Società
di Giuseppe Udinov
Cinesi perseguitati per la fede
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Cittadini cinesi perseguitati perché cristiani, hanno diritto alla protezione internazionale. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una coppia di cinesi, fuggiti dal paese asiatico e rifugiatisi in Italia, a Perugia, ma che si erano visti respingere la domanda di asilo e protezione.
La Corte Suprema di Cassazione, in data 18 novembre 2021, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Francesco Di Pietro, contro il rigetto delle istanza dei due cittadini cinesi.
La coppia era finita nel mirino della polizia dopo che nel 2012, il marito di una donna membro del Church of Almighty God (CAG) aveva cercato di parlare della sua fede ai clienti di un ristorante. Uno dei clienti aveva iniziato a ricattarlo, minacciando di denunciarlo alla polizia, visto che il gruppo religioso è vietato dalle leggi cinesi.
L’uomo ha pagato il suo ricattatore fino a quando ha finito i soldi. A quel punto ha preso la moglie e il figlio di pochi mesi ed è scappato prima in un’altra città, poi quando la polizia ha catturato quasi tutti gli adepti della CAG, tra cui il suocero dell’uomo e padre della donna, la coppia ha ottenuto un passaporto, un visto turistico ed è fuggita in Italia.
La commissione amministrativa nel 2016 ha negato l’asilo, decisione confermata poi dal Tribunale di Perugia nel 2017. Il ricorso in Cassazione è stato presentato dalla moglie, rappresentata dall’avvocato Francesco Di Pietro. I giudici di Perugia avevano ritenuto non credibile il suo racconto sulla base di un unico argomento: che la donna aveva detto alla commissione amministrativa che il suocero era stato arrestato mentre evangelizzava per strada, mentre il marito aveva dichiarato che l’uomo era stato arrestato nella sua abitazione.
La Cassazione ha osservato che bisogna concedere ai richiedenti asilo il “beneficio del dubbio”, considerando che provengono da una cultura diversa e si trovano in una situazione particolarmente difficile. I giudici hanno trovato la donna credibile nel suo racconto molto dettagliato. Non c’erano contraddizioni interne, e l’unica contraddizione era con le dichiarazioni del marito in un procedimento separato.
Per i giudici è normale che nei racconti dei rifugiati se presi nelle singole dichiarazioni si trovino contraddizioni, ma che proprio per questo è necessario guardare il quadro generale che racconta di soprusi e abusi per via della fede. Così è stato deciso di rimandare il caso di nuovo all’analisi del Tribunale di Perugia chiedendo loro di applicare i principi della decisione della Corte Suprema di Cassazione.