Società
di Mario Adinolfi
DOPO IL MURO, PRIMA DI INTERNET: IL TEMPO DELLA FELICITÀ
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Trent’anni fa, il 18 novembre 1991, usciva Achtung Baby degli U2. Era appena crollato il muro di Berlino e non c’era ancora internet: è un periodo storico durato pochissimi anni che io considero il tempo più felice e creativo della storia contemporanea, dalla Rivoluzione Francese ad oggi. Finite guerre e divisioni, schiantate le illusioni, l’uomo poteva fare i conti con se stesso e relazionarsi all’Uno (in Achtung Baby la canzone manifesto non a caso è One, che troppi trattano come canzone d’amore, quando è un evidente inno religioso cristiano su quanto sia esigente l’amore evangelico fondato sul dolore della croce you ask me to enter / but then you make me crawl / and I can’t be holding on / to what you’ve got / when all you’ve got is hurt).
In quella ristrettissima fettina di storia che va dal crollo del muro di Berlino del 1989 grazie alla profonda fede dei popoli dell’Europa dell’Est e al Papa polacco alla nascita del world wide web con la navigazione di massa via browser del 1996, l’umanità si è trovata sospesa tra un non più e un non ancora di straordinaria potenza. Aveva una pulsione all’unità (la riunificazione tedesca non la voleva nessuno ma si fece, si posero le basi della moneta unica, le economie attraversarono una fase di crescita ruggente) che produsse effetti benefici. Se c’è un pezzo del film del mio mezzo secolo di vita che riguardo volentieri, certamente è quella striscia di territorio franco che va dall’uscita di Achtung Baby a quella del successivo Zooropa: due dischi degli U2 che diedero vita al leggendario Zoo Tv Tour che si concluse con la data di Sydney il 27 novembre 1993 che qui vi regalo se avete due orette libere per vedere la più bella costruzione scenica della storia del rock quando andare a un concerto poteva voler dire andare ad assistere a un evento grandioso con un messaggio chiaro, fortissimo, tecnologicamente potente. E non c’era internet. Non facevamo le riprese con il telefonino. Ascoltavamo e ballavamo, senza mediazione tecnologica e senza doverlo far sapere a terzi su Instagram: dunque ballavamo felici.
L’ultimo brano di Achtung Baby si intitola Love is Blindness e nel video qui sotto è la canzone che chiude quel concerto meraviglioso. Lo sguardo non era rivolto al cellulare, ma al cielo. Quella storia si chiude così, guardando la volta celeste e affermando che l’amore è abbandono fiducioso a Dio, come fossimo dei ciechi che si affidano per poter camminare (love is blindness / i don’t want to see / won’t you wrap the night / around me? / oh my Love / Blindness).
Eravamo noi, una storia nuova da scrivere e il cielo. Pochi anni in cui tutto sembrava possibile. In Italia pochissimi, nel 1993 già eravamo alle monetine e alle finte rivoluzioni di plastica. Poi il web, le chat, i blog, i social e ci siamo distratti. Gli U2 ci avevano avvertito: Achtung, Baby. Attenzione ragazzi. Nei primi tre minuti del concerto dagli schermi piove la scritta: tutto quello che sai è sbagliato. Potevamo rinascere. Ci siamo scagliati invece contro Dio, abbiamo provato a farci noi stessi Dio e sperimentiamo tutti i giorni il fallimento di questo sforzo prometeico senza accettare la resa. Ci siamo riempiti di “sapere” e di “scienza” ma tutto quello che sappiamo è sbagliato se non accettiamo che libertà è verità, che amore è abbandono alla verità anche con il dolore che ciò comporta, che non deve mai spaventare ma stimolare.
Guardo a trent’anni fa senza nostalgia. Vedo una lezione. Forse ancora percorribile. Occorre fare a meno di ciò che ci ha reso di nuovo schiavi ed è l’ideologia dell’autodeterminazione che ha cancellato il principio di autorità e ci titilla con l’individualismo da social. In fondo tocca solo prima resistere diventando indifferenti agli stimoli sbagliati (consiglio l’ascolto di Numb, decimo brano del concerto) e poi fracassare le nuove catene. Può essere un progetto persino divertente per i prossimi mesi e anni. Io mi ci dedicherò con l’entusiasmo che avevo nel 1991, quando avevo vent’anni, il muro era crollato, internet non c’era ancora e io ero felice.