Società
di la redazione
Lettera aperta alla Preside del liceo Dini, a Pisa
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Il Popolo della Famiglia Firenze ha preso nota della recente questione della c.d. identità “alias”, sollevata da una studentessa del Liceo Ulisse Dini di Pisa, la quale, a motivo di un disagio psicologico, chiede di farsi chiamare con un nome diverso da quello anagrafico, e di sesso opposto al suo. Riprendiamo Il fatto come lo riporta il quotidiano La Stampa in versione web.
Il referente del Popolo della Famiglia per Firenze, Pier Luigi Tossani, ne scrive in lettera aperta alla Preside, Adriana Piccigallo.
“Gentile Preside, siamo del parere che avallare la richiesta della sua studente andrebbe, in buona sostanza, a demolire le basi antropologiche della nostra civiltà, come la conosciamo da millenni a questa parte. Acconsentire alla procedura “alias” equivarrebbe non soltanto a destabilizzare ulteriormente la psiche della giovane, ma, se tramite l’Ospedale di Careggi, che pare coinvolto nella vicenda, si procedesse anche a trattamenti ormonali e/o chirurgici, si andrebbe a danneggiarne anche il corpo, che è ancora nella delicata fase evolutiva, e forse in modo irreversibile. In ultima analisi, si renderebbe la giovane ancora più infelice, come insegna l’amara esperienza di Keira Bell. “Non si torna indietro”, diceva la giovane britannica, che è rimasta “bloccata tra i due sessi” ad opera di altrettanto infelicissime iniziative di istituzioni e di figure adulte che si sono servite di lei per affermare la loro visione ideologica, costi quel che costi.
Riteniamo che sarebbe una responsabilità gravissima quella che, come scuola, vi andreste ad assumere. Sappiamo che quella in argomento è una posizione che gode notoriamente di sponsor e fiancheggiatori assai potenti. Ma, da parte nostra, non ci sottraiamo al dovere etico e civile di rappresentarne le insanabili criticità strutturali, anche al Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che ci legge per conoscenza. Anzi, riteniamo che la c.d. “disforia di genere”, più che un vissuto personale, sia un disagio appositamente creato e indotto nei giovani in difficoltà psicologica, ad opera di certo mondo adulto, disposto a tutto, pur di portare avanti la propria visione prometeica dell’uomo. Quindi, nulla di nuovo sotto il sole. L’esito finale di questa manovra non può essere che quello della fine del mitologico titano, preteso amico dell’umanità e fautore del “progresso”.
Restiamo colpiti, se risponde a verità quanto riferito dai media, dall’approvazione dell’iniziativa da parte dei genitori della ragazza, nonché da parte di quella che speriamo sia solo una parte degli studenti e del corpo insegnante. Certo, il procedere nella direzione prospettata comporterebbe anche la violazione anagrafica dell’univocità dell’identità della persona, e anche la clamorosa umiliazione che verrebbe inferta a quella parte di professori e del personale scolastico dissenziente dall’operazione, la quale si vedrebbe costretta, in aperta sfida alla realtà, a rivolgersi alla giovane chiamandola non solo con un nome che non è il suo, ma perfino diverso dal suo proprio sesso biologico - mentre il sesso femminile o maschile resta un dato di fatto, e non un’opinione propria o altrui. Se vi sono dei giovani che hanno dei problemi di identità, non è certo questo il modo di aiutarli. In ultimo restiamo colpiti anche dal resoconto fatto dalla giornalista de “La Stampa”, che già si riferisce ripetutamente alla ragazza col pronome maschile, dando la transizione già come acquisita. Siamo già molto avanti in questo processo, evidentemente.
Da parte nostra, desideriamo mettere in guardia tutte le parti in causa da ambiguità nocivissime, salvaguardando l’unicità e l’univocità ontologica della persona, per il suo stesso bene.
E, poiché oggi non è più il tempo del “si fa così e basta”, ma è necessario confrontarsi con i giovani, dando le ragioni del “perché” delle cose, siamo senz’altro disponibili a un incontro pubblico con Lei, Gentile Preside, e con i Suoi studenti”.