Società
di Fabio Annovazzi
PERIFERIE ESISTENZIALI: LA LOTTA TRA I GUARDIANI DELLE TENEBRE E I PORTATORI DI LUCE.
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
Facevo l’altro ieri un rapidissimo conteggio notturno in un momento di insonnia: negli ultimi trenta/quarant’anni nella nostra periferia esistenziale montana hanno chiuso i battenti definitivamente, tra scuole elementari e asili infantili, 24 istituti. Un enormità, un vuoto generazionale sconquassante e deleterio. Siamo sull’orlo del precipizio e mi sembra che siano ancora pochi coloro che stanno percependo il pericolo. Mancanza di lavoro, denatalità, spopolamento e conseguente abbandono del territorio sono le cause predominanti di queste chiusure. Con i numeri che si fanno sempre più risicati poi è dura mantenere attivi servizi ed attività commerciali, in un periodo in cui questa globalizzazione selvaggia e famelica sta ingoiando ogni peculiarità locale, lasciando dietro di se un deserto valoriale incredibile. Solo nel corso di quest’anno sono state tre le scuole che hanno abbassato le saracinesche per sempre. Mi veniva un impeto di indignazione violenta leggendo i commenti euforici di alcuni sindaci locali dinnanzi a queste chiusure. Dichiaravano, quasi col sorriso sulle labbra, di essere soddisfatti per aver finalmente accorpato certe sedi scolastiche, con grande beneficio sia economico per le casse comunali che istruttivo per gli alunni. Chiaramente dinnanzi a numeri sempre più desolanti e microscopici è evidente che occorre unire gli istituti, anche per avere una socialità migliore, ma me ne guarderei bene dal definire ciò una vittoria o una conquista. Questa è a tutti gli effetti una sconfitta indecorosa per la politica locale - regionale - nazionale, con un punteggio appariscente oltre tutto. Edulcorare con parole roboanti e proclami demagogici quella che rimane una debacle assoluta può essere utile forse come specchietto per le allodole, ma lascia dietro di se un vuoto incolmabile. La frana abitativa delle nostre realtà montane continua inesorabile e questi puntelli fanno ridere i polli, presto i detriti arriveranno sempre più a valle. Puoi continuare a suonare la tua orchestra e a fare i comizi nelle (poche) osterie rimaste ma il Titanic sta sprofondando sempre più nell’abisso e a breve si disintegrerà. Se non si è riusciti a mettere un argine a questo sfacelo, nonostante alcuni volenterosi ci abbiano e ci stiano provato, vuol dire che qualcosa non funziona e le medicine proposte fanno probabilmente più male della malattia stessa. Paesi sempre più vuoti di giovani e bambini sono l’emblema di una temperatura corporea di tante periferie esistenziali ormai prossime al collasso. Prima di parlare di soluzioni calate dall’alto però, che lasciano sempre il tempo che trovano, occorre avere il coraggio di studiare a fondo il problema locale, evitando slogan che sanno di muffa e sono perciò stantii. Se analizzassimo la situazione con circospezione capiremmo al volo che sono due i verbi da recuperare velocemente per porre rimedio a queste fine ingloriosa che già si denota all’orizzonte. Occorre amare e abitare la montagna. Questi due verbi debbono marciare assolutamente di pari passo, non possono essere scissi tra loro pena l’inutilità. All’apparenza, di primo acchito, potrebbe apparire come una formula sin troppo facile, che sa però conseguentemente di faciloneria, o viceversa come una mera utopia, quando si parla special modo di abitare certi luoghi ameni. Io credo invece che questo binomio, se attuato correttamente, sia la base per una risalita repentina dall’abisso verso cui stiamo precipitando. Mi spiego meglio. E’ impossibile amare realmente la montagna se non la abiti, e sei solo al traino se la abiti ma non la ami. Non è un bel gioco di parole ma la pura e nitida realtà. Quante soluzioni fuori luogo che sentono le mie orecchie quando chiacchiero con alcuni villeggianti o turisti della domenica i quali sostengono di essere attaccati ed innamorati della nostra terra. Parole di chi pontifica da lontano, in città piene di servizi e di opportunità, ma che non si fermerebbe un nano secondo se dovessero essere inseriti in pianta stabile nel nostro “organico”. Provare per credere dinnanzi a certi evidentissimi svantaggi. Nel frattempo però mi sanguina il cuore vedendo tantissimi residenti