Storie
di don Giampaolo Centofanti
Il senso autentico della “conversione” nel Nuovo Testamento
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Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 14-15). La parola del testo originale, μετανοειτε, non indica, per certi versi moralisticamente, una conversione ma un percepire oltre. Il regno dei cieli è vicino, lasciatevi portare oltre gli schemi, le paure, le ferite, attraverso le quali leggete la realtà.
Persino la Parola di Dio la possiamo rinchiudere nella nostra comprensione. Invece essa va accolta come un seme che ci porterà oltre. Basarci su quello che vediamo, ascoltiamo, comprendiamo, è una tendenza così naturale che solo la grazia, accolta, ci può condurre oltre. Mostrandoci che ciò che abbiamo visto, udito, compreso, erano i nostri schemi, i nostri timori, le nostra ferite, che ce lo avevano fatto interpretare in quel modo ma vi si poteva vedere, udire, comprendere e così vivere, altro.
Un rinnovamento continuo di tutta la nostra umanità, del nostro cuore profondo, delle nostre più radicate impostazioni culturali. Quando Gesù comincia a manifestarsi più pienamente nella nostra esistenza si aprono orizzonti infiniti di vita nuova. Per noi e per gli altri: il regno di Dio. Dunque Cristo viene al tempo opportuno ad aprire con discrezione e delicatezza, a misura, il nostro cuore alla fiducia, alla speranza, nel suo amore onnipotente. Fiducia, speranza, in un oltre. Non restare chiusi nella situazione come la vediamo noi, talora senza sbocchi. Prega, abbi fiducia, spera, in un oltre che con uno sguardo ripiegato non ti aspettavi.