Società
di Giuseppe Udinov
Sudan: i vescovi chiedono rispetto della vita e potere al governo
Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano
La Chiesa del Sudan guarda con apprensione gli sviluppi del golpe militare del 25 ottobre scorso Ad esprimere la sua preoccupata sollecitudine è il presidente della Conferenza episcopale del Sudan, monsignor Yunan Tombe Trille, vescovo della diocesi di El Obeid, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale, perché esorti i militari a mostrare rispetto e a dare valore alla vita umana. Il riferimento è alle dieci persone che hanno perso la vita durante le manifestazioni contro il colpo di Stato dei giorni scorsi, ma anche agli arresti dei membri civili del governo, tra i quali il premier Abdallah Hamdok.
Il capo del governo Hamdok ha anche avuto un colloquio telefonico con Anthony Blinken. Anche il segretario di Stato americano ha chiesto al governo golpista di rilasciare tutti i dirigenti civili arrestati. Stati Uniti, Unione Europea e altri Paesi chiedono di poter incontrare il premier deposto, mentre una forte presa di posizione di condanna è stata adottata dall’Unione Africana, che ha sospeso il Sudan dall’organizzazione. L’istituzione panafricana definisce incostituzionale il colpo di Stato che ha esautorato il governo di transizione democratica. La sospensione rimarrà in vigore sino a quando non verrà effettivamente restaurata in Sudan l’autorità civile.
Tutti gli interrogativi rimangono in piedi sulla giunta militare che dovrà guidare l’esecutivo sino alle elezioni del 2023. Proprio per questo monsignor Trille chiede che si faccia pressione sulla giunta militare, perché rispetti le norme in vigore, rilasci i ministri arrestati e restituisca il potere al governo civile.
Il leader della giunta che ha annunciato in uniforme la dissoluzione del governo di transizione è il generale Abdel Fattah al Burhan, che rappresentava il fronte militare nell’alleanza con i civili. Ex capo dell’esercito, Al Burhan è salito alla ribalta dopo la caduta di Al Bashir nell’aprile del 2019, quando gli furono attribuite funzioni equivalenti a quelle del capo dello stato.
I militari sono ormai soli al comando dopo essersi sbarazzati del pungolo della società civile, e a questo punto sono nelle condizioni di salvare l’importante settore industriale legato all’esercito di cui i civili volevano privarli. Questa dimensione economica ha un peso non indifferente.
L’esercito cerca inoltre l’impunità per i crimini del passato. Il numero due dell’apparato militare, Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, comandava una forza paramilitare accusata di massacri, anche a Khartoum durante la rivoluzione del 2019. Al termine della transizione avrebbe probabilmente dovuto affrontare una magistratura meno compiacente.