locali che più che amare la propria terra si specchiano narcisisticamente nel proprio io egocentrico e stop, chiusi in un riccio ermetico che presto finirà nell’umido. Accaparrano scuse per lo più ridicole per motivare il loro voluto disimpegno, storie che non stanno in piedi e che sono solamente un patetico egoismo che puzza da lontano. Più di una volta mi è toccato sorbirmi discorsi assurdi di gente che cataloga e delegittima un intera comunità solo perché ha discusso o litigato con alcuni dei suoi abitanti. Posso avere avuto un alterco con un inglese ma non dipingo l’Inghilterra come una terra di infami, starei mentendo e per primo a me stesso. Ho sempre odiato profondamente le guerre fratricide, causa principale dello sfacelo abitativo di molti borghi. Noto che dove più si fa comunità, e si cerca di stare uniti, meno il virus dello spopolamento attecchisce. Gli anticorpi sono indubbiamente più alti senza zuffe senza senso, e l’obbiettivo del bene comune da portare avanti procede privo di intoppi. Per questo dico che non basta abitare la montagna, occorre necessariamente amarla con tutto se stessi e insegnare a farlo alle giovani generazioni. Se invece, come in tanti purtroppo fanno attualmente, getti nei figli semi di odio, indifferenza o discordia la fine sarà ancora più repentina. D’altro canto occorrono soluzioni nuove e una continua lotta contro i guardiani delle tenebre che vegliano sull’oscurità che ci sta avvolgendo. Necessitiamo urgentemente di portatori di luce per rischiararci. E poi, diciamocelo chiaro e netto anche se fa male, è inutile rincorrere i problemi quando spesso è già tardi, bisogna cercare in ogni modo di prevenire prima di curare. Tempo ancora pochissimi anni e, facendo due calcoli approssimativi, altri 4 istituti scolastici saranno costretti ad alzare miseramente bandiera bianca per l’esiguo numero di studenti. Non si può guardare inerti questo sfacelo o peggio ancora in qualche modo compiacersene. Chiedo ancora una volta a gran voce di avere delle agevolazioni fiscali, specie per famiglie e imprese, che non ci sono altrove, di poter usufruire di un status quo da zona soggetta a calamità naturale perdurante. Attenzione che non occorrono quattrini buttati a vanvera per sistemare un museo a cielo aperto buono solo per i turisti, qui l’obbiettivo primario deve essere quello di agevolare i locali e chi vuole venire a vivere in pianta stabile. Interessano poco anche le strade asfaltate a nuovo se sono poi miseramente vuote. Lo dico agli amici sindaci: se amate realmente i vostri paesi siate portatori di luce. Le vostre lotte contro i guardiani delle tenebre sono meritorie e devono proseguire. Chi vuole cancellare la nostra identità, i nostri ospedali, la nostra cultura e i nostri servizi basandosi solo su meri e freddi numeri va combattuto con forza. Rimarcate a tutta la politica che occorre FARE PRESTO. Non si possono aspettare tempi biblici per avere una strada, una galleria, una variante, degli sgravi. Certe priorità devono scavalcare l’orrenda macchina burocratica italiana. Questa è un emergenza da affrontare rapidamente prima che sia tropo tardi. Non mi accodo però a chi ha il vizio della lamentela perpetua come motto, propongo soluzione nuove. Anche se a qualcuno da fastidio io continuo imperterrito a proporre il reddito di maternità per incentivare la natalità della montagna. Continuo a supplicare di rimettere al centro la famiglia con tutte le sue esigenze per risollevare l’emergenza abitativa. Sbagliato limitarsi alle proteste senza fare proposte. Spesso viene usata a sproposito l’enciclica Laudato sì di Papa Francesco per difendere tesi accentranti che sono obbiettivamente di origine neo maltusiana. Se questi guardiani delle tenebre leggessero bene lo scritto di Sua Santità forse cambierebbero drasticamente idea, girando al largo da certi testi che vorrebbero strumentalizzare. Al numero 145 della medesima enciclica Bergoglio si esprime con chiarezza, dissipando qualsiasi ombra a riguardo. Testualmente scrive: “La scomparsa di una cultura può essere grave più della scomparsa di una specie animale e vegetale” Queste parole, che sembrano rivolte proprio a salvaguardia dei penultimi delle periferie esistenziali montane, ci incoraggiano e ci confortano. Avanti senza paura portatori di luce, anche il Papa è con noi!