Società
di Giuseppe Bruno
La “civiltà” dei piagnistei e l’emergenza.
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«La cultura del piagnisteo è il cadavere del liberalismo degli anni Sessanta, è il frutto dell’ossessione per i diritti civili e dell’esaltazione vittimistica delle minoranze.», così Robert Hughes in “La cultura del Piagnisteo, La sagra del politicamente corretto”, già dal 2003 ( 2^ edizione). E si riferiva ad un fenomeno dalle radici lontane, più lontane degli anni Sessanta da lui citati, addirittura presente, secondo lui, nella cultura degli immigrati negli Stati Uniti d’America che affonda le sue radici nei secoli passati e che coltivava l’utopia di una “nuova società per tutti” da opporre alla “degradata Europa”. Ma il piagnisteo è per definizione fastidioso, coinvolgente e mira a suscitare immediata compassione nei presenti verso colui che è soggetto del Piagnisteo e immediato biasimo verso colui che ne è la causa. Meccanismo infallibile, come tutto ciò che viene dalla Natura. Si perché la “vittima” deve in qualche modo difendersi e come i lupi perdenti mostrando la gola al proprio rivale ne sterilizzano le capacità aggressive, così l’autore del piagnisteo riceve immediato consenso e produce immediato forte biasimo in chi è la causa del suo Piagnisteo. E funziona. Funziona tanto che ormai tutta la storia degli ultimi Sessant’ anni in Italia, per esempio, è costellata dall’indiscutibile successo di sempre più convinti e fastidiosi piagnistei che, certo, come tutti i piagnistei non sono (forse ancora per poco) puri e semplici capricci, ma un aggancio con la realtà ce l’hanno. E lì sta l’inghippo. Si cominciò col divorzio, si continuò con l’aborto, si passo per la procreazione assistita, per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, per il cambio di sesso solo come intenzione, si è giunti o quasi al suicido assistito e si continuerà con eugenetica ed eutanasia e chissà quanto altro ancora. Quanto sarà lungo e inconsolabile il piagnisteo di che avrà deciso di farlo. “Poverini soffrono”, “Ormai la situazione di fatto rende una legge inevitabile”, “si tratta del male minore” e/o di “salvare il salvabile”, “ma se tu sei stato più fortunato pensa a chi lo è stato meno di te”, “chi sei tu per voler limitare la libertà di scelta degli altri?”. Questi e simili, gli appigli dei piagnistei. Ma una volta almeno si diceva, quando trovavi qualcuno disposto a parlare un po’ invece che piangere soltanto : “che male faccio a te se usufruisco di questa legge?”. Argomento alquanto capzioso perché ogni legge cambia il costume in quanto dà dignità legale ad un certo comportamento e la dignità legale dovrebbe essere correlata alla dignità morale. Poi bisogna vedere se c’è una scelta morale e quale essa sia nel varo di quella legge e non sia solo frutto di una scelta di tipo puramente utilitaristico che serva, appunto, solo a tacitare il piagnisteo.
Ma ora, pian piano il piagnisteo sta per diventare legge esso stesso, per cui già far fare il piagnisteo a qualcuno potrà essere punito con la legge. Era il caso del ddl Zan che per fortuna non è passato, perché, come sappiamo, puniva un’opinione: quella di pensare che non si possa accettare come verità scientifica acquisita il “gender fluid” e che tutta la cosiddetta “teoria gender” fosse una discutibilissima opinione a cui non prestare la fede che per legge si pretendeva. Si, ma stiamo attenti perché da un lato i media, la maggior parte di essi, quelli più potenti, non si capisce se per convenienza o per “obbligo” hanno deciso di amplificare i piagnistei e dall’altro lato la legge per punire le fake news è alle porte e le fake news potrebbero essere tutte le notizie e i ragionamenti che contraddicono e/o si oppongono ai piagnistei di turno. Un esempio di legge che obbedisce a un piagnisteo e punisce un’opinione ce l’abbiamo già pronta : il non riconoscimento della possibilità dell’obiezione di coscienza per i medici antiabortisti. E ce ne potrebbero essere tanti altri, specie in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, con un “green pass rafforzato”, costituzionalmente dubbio anche per chi conosce bene la Costituzione. Ma non voglio entrare in questo argomento che richiederebbe una riflessione approfondita a parte. Dico solo una cosa. In una situazione di emergenza lo stato ha tutto l’interesse, se non vuole si scatenino conflitti civili, a guadagnarsi la fiducia dei cittadini. E la fiducia non si guadagna con l’imposizione, ma con la convinzione e soprattutto senza dare l’impressione, ormai quotidiana, che si serva anch’esso del piagnisteo. Già! Anche perché nella confusione e nella solidarietà “imposta” dalla situazione, che stiamo vivendo si