Storie
di Raffaele Dicembrino
Gallagher ricorda l’11 Settembre 2001
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In occasione dell’anniversario terroristico dell’11 Settembre 2001 il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati scrive: “Gli eventi accaduti l’11 settembre 2001 sono ancora vivi nella memoria di tutti. Quel giorno, molti hanno assistito - con il fiato sospeso - alle dirette televisive dove si vedeva come l’odio cieco e distruttore uccideva e feriva persone innocenti di molte nazioni e colpiva al cuore gli Stati Uniti d’America. Gli attacchi terroristici di quell’infausto giorno a New York City, a Washington D.C. e a Shanksville, Pennsylvania, diffusero sconcerto e paura e provocarono, e ancora provocano, le lacrime di molti. Tutto il mondo fu scosso, non ultimo S. Giovanni Paolo II, che rimase profondamente turbato e, in quelle tristi ore, interruppe la sua normale attività per raccogliersi in silenziosa preghiera a Dio perché desse riposo eterno alle numerose vittime e coraggio e conforto alle loro famiglie.
Dopo venti anni, guardiamo a quell’atto “disumano” – come lo definì lo stesso Pontefice nell’Udienza concessa a S.E. James Nicholson, che presentava le Lettere Credenziali come Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede il 13 settembre 2001 – con dolore e rispetto per gli Stati Uniti d’America e per tutti coloro che hanno perso i loro cari. Un’immagine che porteremo sempre con noi è la preghiera incessante di S. Giovanni Paolo II in quei tragici giorni, ma anche quella di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco che, nelle loro rispettive visite a New York City, non tralasciarono di sostare in preghiera a Ground Zero. Nella Sua visita, il Santo Padre Francesco scelse di pregare il Signore con le stesse parole che aveva usato Benedetto XVI: “sopraffatti dalla dimensione immane di questa tragedia, cerchiamo la Tua luce e la Tua guida mentre siamo davanti ad eventi così tremendi” e chiese “la saggezza e il coraggio di lavorare instancabilmente per un mondo in cui pace e amore autentici regnino tra le Nazioni e nei cuori di tutti”.
Con riferimento al terribile attentato, la Conferenza Episcopale statunitense ha più volte denunciato il carattere disumano e inaccettabile del terrorismo che uccide persone innocenti nel nome di Dio. Dieci anni fa, in occasione del decimo anniversario del tragico evento, i Vescovi hanno ribadito la loro determinazione a rigettare tutte le ideologie estreme che abusano perversamente della religione per giustificare attacchi indifendibili contro civili innocenti. Allo stesso tempo, però, hanno espresso la loro ferma volontà di abbracciare persone di tutte le religioni, compresi i vicini musulmani, e di accogliere i rifugiati in cerca di sicurezza. Consapevoli dei continui sacrifici degli uomini e delle donne delle forze armate statunitensi e delle loro famiglie, i Presuli hanno manifestato, già nel 2011, la necessità di porre fine responsabilmente e saggiamente ai conflitti in Afghanistan e in Iraq.
Indubbiamente l’evento dell’11 settembre 2001 ha cambiato il corso della storia delle Nazioni, e ha costretto la comunità internazionale a riflettere su questioni di grande urgenza, come quella del terrorismo causato da motivi religiosi, o presunti tali. S. Giovanni Paolo II e i suoi successori stigmatizzarono questo concetto condannandolo nella maniera più chiara possibile: “è profanazione della religione proclamarsi terroristi in nome di Dio, uccidere e violentare l’uomo in nome di Dio. La violenza terrorista, infatti, è contraria alla fede in un Dio Creatore dell’uomo, un Dio che si prende cura dell’uomo e lo ama” (S. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2002, n. 7). Vi furono molte iniziative per combattere il terrorismo, come un incremento della sicurezza globale, ma anche il ricorso alle armi, nella urgente ricerca dei responsabili e ideatori degli attacchi.
Da quel momento l’attività diplomatica, anche della Santa Sede, dovette includere la ricerca di risposte efficaci alle minacce che il terrorismo di alcuni gruppi fondamentalisti presenta, ma – ancor più – si è dovuta confrontare sul ruolo e l’uso della religione nella vita degli uomini e delle società. È forse questo un punto che andrebbe sempre più sviluppato, senza aver paura di guardare alle cause che generano tali atteggiamenti fratricidi, come ha denunciato il Santo Padre Francesco, insieme al Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel documento sulla Fratellanza Umana. Il terrorismo è dovuto alle “accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale”. Tale azione politica, che dovrebbe essere chiaramente perseguita da tutti i Paesi, deve però essere accompagnata da un’altra dimensione, che è propria di ogni persona di buona volontà e di coloro che sono impegnati nell’ambito educativo: educare alla pace, alla convivenza e alla fraternità. Sua Santità Francesco si chiede nell’Enciclica Fratelli tutti: “Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe” (n. 103).
