un nome e cognome: Claudio Foti capo della banda denominata Hansel e Gretel. Non facciamo, vi prego, l’errore di trasformare questa vicenda in uno scontro tra altre bande ideologicamente armate con i soliti argomenti da polemica via social. Qui bisogna veramente smantellare una organizzazione criminale vasta e diffusissima, altro che raffreddore, che aveva come obiettivo quello di minare la famiglia naturale e determinare il principio che i bambini appartengono allo Stato, non ai loro genitori. Lo Stato può determinarne l’allontanamento dalle famiglie inventando pretesti e ovviamente creando attorno a questo sistema un business fiorente in cui magistrati minorili, cooperative, associazioni, psicologi e realtà proprio come Hansel e Gretel sguazzavano producendo dolore in cambio di soldi.

Claudio Foti, l’allora moglie Cristina Roccia, il centro Hansel e Gretel sono i periti che avallano l’accusa di abuso sessuale subito da due cuginetti di Sagliano Micca, in provincia di Biella. Si suicidano in quattro per protestare la loro innocenza. Claudio Foti fa il consulente della procura anche nel caso di Rignano Flaminio e il 17 luglio 2007 scrive: “Siamo giunti alla conclusione che le famiglie e i bambini non manifestano un disagio dovuto a fantasticherie o a costruzioni immaginarie, frutto di suggestioni o psicosi collettive. La loro sofferenza, estesa e profonda, è del tutto compatibile con l’ipotesi che abbiano impattato con una vicenda traumatica gravissima: abusi sessuali di gruppo in ambito scolastico”. Invece erano proprio fantasticherie, tutti gli accusati degli abusi sessuali di Rignano sono stati assolti. Dei ventuno bambini di Veleno, clamorosa inchiesta di Repubblica firmata da Pablo Trincia, si conosce il ruolo di Hansel e Gretel nell’allontanarli dalle famiglie: su di loro ricade la responsabilità almeno morale della morte di sette genitori, del suicidio di una mamma, del cuore scoppiato a don Govoni, raccontato come capo della setta di pedofili e satanisti di Mirandola e Massa Finalese, morto innocente nello studio dell’avvocato dopo che il pubblico ministero aveva chiesto per lui esemplare condanna. Anche a Mirandola, anche nell’inchiesta Veleno che caro Mentana è di Repubblica non de La Croce, ecco Hansel e Gretel, con la copertura del Cirmai. E riecco gli stessi a Bibbiano.

Ma le storie sono infinite. Un bidello nell’aretino viene accusato di aver molestato dodici bambini. Foti fa il consulente della pubblica accusa e il 14 aprile 2016 scrive: “Altissima compatibilità con l’ipotesi di un evento traumatico di natura sessuale, avvenuto in un certo contesto temporale e associata a una certa figura”. Il 30 novembre successivo la “certa figura”, cioè il bidello, viene assolto perché il fatto non sussiste. Un fotografo milanese viene accusato di aver abusato sessualmente di un amico del figlio, c’è la solita perizia colpevolizzante di Foti, la solita sentenza di assoluzione in tutti i gradi di giudizio. A Pisa invece nel 2006 Foti è consulente del gip mentre la seconda moglie Nadia Bolognini segue una minore “abusata” dal padre. Entrambi producono materiali che accertano gli abusi. L’uomo viene assolto per non aver commesso il fatto e la procura di Pisa si vergogna al punto da non opporre neanche il ricorso in appello. Stesso schema a Cagliari nel 2015 dove un uomo è accusato di aver abusato delle due figlie, allontanato dal rapporto con loro, sempre grazie alle consulenze di Claudio Foti. Il processo accerta che sono accuse inventate e assolve il papà dopo nove anni, intanto le figlie indotte a “ricordare” abusi inesistenti non vogliono avere alcun contatto con il padre, che è affranto.

Claudio Foti, Nadia Bolognini, il sistema Hansel e Gretel hanno creato una infinita scia di dolore inducendo ricordi falsi di abusi mai subiti dai bambini. Ora dopo decenni di protezione devono essere messi in condizione finalmente di non nuocere più, la loro rete di connivenze deve essere individuata e smantellata. Questa è la vera posta in gioco, non “parlateci di Bibbiano”, non il Pd, non Repubblica (pessima quando tenta la difesa di Foti, eccellente quando ripubblica il podcast di Veleno). Ora noi dobbiamo far sì che nessuno faccia più lavorare in tribunale Claudio Foti, sua moglie, la Hansel e Gretel.

Credo che su questo punto potremmo essere tutti d’accordo e agire unitariamente. Per debellare quello che non è un raffreddore, ma un cancro alimentato dall’ideologia e quindi assai pericoloso. L’operazione compiuta ieri sera in televisione da Enrico Mentana è stato quella invece di rendere torbide le acque, di mettere in dubbio fatti incontrovertibili riportati nelle ordinanze della magistratura con tanto di intercettazioni, di negare l’approccio ideologico che ha mosso le intenzioni e gli interessi di Federica Anghinolfi e della cricca di Hansel e Gretel capitanata da Claudio Foti. Le cui radici, lo ripeto. affondano a un quarto di secolo fa con frutti che in ogni stagione sono stati pessimi e in sostanza marci. Ora questa malapianta va sradicata ed è scorretto utilizzare il potere della televisione per riproporre il conflitto ideologico magari con l’intenzione di agevolare una precisa parte politica a ridosso di importanti elezioni regionali in Emilia Romagna.

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28/11/2019
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