Storie
di Gabriele Alfredo Amadei
Le motivazioni per cui dovremmo tutti vaccinarci
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Dopo praticamente un anno dall’inizio delle vaccinazioni (iniziate alla fine di dicembre 2020), debbo constatare che nonostante tutte le evidenze possibili, ancora esistono ritrosie, dubbi e perplessità sulla pratica della vaccinazione in genere e specialmente di quella per il coronavirus. Non credo che Jenner, nel 1796, per introdurre una vaccinazione che avrebbe salvato milioni di persone da una orribile morte, abbia dovuto faticare di più.Mi considero profondamente democratico, ed è mia abitudine rispettare le opinioni di tutti, ma quando queste opinioni vanno contro ogni oggettività (come sostenere che la terra è piatta), o peggio quando le opinioni possono compromettere il bene di molti, rimango basito.
A parziale (molto parziale) discolpa, devo riconoscere che mai quanto in questo momento storico, che parla in modo globale, la comunicazione globale è stata un fallimento totale. Troppe voci che “apparentemente” erano discordanti, hanno creato un clima di diffidenza e di pregiudizio verso quello che invece è lampante e incontrovertibile.
Ognuno ha diritto di farsi una propria opinione? Sicuramente! Ma che sia la “sua” opinione, e non quella letta su un sito creato per la meteorologia o il fai da te! E l’opinione deve basarsi sulla conoscenza approfondita della materia su cui basare il proprio giudizio. E in mancanza di una adeguata formazione, affidarsi alla persona dotata di scienza e coscienza per cui si nutre un minimo di fiducia; anche quando ti rassicura contro i tuoi pregiudizi.
Ma analizziamo quanti pregiudizi ancora circolano:
1) I vaccini sono stati prodotti in poco tempo. Già in un mio precedente articolo spiegavo i motivi e i modi di questa accelerazione: da una parte l’urgenza di trovare la soluzione, dall’altra ingenti investimenti di numerose nazioni che hanno potuto accelerare l’iter dell’industria farmacologica. Ma sempre rispettando i criteri fondamentali. In pratica l’industria deve effettuare una serie di passaggi (4) ciascuno dei quali assorbe una notevole mole di risorse, e nessuno passa da una fase all’altra se non si è sicuri del risultato per evitare uno spreco di risorse. Gli investimenti e l’urgenza hanno permesso di abbreviare i tempi sovrapponendo le varie fasi e riuscendo, in poco tempo, a realizzare un prodotto sufficientemente sicuro per essere utilizzato.
2) Non sono stati testati in modo sufficiente. A parte che dopo la somministrazione di milioni di dosi in tutto il mondo, sostenere questo è anche ridicolo. Ma chi fa una tale affermazione è anche completamente a digiuno di statistica. Qual è il numero sufficiente? In pratica ne bastano 3 (tre) per effettuare una inferenza (valutazione) statistica (che avrebbe però una variabilità e un margine di errore notevole). Le migliaia di test effettuati prima dell’immissione all’uso, sono stati quindi più che sufficienti per garantire un’adeguata sicurezza del prodotto. Ovviamente gli eventi rarissimi (uno su milione) per essere evidenziati devono chiaramente essere attesi durante l’uso del vaccino (esempio lampante: le trombosi dell’Astrazeneca); infatti la fase 4 (sorveglianza) è il naturale prolungamento della fase 3 (test di sicurezza del vaccino). Quindi i test effettuati erano sufficienti per utilizzare i vaccini.
3) Non è giusto utilizzare le persone come cavie. Detta così sembra condivisibile, ma su cosa si deve testare un vaccino? A parte che ora è più pericoloso proporre test su animali piuttosto che su esseri umani, non esiste nemmeno un modello idoneo per effettuare una simile prova. Quindi per coloro che si lamentano del vaccino, questi non sono testati in modo sufficiente ma non si possono testare sulle persone. E qui la logica, come dicevo all’inizio, comincia a vacillare…
4) Ci sono milioni di reazioni al vaccino. È vero: ma la stragrande maggioranza sono reazioni deboli (febbre, dolenza al punto di inoculo, spossatezza, ecc…) che in genere durano poche ore o pochi giorni e che fanno parte della reazione immunologica propria dei vaccini e delle infezioni virali. Non basta avere una reazione (qualunque) per addebitarla al vaccino (nesso temporale), ma deve essere ricercata e provata la relazione con il vaccino (nesso causale). Ragionando per assurdo, se dopo il vaccino avessi un incidente d’auto, esiste un nesso temporale ma, spero bene che sia chiaro, non un nesso causale. Considerando tutte le componenti, anzi, i vaccini si sono dimostrati molto più sicuri rispetto anche a molti farmaci che normalmente siamo abituati ad assumere: l’ipuprofene (Nimesulide o Moment) è causa di lesioni epatiche gravi in 4 soggetti su 100.000! e nessuno grida allo scandalo, forse perché quando hai un forte mal di testa non vedi l’ora che ti passi.