È proprio su questa restrizione della libertà che si basa l’ideologia del terrore, che potrebbe essere sconfitta da un’educazione delle giovani generazioni veramente tesa a gioire nello stare insieme, a comprendere che la diversità, anche nell’appartenenza religiosa, non è fonte di differenza e ostilità ma di arricchimento reciproco, senza dover venire meno al proprio credo e nemmeno annacquarlo.
Continuiamo a chiedere a Dio, come fece il Santo Padre a Ground Zero, la saggezza e il coraggio di lavorare insieme per un mondo in pace, non solo perché non vi sia più un 11 settembre, ma perché possiamo scoprire la bellezza di Dio riflessa in tutti i popoli della terra, scoprendo che tutti sono importanti, tutti sono necessari, e che “sono volti differenti della stessa umanità amata da Dio” (Fratelli Tutti, n. 287).
Ma cosa accadde in quelle concitate ore e nei giorni a seguire: eccovi una dettagliata ricostruzione.
Martedì 11 settembre, ore 7.59
Un Boeing 767 della compagnia aerea statunitense American Airlines, volo AA11, decolla dall’aeroporto di Boston diretto a Los Angeles. Il comandante è John Ogonowski. Insieme a lui ci sono un equipaggio di dieci membri e 81 passeggeri. Le condizioni di volo, dichiara la torre di controllo di Boston, sono ideali.
Ore 8.01
Il volo 93 della compagnia aerea United Airlines decolla da Newark, New Jersey – uno degli aeroporti di New York – diretto a San Francisco. A bordo ci sono 45 persone, soprattutto uomini d’affari.
Ore 8.10
Il volo 77 dell’American Airlines, che collega Washington a Los Angeles, decolla dall’aeroporto di Dulles con a bordo 64 persone.
Ore 8.14
Il volo 175 della compagnia United Airlines, che collega Boston a Los Angeles, decolla regolarmente. A bordo ci sono 65 persone. Il Boston Herald racconterà in seguito che tra di loro c’erano due fratelli con passaporto degli Emirati Arabi Uniti.
Ore 8.15
Il volo AA11 modifica bruscamente la sua rotta: piega prima verso il nord di Boston poi verso sud in direzione Manhattan. La torre di controllo di Boston capisce che l’aereo non è più controllato dall’equipaggio. I terroristi, dopo aver pugnalato alcuni membri dell’equipaggio, irrompono nella cabina di comando e prendono il controllo del volo. “Non fate sciocchezze. Non vi faremo del male. Abbiamo molti aerei”, sono le ultime parole captate dalla torre di controllo. Poi il contatto è interrotto. Il volo si dirige verso New York: la torre nord del World Trade Center è sulla sua traiettoria.
Ore 8.47
Anche il volo Boston-Los Angeles della United Airlines viene dirottato. Dopo aver sorvolato il New Jersey, l’aereo vira bruscamente a sud e si dirige verso la torre sud del World Trade Center.
Ore 8.48
Il volo AA11 si schianta sulla torre nord del World Trade Center di New York, a 540 chilometri all’ora. I piani alti della torre, dove si trova anche il ristorante Windows on the World, vengono avvolti dal fumo. Scoppia un incendio, l’intero edificio trema, ma sono pochi a rendersi conto di quel che è successo. Un minuto dopo l’impatto la Cnn comincia le sue trasmissioni in diretta da Manhattan.
Ore 9.03
Mentre le televisioni di tutto il mondo cominciano a mandare in diretta le immagini del primo incendio, un secondo aereo si schianta contro la torre sud del World Trade Center. Decine di persone si lanciano dai piani alti delle torri in preda al panico. Le squadre di pompieri entrano nei due edifici per mettere in salvo i sopravvissuti. Le borse di tutto il mondo sono le prime a reagire: quella di New York che ha sede a poca distanza dalle torri gemelle non aprirà affatto.
Ore 9.31
Da Sarasota, in Florida, dove si trova in visita a una scuola, il presidente statunitense George W. Bush appare in televisione. “Viviamo oggi una tragedia nazionale”, dichiara. “Due aerei si sono schiantati sul World Trade Center. È probabile che si tratti di un attacco terroristico contro il nostro paese”.
Ore 9.45
Panico a Washington. Il volo 77 dell’American Airlines si abbatte sul Pentagono, sull’ala ovest dell’edificio nella quale lavorano più di 23mila persone. Prima dello schianto la commentatrice della Cnn Barbara Olson, che è tra i passeggeri, avverte con il telefonino il marito, consigliere alla Casa Bianca, del dirottamento in corso. Il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, viene trasferito in un bunker sotterraneo. Subito dopo vengono evacuate la Casa Bianca, il Senato e la Camera dei Rappresentanti.
Ore 9.49
Sospensione immediata di tutti i voli commerciali negli Stati Uniti, per la prima volta nella storia del paese. I voli internazionali diretti negli Stati Uniti sono deviati verso il Canada. Evacuati gli aeroporti di Los Angeles e San Francisco.
