Chiesa

di Giuseppe Udinov

Monsignor Camisasca: “non disporre della vita a piacimento

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In un’intervista i sacerdote e teologo ribadisce il richiamo netto della Chiesa di Cristo contro la “cultura della morte”: «Non possiamo disporre a piacimento della vita. Quello che possiamo fare, è curare i malati, nel senso di prendercene cura».

Monsignor Camisasca insiste sulla centralità e l’importanza delle cure palliative e della terapia del dolore come grande passo avanti della scienza per poter alleviare i dolori e le atroci sofferenze di alcuni individui: ciò che però teme il vescovo è che con il principio introdotto dalla possibile prossima legge sul fine vita «si apra la strada a una concezione per cui ogni uomo può disporre della vita di altri uomini. Daremmo in mano a chi è più forte la vita di chi è più debole». Discorso non dissimile sull’altro fronte di scontro tra “pro-life” e “pro-choice” (negli Stati Uniti questo volta), ovvero l’aborto: anche qui Camisasca punta a difendere i più indifesi e a rischio, in questo caso i nascituri, «è proprio di questo diritto che dovremmo preoccuparci, perché i nascituri sono i veri poveri, quelli che non possono difendersi». L’aborto in quanto tale non è un diritto per Camisasca, ma prima di tutto «un dramma».

Davanti al Natale che arriva e a Quell’Unico in grado di salvare l’umanità, non lesina critiche molto accese all’Unione Europea che intende “contrastare” il Natale ma anche alle varie considerazioni che elevano la scienza in tempi Covid al rango di “nuova religione perfetta”.

«Natale festa politicamente scorretta? Sì, stanno provando a cancellarlo, nel nome di una falsa incisività delle feste». Il riferimento è diretto a quel documento (per ora ritirato) della Commissione Europea con le “linee guida” per includere tutti, escludendo però di fatto i cristiani: «Il progetto è di cancellare ciò che contraddistingue il volto di un popolo. Ma noi possiamo essere veramente inclusivi solo se riconosciamo ciò che ci costituisce, e che ci apre alle altre storie delle nazioni. Questo equivoco, purtroppo, testimonia la grande povertà dell’Europa».

Il vescovo di Reggio Emilia consiglia l’intera Chiesa ad avere più coraggio nel “ritorno alla presenza”, al “contatto” per recuperare quanto perduto nei mesi più tremendi della pandemia: «molte persone hanno abbandonato la frequenza della messa domenicale, in questo periodo di pandemia; si celebra con capienze ridotte. Ma senza fisicità, non c’è comunità e senza comunità, si torna a un rapporto individualistico con Dio, che non è ciò che Cristo ha portato nel mondo, che non rende felice nessuno».

In questi termini, è sembrato ’ esagerato” sottolineare in più occasioni come ha fatto la Cei che “chi non si vaccina va contro il Vangelo”: secondo Mons. Camisasca, se è vero che esiste il dovere morale nei confronti di sé stessi e della comunità, d’altro canto il “messianismo” sanitario non è affatto visto di buon occhio dalla Chiesa, «Si è pensato che il vaccino fosse la salvezza. Esso è indubbiamente un aiuto, dopodiché il concetto di salvezza è più ampio. Altrimenti, dovremmo pensare che chi, pur vaccinandosi, ricade nelle conseguenze gravi del Covid e muore, come pure è accaduto, non sia “salvato”». Il problema, chiosa il prelato, è che invece di onorare l’impegno e la dedizione degli scienziati «si è elevata la scienza a religione e si sono trasformati i suoi proclami in dogmi».

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14/12/2021
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