5) I vaccini determineranno un aumento di patologie che si evidenzieranno nel tempo. Non abbiamo, ovviamente, dati per confermarlo, né per smentirlo, anche se individuare la relazione fra un vaccino e un evento lontano nel tempo (tumori, malattie autoimmuni, ecc.), cioè il nesso causale, è estremamente difficile. Tali patologie sono multifattoriali (ovvero determinate da un’infinità di cause) per cui ricondurle al vaccino è solo una illazione. Sarebbe possibile, in futuro, associare tale aumento di tumori anche ad altri eventi contemporanei, per esempio il diffondersi delle auto elettriche, o l’ultimo modello di smartphone, ecc.
6) Esiste l’alternativa con le terapie. Nel caso d’impossibilità di somministrazione del vaccino (e l’unica controindicazione reale è l’allergia ad uno dei costituenti del prodotto), è una alternativa, ma non applicabile a tutta la popolazione. È ormai chiaro che il coronavirus non determina solo una sindrome influenzale che in qualche soggetto può portare a compromissione del polmone e conseguente morte. E’ sempre più evidente che vengono attaccati molti altri organi, con conseguenze che si stanno appena evidenziando. Si tratta del “long covid” (riconosciuto recentemente dall’OMS, ma ancora non chiaramente delineata) con esiti di invalidità di cui non si conosce l’entità e/o aggravamento (e anche di questo avevo fatto un articolo nel 2020). Non esistono “terapie” per le infezioni virali: solo farmaci che possono attenuare la sintomatologia. Gli antivirali funzionano sul virus ma anche sulle cellule normali dell’organismo, alterandone molte funzioni; gli anticorpi (immuni o monoclonali) possono determinare reazioni o formazione di anti – anticorpi che oltre a vanificarne l’efficacia, possono determinare altre patologie.
7) Non sempre i vaccini funzionano. Sicuramente l’introduzione di un vaccino ha risposte molto individuali. È per questo che in fase 2 i vaccini vengono valutati sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato. Ogni individuo può produrre gli anticorpi verso un antigene in modo personale: possono essere di scarsa quantità, o di notevole quantità (valutabile con i test sierologici). La variabilità della risposta ai vaccini fu evidenziata con la vaccinazione per l’epatite B dove fu evidenziata la presenza di soggetti Low-responder e High-responder, ovvero quelli che producevano una scarsa quantità di anticorpi e quelli che ne producevano molti. Ma possono anche essere prodotti anticorpi neutralizzanti o anticopri non efficaci (e i test di neutralizzazione non sono effettuabili in tutti i laboratori (e non sarebbe nemmeno economicamente e logicamente necessario farli). Quindi nemmeno dal risultato del test sierologico è possibile valutare l’efficacia della propria immunità. Nei soggetti anziani la risposta immunitaria (come quella di altre funzioni, ahimé!) è sicuramente ridotta ed è più facile che quelli meno fortunati possano incorrere nelle conseguenze più severe. E così avviene in soggetti che per patologia, per genetica, o per terapia, sono in una fase di depressione immunitaria (immunodeficienze genetiche o acquisite, tumori o terapie anti tumorali, trapianti ecc…).
8) Nei soggetti giovani non è necessaria la vaccinazione. All’inizio della pandemia sembrava che i soggetti giovani non si ammalassero (se non in condizioni particolari) o che comunque la patologia non avesse una evoluzione grave. Attualmente, forse con le varianti generate, questa “intoccabilità” si sta ridimensionando, cominciando ad essere più frequenti i soggetti giovani ricoverati anche con evoluzione grave. Sicuramente anche in quelli che hanno avuto forme lievi si cominciano a dimostrare i fenomeni di long-covid già citati. Comunque lasciare una platea più o meno grande di soggetti non coperti dalla vaccinazione, determina un pool di organismi dove il virus può girare a suo piacimento, creando continuamente nuove varianti che, alla fine, potrebbero innescare nuovi episodi epidemici o risultare resistenti sia alle vaccinazioni, sia alle precedenti infezioni.
9) Non tutti i medici sono concordi. Fatto salva l’ovvia sensibilità di ciascun medico, e ricordando che la medicina è un’arte anche se si basa su una scienza (biologia), spesso il giudizio del medico può essere portato più ad una maggiore tutela del proprio assistito piuttosto che all’importanza di una tutela della comunità. È per questo che esistono i dipartimenti di prevenzione, leggi sulla sanità, organismi sia nazionali che internazionali che tutelino la salute pubblica. Peraltro tutti i medici sono concordi a dire di mangiar meno, di fare più moto, ma in tal caso chissà perché non sono mai ascoltati!
In sintesi, il problema è troppo grave e importante per permetterci il lusso di snobbare l’unica, effettiva ed efficace strategia per evitare effetti ancora più gravi ed importanti. Forse gli oltre 140 mila morti non sono stati sufficienti? Senza contare i danni sociali, psicologici e soprattutto economici che questa epidemia ha generato e di cui ancora non possiamo determinare l’entità e l’estensione degli effetti. Basti pensare al peso di 200 miliardi che dovremo (o dovranno i nostri figli) restituire, al disastro causato sulle filiere delle materie prime, ai danni sull’ambiente, alla carenza dell’energia, che stanno rinfocolando crisi politiche e geo-economiche locali e globali. La medicina non può dare risposte a tutto, ma almeno nell’ambito delle sue competenze dobbiamo considerarla una valida alleata che la Provvidenza ci ha concesso.