Ore 9.55
La torre sud del World Trade Center crolla, travolgendo le migliaia di persone che si trovano ancora all’interno.
Il volo 93 della United Airlines diretto a San Francisco si schianta nella campagna della Pennsylvania. Secondo alcune testimonianze giunte dall’aereo tramite telefoni cellulari, alcuni passeggeri hanno impedito ai tre dirottatori di dirigere il volo contro un altro obiettivo, forse la Casa Bianca.
Ore 10.29
Crolla anche la torre nord. Il World Trade Center, due grattacieli di 110 piani alti 420 metri, scompare dal panorama di Manhattan. I palazzi vicini sono in pericolo: due crolleranno poche ore dopo; altri vengono evacuati e potrebbero cedere da un momento all’altro.
Ore 11.00
Rudolph Giuliani, sindaco di New York, dà ordine di evacuare la parte sud di Manhattan. Non si fanno ancora stime dei morti ma la televisione ricorda che almeno 50mila persone ogni giorno andavano a lavorare nelle torri. Si organizzano i primi soccorsi, si formano lunghe file di volontari che donano il sangue per i feriti. I negozi di alimentari sono presi d’assalto. Scuole, musei, negozi vengono chiusi.
Ore 13.30
L’Air Force One, l’aereo presidenziale con George W. Bush a bordo, non fa ritorno a Washington ma, seguendo i piani di massima allerta, continua a volare per non essere bersaglio dei terroristi.
Dall’estero arrivano messaggi di solidarietà a Washington. I primi a mobilitarsi sono i governi europei, il presidente russo Vladimir Putin e il segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan. Il governo cubano offre aiuti medici e umanitari, come il governo cinese e tutti i paesi arabi a eccezione dell’Iraq. Il premier israeliano Ariel Sharon chiude le frontiere con Egitto e Cisgiordania. Il leader palestinese Yasser Arafat definisce gli attentati “un crimine contro l’umanità”. Alla notizia degli attentati, scene di giubilo nei Territori occupati palestinesi e in varie parti del mondo islamico.
Ore 20.33
Il presidente torna a Washington e dalla Casa Bianca annuncia agli statunitensi: “Faremo giustizia, senza distinzioni tra i terroristi e coloro che li proteggono”.
Mercoledì 12 settembre, ore 8.00 (ora di Tokyo)
A causa del fuso orario, la Banca centrale del Giappone è la prima a mettere in pratica la strategia finanziaria concordata dai grandi istituti finanziari del pianeta. Per impedire il crollo dei mercati Tokyo immette circa duemila miliardi di yen (18 miliardi di euro), frenando la caduta dell’indice Nikkei. In Europa, la Bce fa lo stesso con 69 miliardi di euro, in attesa di un ulteriore apporto di 50 miliardi di dollari promesso dal presidente della Federal Reserve statunitense, Alan Greenspan.
Gli attentatori hanno un nome. Viene pubblicata la foto di uno dei presunti terroristi identificati dall’Fbi: è Mohammed Atta, 33 anni, che avrebbe preso il brevetto di volo in Florida. Settemila agenti federali sono coinvolti nelle indagini. Primi arresti in Florida e ad Amburgo, in Germania. Si cercano i fiancheggiatori dei dirottatori. Primi episodi di rabbia antiislamica negli Stati Uniti: un negozio di alimentari gestito da un pachistano a Long Island viene incendiato; dei sikh vengono picchiati a Manhattan; a Chicago centinaia di persone manifestano contro una moschea; in sua difesa l’aggressore di una donna pachistana dichiara: “L’ho fatto per il mio paese”.
Ore 12.30
Il presidente Bush definisce gli attacchi a Washington e New York “atti di guerra”. Il segretario di Stato Colin Powell chiede “una risposta coordinata e completa da parte della società occidentale”. La Nato annuncia l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato dell’Alleanza, secondo cui un attacco contro uno dei suoi membri è considerato come un attacco contro tutti i paesi dell’alleanza.
Giovedì 13 settembre
Quasi tutti gli occidentali vengono evacuati da Kabul. La capitale dell’Afghanistan è uno degli obiettivi più probabili della reazione statunitense: durante una conferenza stampa, Colin Powell indica per la prima volta bin Laden come il principale sospettato.
ore 12.00
Riapre il traffico aereo negli Stati Uniti. Due uomini e una donna, imbarcati su un volo dell’American Airlines in attesa di decollare dall’aeroporto Kennedy di New York, vengono fermati. Altri arresti all’aeroporto di Los Angeles. Uno dei fermati, in possesso di un brevetto di volo, ha un biglietto aereo valido per l’11 settembre, il giorno degli attentati. Il volo era stato annullato all’ultimo momento. Altre persone vengono fermate all’aeroporto La Guardia di New York.