Politica
di Mirko De Carli
Perchè non servono le piazze piene
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Lo andiamo dicendo da settimane senza essere purtroppo ascoltati: se non saremo capaci di evitare lo scontro violento su come potremo uscire dalla pandemia saremo complici di una deriva inarrestabile che porterà il paese a lacerarsi inesorabilmente. La vera questione in gioco non è il green pass e nemmeno i vaccini: in ballo c’è il modello di società e stato che siamo disposti a ricostruire dalle macerie umane ed economiche prodotte dalla pandemia. Per questo partecipare allo “scannatoio” mediatico che è sfociato in queste ore notturne nelle scene inaccettabili che abbiamo potuto vedere riprese dai mass media nazionali è un errore che non possiamo commettere: è come accettare di essere distratti da una serie di subdoli diversivi pronti a renderci assenti rispetto alle scelte decisive che ci attendono.
La pandemia è, ringraziando il cielo, nella sua fase discendente (i dati scientifici lo confermano) e le misure di contenimento adottate dagli ultimi due governi vanno via via riducendosi (se non azzerandosi): ora, in campo, si confrontano due filosofie di pensiero alternative, una che vuole attrezzarsi adeguatamente nel caso di altri episodi simili a quello che ha colpito l’intero pianeta negli ultimi due anni e una che vorrebbe tornare al mondo che abbiamo vissuto prima della comparsa sulla “faccia della terra” del Covid-19. La nostalgia ha sempre un effetto trainante sulle emozioni più radicate negli istinti materialistici degli uomini: cancellare i drammi ed inebriarsi della normalità per non pensare che le ferite saranno la memoria di un male che potrebbe ripresentarsi.
Per questo è molto semplice agitare gli strali contro i vaccini quando si sono passati i mesi più duri del Lockdown sperando di poterne disporre della somministrazione al più presto o contestare il green pass che, a norma di legge, rappresenta uno strumento contenitivo provvisorio di eventuali nuovi contagi con l’arrivo della stagione autunnale-invernale (la prima che potremmo inserire nella fase di lenta uscita dalla pandemia più acuta), nato per di più con un termine d’uso già individuato nel 31/12 di quest’anno. Se non ci fermiamo un istante e cerchiamo di scegliere da che parte vogliamo stare rischiamo di farci divorare da una guerra che non farà prigionieri nemmeno nel nostro universo cattolico.
Ora vi dico come la penso: sono contrario all’obbligo vaccinale, non mi piace la logica che sottende il green pass e detesto i ricatti sui luoghi di lavoro. Ma il diritto (costituzionalmente garantito) al lavoro e alla libertà di scelta terapeutica vanno contemperati, come ho sempre detto in questi mesi drammatici di pandemia, con il diritto alla salute: per questo costruire un percorso a tutele graduali e sempre meno stringenti per preparare il paese a convivere con eventuali futuri attacchi virali e a non essere più “sprovvisto” sul piano organizzativo e politico come avvenuto nel 2020 credo sia la strada migliore da perseguire, l’unica probabilmente capace anche di far digerire certe “campagne” governative lontane dalla nostra sensibilità.
Per cui questa notte ho deciso di ritagliarmi un momento di lavoro durante un weekend di riposo (necessario per tornare ristorati alla buona battaglia) per condividere con voi questi pensieri e non per unirmi al coro falso e banale delle condanne: mi auguro che il governo prenda misure forti contro questi violenti che siano da monito per evitare future devastazioni, che si abbassino i riflettori sulla campagna vaccinale (che è stata un successo) e si proceda con la terza dose per chi ne ha bisogno e si verifichi la situazione nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro al 31/12 per superare l’obbligatorietà del green pass. Questo ci consentirà di dedicare tutte le nostre energie a costruire il paese del domani cercando di usare i fondi del PNNR per garantire ai nostri figli un futuro di prosperità e non di fumogeni nelle strade delle nostre città.