Chiesa
di Roberto Signori
Don Giovanni Fornasini è beato
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Nella Basilica di San Petronio, a Bologna, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presieduto la Messa di beatificazione del giovane sacerdote, ucciso nel corso della Seconda Guerra mondiale nell’eccidio di Monte Sole.
Nell’omelia, il porporato disegna i tratti di questo giovane sacerdote, ucciso in odium fidei a soli 29 anni, dalle Ss che mal sopportavano la sua instancabile carità e il suo amore senza limiti per le 333 anime del paese di Sperticano, dove era parroco.
Don Fornasini fu l’angelo custode dei suoi parrocchiani”: sottolinea il cardinale Semeraro che ricorda l’opera del sacerdote che perse la vita in modo violento sul Monte Sole, nel 1944. Seppelliva i cadaveri insepolti; nel solco del Vangelo di questa Liturgia, dissetava e nutriva i bisognosi; accoglieva tutti i rifugiati dei dintorni nella sua canonica, dove poi si insediarono i nazisti. Negoziava perfino con loro, maneggiando il dizionario di tedesco che si era procurato appositamente. Cercava così di attirare nel bene anche gli oppressori. In tal modo riuscì a difendere dagli abusi degli occupanti anche la dignità di alcune ragazze, impedendo lo scandalo dei piccoli. Egli è stato un profeta dell’inclusione odiato dai banditori della discriminazione. Instancabile – afferma il cardinale Semeraro – l’impegno a salvare la sua gente. La violenza evitata alle pecorelle ha colpito il pastore, diventando odio alla sua mediazione sacerdotale. Persino l’inganno che lo ha attirato nel luogo del martirio ha dovuto far leva sulla sua premura pastorale, attraverso un pretestuoso invito a seppellire i morti presso San Martino di Caprara il 13 ottobre 1944. Mentre vi si recava pregando, rimase vittima di una imboscata.
Papa Francesco parlando della sua beatificazione aveva dichiarato qualche ora prima: “Parroco zelante nella carità, non abbandonò il gregge nel tragico periodo della seconda guerra mondiale, ma lo difese fino all’effusione del sangue. La sua testimonianza eroica ci aiuti ad affrontare con fortezza le prove della vita”.
“È stato solo un prete buono, fino alla fine, che si è pensato con la sua gente, che non ha avuto paura perché il suo amore per il Signore era più della paura”. Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha tracciato così il profilo di Don Giovanni Fornasini, nato a Pianaccio di Lizzano in Belvedere, sull’appennino bolognese, il 23 febbraio 1915. Dieci anni dopo la famiglia si trasferisce a Porretta Terme e qui il giovane cresce nella preghiera e nella fede tanto da voler diventare sacerdote. Nel 1931 inizia un percorso in Seminario, segnato dalla fatica nello studio e dalla salute cagionevole. Diventato prete nel 1942 viene destinato a Sperticano, una piccola comunità di 333 abitanti vicino a Marzabotto, dove resterà fino alla sua morte. Alcuni ancora oggi lo chiamano “l’angelo di Marzabotto”, altri il “pretino” che offriva la sua vita per salvare gli altri.
“È stato un sacerdote – sono le parole di don Angelo Baldassarri, responsabile del Comitato per la beatificazione di don Giovanni Fornasini – che in tempo di guerra cerca di fare della sua parrocchia una comunità accogliente, attenta ai piccoli, ai ragazzi, al servizio, alla preghiera. Poi quando la guerra arriva in casa sente il desiderio e la necessità di aiutare tutti coloro che sono nelle situazioni di bisogno”. È una carità silenziosa, senza distinzioni, che alla fine lo compromette, lo espone ad essere giudicato dalle autorità come “uno che si immischia in cose che non sono sue”.