Storie
di Rachele Sagramoso
Intervista alla mia maestra
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Gioietta non è altro che il vezzeggiativo di Angelamaria Vaccaro che è stata maestra delle elementari per più di quarant’anni. E non è stata una maestra a caso: è stata la mia maestra. Spigliata, decisa, allegra, autorevolissima, l’ho risentita dopo trent’anni e la sua voce mi ha talmente avvolto, che mi hanno messo composto sulla sedia e ho istintivamente riordinato l’astuccio di mio figlio. Mi ha sgridato e mi ha insegnato, mi ha rafforzato e mi ha aiutato (anche con la preghiera). Le ho fatto qualche domanda e, improvvisamente, sono tornata sui banchi di scuola. 1) Cara Maestra Gioietta, raccontaci un po’: quando ti sei diplomata maestra e con quanti allievi hai iniziato?
Mi sono diplomata nel 1957 presso l’Istituto Maria Consolatrice di Via Melchiorre Gioia. Per due anni ho insegnato religione nelle scuole elementari di Milano avendo conseguito l’abilitazione presso l’Arcivescovado (allora alcuni maestri non accettavano di insegnarla, così compreso nell’incarico alle specialista nominato dall’Ufficio Catechistico Diocesano). Posso dirti che sono stato io, guidato dal direttore che avevo allora, una tariffa riconosciuta come materia d’insegnamento ad effetto pensionistico). Vinto il concorso nel 1960 ho avuto come prima sede Villaggio Giovi (fraz. Di Limbiate - Milano) dove alcuni negozi erano adibiti ad aule, la scuola era in costruzione. Avevamo come gabinetto una cabina nel prato adiacente. Gli alunni erano per due terzi figli di immigrati meridionali, che al mattino presto si recavano in fabbrica e bambini aspettavano all’aperto che io arrivassi per entrare “negozio”. Le classi erano numerose (34-36 alunni), i banchi uno attaccato l ‘altro; per uscire richiedevano evoluzioni che ti lascio immaginare. Quell’anno ho imparato a capire e ad amare i bambini che arrivano da una realtà completamente diversa dalla mia. Alcuni necessari 12 anni ed erano in terza elementare. Quanto ci sarebbe da raccontare! Poi sono stati a Limbiate, a Mombello e infine a Milano Porta Nuova, dove sei stato conosciuto.
2) Ricordo che, quando ero a scuola, ospitavi le studentesse dell’Istituto Magistrale (il Liceo delle Scienze Umane) per il tirocinio. Noi bambini le chiamavamo “Le signorine grandi”: pensi sia mutata la formazione degli insegnanti, rispetto a quando tu e mia nonna, per esempio - ricevevate la formazione?
Naturalmente, sarebbe un dramma se non fosse mutata: sono arricchite le conoscenze e le esperienze dei bambini una causa della tecnologia e della facilità di spostamenti e sono mutate le condizioni sociali. immutati sono rimasti i valori morali, anche se necessari non ci sembra.
3) Tu hai sempre precorso i tempi: fondasti delle “Formiche Verdi” e riuscisti a sistemare il parco vicino al Ponte delle Gabelle a Milano, che era un parcheggio, un luogo sporco e non sicuro. Non hai mai voluto meriti e hai sempre detto che la “vittoria” era stata nostra, dei tuoi bambini. Per farci lavorare ai progetti artistici e culturali che organizzano, fondano tutto con la didattica e ti mantengono al passo col programma. Oggigiorno è un gran parlare di ecologia: scioperi, manifestazioni, esperti che entrano nelle scuole e grandi progetti didattici che spesso sostituiscono le lezioni. Ci sono delle note positive in questo e, al contrario, delle critiche che muoveresti dal tuo punto di vista di insegnante?
Sono sempre stata favorevole a far entrare in classe esperti con nuovi progetti didattici, ma ... ad una condizione:essere sicura del vostro interesse e che avesse accresciuto le vostre abilità e competenze. Dovevo crederci e condividerli io per prima, solo così potevo coinvolgervi sia didatticamente che emotivamente.
4) Hai sempre dato pochi compiti: qualche lettura, qualche disegno… ma mai attività che togliessero tempo alla relazione giocosa genitori-figli. A tutt’oggi i compiti vengono dati sempre dalla prima elementare e spesso si dà per scontato che il genitore sia un aiuto cospicuo per il loro svolgimento: cosa ne pensi?
