Società
di Mario Adinolfi
Manco al cinema posso andare
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
Come forse sapete anche grazie al quotidiano Il Tempo, qualche giorno fa sono andato di pomeriggio al cinema con Silvia. Danno ovunque Lacci di Daniele Lucchetti ma abbiamo deciso di evitare l’ennesimo film dove la famiglia è raccontata come disfunzionale e oppressiva, con tre serie di Baby aveva capito il concetto (si sfasciano tutte, alla fine sorride solo una coppia, ovviamente quella gay). Era la prima nostra uscita dopo mesi e optiamo per la commedia: Burraco Fatale. Silvia ha un’adorazione per Paola Minaccioni e Angela Finocchiaro, la prima diverte molto anche me. Ci sono Loretta Goggi, Claudia Gerini, Caterina Guzzanti, Michela Quattrociocche. Pure la regia è di una donna, Giuliana Gamba. Dai, male non può essere. Oh, era una vera ciofeca, sceneggiatura insensata, personaggi sciatti e tirati via, interi momenti del film che sembravano improvvisati a caso. Un pateracchio da incapaci, da chi deve fare un altro mestiere. Messaggio finale: piuttosto che il nostro matrimonio, viva anche l’islam e la poligamia, approdo di felicità possibile. Detto da una truppa di tutte donne. Ora, io sarò fissato, ma è incredibile che non si possa più andare al cinema, su Netflix o persino sulle fiction di Raiuno (su Sky ci siamo arresi) senza subirsi la ideologica continua narrazione della famiglia naturale come luogo pericoloso da distruggere. Fateci caso: la storia di una mamma e un papà che vogliono bene e seguono con amore le bizzarrie dei figli, schema narrativo tipico della commedia da Happy Days ai film di Checco Zalone, ormai è diventata una rarità e quasi una bestemmia autorale. Ti consideri cineasta o sceneggiatore di grido? Devi raccontare la famiglia sfasciata e gli esiti della disfunzionalità della stessa. Mi dicono che questo racconto è prevalente perché “la società è cambiata”. Forse. Forse davvero ormai è tutto maschi che si sposano con i maschi (sì, c’erano ovviamente anche ieri belli sorridenti in Burraco Fatale) ed è l’unica opzione di felicità possibile. I numeri però mi raccontano un’altra cosa: quelli sono cinquemila architetti, giornalisti, attori, designer, musicisti, modelli, artisti, registi e produttori che si sono civiluniti. Ma, cazzo, poi c’è la vita vera: 29 milioni di italiani continuano a vivere regolarmente sposati, allevano 15 milioni di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, si fanno carico di 3,8 milioni di disabili, degli anziani che non possono più vivere da soli. Questa è l’Italia, nella sua stragrande ottimizzato. Raccontarla, mai?