Società
di Giuseppe Udinov
India: Mumbai aborto ‘terapeutico’ per condizione sociale
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Una gravidanza in un contesto sociale difficile può essere considerata “un rischio per la salute mentale di una donna”. E dunque è ammissibile un aborto terapeutico anche oltre il limite della 20.ma settimana, previsto dalla legge. Lo ha stabilito l’Alta Corte di Mumbai con una sentenza controversa.
I giudici si sono pronunciati sul caso di una diciottenne non sposata che vuole abortire alla 26.ma settimana di gravidanza, nonostante il feto risulti sano e non vi siano rischi per la salute fisica della donna. I medici le avevano riscontrato una forma non grave di depressione, che se adeguatamente curata non avrebbe creato gravi problemi. Ma i giudici hanno obiettato che per una diciottenne di una famiglia povera che sopravvive vendendo verdura e conducendo un rickshaw e in cui sono presenti anche altri figli, la gravidanza potrebbe avere un serio impatto sulla sua futura salute mentale. Per questo la Corte ha autorizzato l’aborto presso il JJ Hospital, un ospedale pubblico della città.
Va aggiunto che appena qualche settimana fa l’Alta Corte del Kerala si era espressa in maniera opposta su una petizione per molti versi simile presentata da una donna alla 31.ma settimana di gravidanza.
La decisione è stata accolta con sconcerto da chi si batte per il diritto alla vita. “La legge sull’aborto – ha commentato ad AsiaNews Pascoal Carvalho, membro della Pontificia Accademia per la Vita - fa sembrare ormai che un feto non sia un bambino fino al momento della nascita. Nessuna si preoccupa dei suoi diritti. La colpa è di una società che pretende di risolvere in questo modo la propria incapacità di assistere le madri non sposate. Le Missionarie della Carità, a Mumbai e in tutto il mondo, invece accolgono i bambini e combattono il male dell’aborto con le adozioni. Come diceva Madre Teresa: ‘Non uccidete il bambino, datelo a noi’. Ci sono migliaia di storie di bambini salvati così e che oggi hanno una vita piena di amore e di gioia”.