Politica
di Marie- Christine J,
Cop26:a Glasgow regna l’incertezza
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La 26 a conferenza delle Nazione Unite sul clima, la Cop26 si sta svolgendo dal 31 ottobre scorso al 12 novembre a Glasgow. È un incontro cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. Oltre 100 leader mondiali hanno partecipato alla Cop 26 e certi impegni sono già stati presi in questa prima settimana di negoziati: la riduzione delle deforestazioni e delle emissioni globali di metano (di almeno il 30 per cento rispetto ai livelli del 2020) entro il 2030, l’ attivazione di un fondo da 100 miliardi di dollari annui per aiutare i Paesi poveri nella decarbonizzazione.I tecnici rimasti continueranno il lavoro fino al 12 novembre. Una quarantina di paesi si sono già impegnati ad eliminare il consumo di carbone tra cui il Canada, il Cile, la Polonia, l’Ucraina. Tuttavia gli Stati Uniti, l’India e la Cina non hanno ancora aderito a tale proposito. Ricordiamo che il carbone è considerato uno dei principali fattori di riscaldamento climatico e che il 70 % delle emissioni di gas ad effetto serra è provocato dal CO2 dovuto essenzialmente alla combustione di risorse fossili (come il petrolio, il carbone, il gas naturale…)
I paesi presenti alla Cop 26 hanno certo ribadito la loro intenzione di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Tuttavia c’è una spaccatura innegabile tra, da una parte i paesi favorevoli all’eliminazione progressiva delle fonti fossili e dall’altra parte chi vorrebbe limitare il taglio dei gas serra (come per esempio la Cina). Peraltro l’assenza del presidente cinese Xi Jinping (intervenuto solo in videoconferenza) e del suo omologo russo Vladimir Putin, non è passata inosservata. Tante sono le problematiche rimaste da affrontare come per esempio l’innalzamento del mare e lo scioglimento dei ghiacciai, il deterioramento della barriera corallina. Uno studio pubblicato questo 4 novembre ha rivelato l’imbiancamento del 98% della Grande Barriera Corallina (in Australia): è un segno chiaro di deperimento del nostro pianeta. L’oceano è il polmone della Terra (come lo sono anche le foreste) e il regolatore della temperatura globale. Gli effetti dell’attività umana sbagliata (soprattutto industriale) e l’eccesso di calore, sono sempre più incontrollabili. I paesi industrializzati hanno una grande responsabilità a livello globale ed in modo particolare verso i paesi più poveri spesso toccati da eventi meteorologici devastanti ed irreversibili (uragani, siccità, inondazioni…). Davanti a simili scenari gli sforzi dei leader mondiali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e le loro promesse finanziarie appaiono insufficienti: i tempi di attuazione degli obbiettivi rimangono troppo lunghi (si parla addirittura del 2030 o 2050 nel migliore dei casi), c’è anche bisogno di più trasparenza e regolamentazioni internazionali per monitorare potenziali progressi annuali (viste le divergenze tra paesi per raggiungere certi traguardi). Emergono anche scenari molto preoccupanti riguardo al nucleare. Si parla di una energia “nucleare verde” con la possibilità di costruire impianti fino al 2030. I principali fautori di tale iniziativa sono la Francia (Macron ha pure introdotto l’idea nella sua campagna presidenziale 2022) ma anche altri paesi come ad esempio la Bulgaria, la Slovenia, la Finlandia, la Croazia e così via. Anche le parole della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen in una conferenza stampa a Bruxelles sposavano questo progetto: “servono più rinnovabili ed energia pulita. Le rinnovabili sono libere da emissioni di anidride carbonica e sono prodotte nell’Ue. Accanto a queste abbiamo bisogno di una fonte stabile, il nucleare, e durante la transizione del gas naturale”;. In altre parole, per risparmiare sulle energie fossili si pensa di utilizzare il nucleare per la transizione ecologica.
A fine novembre, su richiesta di diversi governi europei, la Commissione europea deciderà se è opportuno considerare il nucleare “un energia verde” e il gas naturale “un energia di transizione”. Purtroppo, in un contesto internazionale in cui i prezzi dell’energia aumentano, molti paesi opteranno certamente per questa soluzione, e anche la Von der Leyen, come detto prima, sembra già aver fatto la sua scelta: “abbiamo bisogno di una fonte stabile, il nucleare, e durante la transizione del gas naturale”..
Nei prossimi anni le nostre società consumistiche necessiteranno di maggiore energia ma sicuramente il nucleare non può e non deve essere la risposta. Non ci deve essere una irresponsabilità collettiva ma un impegno collettivo e immediato per il bene della “casa comune” di cui parla tanto Papa Francesco. Il Santo Padre in un messaggio alla Cop 26, letto dal Cardinale Pietro Parolin ammoniva: “Non c’è più tempo per aspettare; sono troppi, ormai, i volti umani sofferenti di questa crisi climatica”.
Tante voci di personaggi conosciuti ma anche di molti i cittadini del mondo si sono elevate questi giorni per ribadire che: “Non c’è più tempo”. Come è scritto nel Talmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero”. L’umanità di oggi e domani guarda e ricorderà quello che sarà fatto o no…perché oggi più che mai la vita non ha prezzo.