verificano “cose” che richiederebbero il suo deciso intervento. Intervento volto sia a stroncare i piagnistei di parte che abilmente si stanno intrufolando in settori amministrativi chiave, sia a imporre con la stessa decisione con cui si impone il green Pass rafforzato il rispetto del dialogo pluralistico e democratico su temi che sappiamo essere nella stessa maggioranza altamente divisivi. Il primo esempio sta nella “sentenza” del Comitato etico delle Marche sulla liceità del suicido assistito. Una vittoria di parte che rischia di imporsi anche a quanti nella stessa maggioranza ne sono contrari e alla stessa opinione pubblica che è ben lontana, se contattata singolarmente e fatta ragionare sulle conseguenze sociali future di questa scelta, dal moderato trionfalismo dei soliti media che continuano non si sa bene perché a farsi megafono di qualche piagnisteo di turno. Altri esempi lo sappiamo riguardano decisioni prese da Enti locali e Scuole che ignorando volutamente la decisione del Parlamento, fanno rientrare dalla finestra il ddl Zan cacciato dalla porta. Uno su tutti la moda scatenatasi in questi mesi di far passare in varie scuole la cosiddetta “Carriera Alias”. Cioè, senza che vi sia alcuna norma nazionale, né indicazione ministeriale a riguardo, far decidere ad una scuola di sostituire, solo ad uso interno, i documenti ufficiali di un alunno/a che dica di voler intraprendere un processo di transizione sessuale, perché non più a suo agio nel sesso assegnatogli dalla natura, cambiandogli il nome ufficiale col nome appartenente al genere diverso da lui/lei preferito e trattandolo/a, quindi, in tutto e per tutto come se fosse del sesso da lui/lei rivendicato. La preside di un Liceo di Pisa, dove si è cercato di introdurre questa “Carriera alias” mediante una delibera del Consiglio d’Istituto, ha giustamente manifestato le sue perplessità, dicendo di non essere informata a riguardo, di non avere le idee chiare e soprattutto nessuna pezza d’appoggio di carattere normativo e pertanto di voler rinviare la cosa in vista di una maggiore chiarezza in merito alle azioni da intraprendere. Ma, ahimè! Si è subito levato il “piagnisteo” degli studenti, con relativa occupazione della scuola, con relativa amplificazione dei soliti media e la Preside, indovinate un po’, ha deciso “democraticamente” di ritornare sui suoi passi e di addentrarsi in un terreno sconosciuto e normativamente minato. “Lo fanno altre scuole”, “lo ha già fatto qualche Università”, “perché continuare a far soffrire quei poveri ragazzi”. “In fondo a te che male ti fanno”. Le solite “argomentazioni”, cioè i soliti slogan. Ma la norma, lo abbiamo già detto, farebbe eventualmente costume e renderebbe moralmente lecito o comunque socialmente conveniente ciò che per molti - la grande maggioranza degli italiani che per fortuna ancora si informano prima di giudicare - è oggetto di ampia controversa riflessione e/o serio ripensamento. Soprattutto dopo che in America ed in Inghilterra - dove da tempo nelle scuole la teoria gender la fa da padrone – si sta diffondendo in modo molto preoccupante in questo campo (transizione sessuale) il fenomeno inverso della de transizione sessuale, tanto da portare il governo inglese, vista anche la tutt’altro che modesta mole di contenzioso legale suscitato, alla decisione di bandire l’insegnamento della teoria gender dalle scuole in quanto ritenuta fattore di incoraggiamento notevole verso una superficiale decisione degli allievi alla transizione sessuale. Ma il piagnisteo non ragiona e non genera ragionamenti. E così nell’impotenza di genitori ed insegnanti e, perché no, di alunni ancora desiderosi di capire, di fronte al “piagnisteo politicamente corretto” rischia di passare in varie scuole la “Carriera alias”. Ma se una scuola che dovrebbe essere palestra di dialogo, ragionamento, approfondimento, pluralismo culturale, non è difesa dal corale piagnisteo da coloro che ne hanno il preciso compito, come si fa? Il ddl Zan non può entrare, sotto veste ancora più preoccupante, dalla finestra dopo essere stato cacciato dallo stato italiano dalla porta. In modo più preoccupante si, perché, adesso, rischierebbe di danneggiare direttamente in modo irrimediabile una o più persone concrete e indirettamente tutto il processo formativo di una scuola. Esiste ancora in Italia una gerarchia nel far rispettare le norme o siamo all’anarchia? Bene il governo intervenga su queste e altre simili “sortite” da parte di chi ne approfitta per trovarsi in posti chiave. Intervenga, altrimenti non sarà davvero più credibile - come deve assolutamente essere in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo - nella sua veste di garante della democrazia.