Chiesa
di Raffaele Dicembrino
Il crocifisso a scuola si può esporre regolarmente
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Si può esporre regolarmente il crocifisso a scuola: è simbolo della cristianità e, nel corso della storia, vittima di oppressioni e violenze. Pertanto non discrimina nessuno.
Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza in cui afferma che ad esso «si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo», ribadendo che «non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione».
La sentenza delle sezioni unite civili della Suprema Corte, depositata il 9 settembre, riguardava un ricorso contro l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche In particolare, la questione esaminata dalla Cassazione riguardava la compatibilità tra: l’ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale umbro, sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti; e la libertà di coscienza in materia religiosa del docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso appeso alla parete.
Il simbolo religioso non discrimina, dicono i giudici, che invitano tuttavia la comunità scolastica a cercare una soluzione condivisa. Non viene esclusa la presenza di altri simboli religiosi.
L’aula “può accogliere” la presenza del crocifisso, si legge nella sentenza, quando la comunità scolastica interessata “valuti e decida in autonomia di esporlo” (deve essere, quindi, una scelta autonoma, non imposta), eventualmente “accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe” e in ogni caso ricercando un “ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”.
La questione esaminata dai giudici riguardava l’ordine di esporre il crocifisso - impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale di Terni, tenendo conto di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti - e la libertà di coscienza di un docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso appeso alla parete. Secondo la Corte il regolamento che disciplina la materia, risalente agli anni venti del Novecento, è suscettibile di essere interpretata in senso conforme alla Costituzione. L’aula può decidere sulla presenza o meno del crocifisso mentre il docente non ha un potere di veto o di interdizione. La scuola deve comunque cercare di trovare una soluzione che tenga conto anche del punto di vista del docente e che rispetti la sua “libertà negativa di religione”. Per questo, la circolare del dirigente scolastico, che si limitava a ordinare l’affissione, è stata ritenuta dalla Corte “non conforme al modello e al metodo di una comunità scolastica dialogante che ricerca una soluzione condivisa nel rispetto delle diverse sensibilità” e per questo è stata annullata la sanzione disciplinare (sospensione per 30 giorni) che era stata inflitta al professore.
«I giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni – commenta mons. Stefano Russo, Segretario generale della Cei, pur riservandosi di leggere la sentenza nella sua integralità -, ma è espressione di un sentire comune radicato nel nostro Paese e simbolo di una tradizione culturale millenaria».
Inoltre, continua mons. Russo, «la decisione della Suprema Corte applica pienamente il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, rigettando una visione laicista della società che vuole sterilizzare lo spazio pubblico da ogni riferimento religioso. In questa sentenza la Corte riconosce la rilevanza della libertà religiosa, il valore dell’appartenenza, l’importanza del rispetto reciproco».
«È innegabile che quell’uomo sofferente sulla croce non possa che essere simbolo di dialogo – conclude il Segretario generale della Cei -, perché nessuna esperienza è più universale della compassione verso il prossimo e della speranza di salvezza. Il cristianesimo di cui è permeata la nostra cultura, anche laica, ha contribuito a costruire e ad accrescere nel corso dei secoli una serie di valori condivisi che si esplicitano nell’accoglienza, nella cura, nell’inclusione, nell’aspirazione alla fraternità».