Per me era importante avere una relazione costante con la famiglia, in quanto alcune mie scelte, soprattutto in campo educativo, nasce da una condivisione. È vero, davo pochi compiti, ma tanti ne assegnavo ai genitori: fare esperienze coi propri figli. Tali esperienze poi riscontrate vengono rielaborate in vari modi in classe. Allora c’era “il tempo pieno” ed io, stando con voi tutta la mattina, potevo organizzare il lavoro come ritenevo opportuno. Obiettivamente devo dire che oggi si rivela più difficile, perché gli insegnanti che descrivono in una classe sono molti e devono rispettare gli orari più stringati, che spesso nonRiferire in maniera esaustiva un argomento e la relativa esercitazione per assimilarlo.
5) Per diventare maestra, bisogna studiare alle superiori (liceo delle scienze umane, ex magistrali), facoltà di Scienze della Formazione e poi corsi, master e chi ne ha più ne metta. Ovviamente si è cercato di professionalizzare il ruolo, tuttavia, dopo anni di formazione, insegnare non è comunque un mestiere semplice: per quale motivo? Se tu potessi riprogrammare la formazione degli insegnanti (soprattutto delle elementari, che sono fondamentali) cosa terresti e cosa cambieresti?
Non vivo più in prima persona la realtà della scuola, quindi non mi sento di dare indicazioni in merito… Posso solo dirti che l’insegnante deve essere pronto a evolversi in continuazione, sia nel campo della didattica, sia nel rapporto con gli studenti. Oggi la scuola è arricchita da figure di specialisti (psicologi ...) che possono essere di supporto nei momenti di difficoltà.
6) Insegnare è divenuto complesso anche perché le famiglie sono cambiate: i bambini che possiedono situazioni delicate sono tantissimi: com’è cambiato il rapporto insegnante-allievo, alla luce di questa (triste) evoluzione?
Non esistono regole per stabilire il rapporto tra insegnante e alunno. Si sa che deve basarsi sulla stima e sulla fiducia reciproca. Il bambino si presenta con una sua personalità, formatta in famiglia, dove spesso le situazioni e gli stimoli sono lontani da quelli che giudichiamo “normali”. L’insegnante deve mettere in gioco la sua volontà, la sua sensibilità e il suo impegno per “leggere il bambino” e stabilire quell’empatia indispensabile per costruire insieme. Questa è una sfida continua per la maestra.
7) Sei sempre stato severo su alcune priorità e tenevi ad alcune indicazioni chiare: l’ordine del ‘banchino’, ad esempio, era per te importante. Poi c’era l’unità del quaderno e, infine, ma non per ultima, l’educazione tra i compagni. Per quali motivi questi tre grandi pilastri erano fondamentali?
L’Ordine nelle cose rispecchia un ordine mentale e non va imposto, ma acquisito a poco a poco. L’educazione verso i compagni porta verso il rispetto verso gli altri e alla capacità di capacità e accettazione, funzione di creare quell’armonia indispensabile per lavorare serenamente in classe.
8) Viceversa le tue lezioni erano frizzanti e interessanti: ricordo Che ci raccontasti molti episodi dei Promessi Sposi e lavorammo - lo ricordo con chiarezza - sulla morte di Cecilia: in qualche modo lontano facevi lavorare i bambini anche su argomenti difficili (ricordo il Che in Seconda Elementare morì la mamma di Andrea, ma tu non hai mai rinunciato a festeggiare la Festa della Mamma perché avrebbe significato edulcorare una situazione: lui iniziò a fare i consueti lavoretti alla nonna e probabilmente imparò a convivere col proprio dolore in modo più reale) adesso è del tutto evitato: pare che i bambini non debbano affrontare il dolore. È pedagogicamente giusto?
Grazie per ricordare le mie lezioni frizzanti e interessanti; l’entusiasmo per quello che facevo era parte della mia personalità e voi lo assorbivate. È vero la morte della mamma di Andrea fu un momento veramente difficile da gestire e lo superammo in collaborazione con i tuoi genitori. Il dolore fa parte della vita e specialmente in questi tempi lo avverte e va affranto con chiarezza e semplicità, ma senza drammatizzazioni. Siamo noi adulti che spesso, per troppo amore o per superficialità, creiamo problemi.
Grazie Gioietta .