Storie
di Vincenzo Scarlato
Un risveglio immediato e cosciente
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Come ho già avuto modo in passato di esprimermi su questo tema, un concetto evidentemente di difficile trasmissione nonché di ostica lettura per la parte maggioritaria del Paese, ancora oggi la mia analisi risulta essere la più plausibile e convincente, da sfidare chiunque intendesse, in questi due anni di coronavirus, di affermare di aver veduto lungo le vie del mondo, gente che accusava bruciori improvvisi agli occhi, lancinanti ed insopportabili, per poi vederli enfiarsi vistosamente, da deturpagli il viso; oppure vedersi arrossare la lingua come un tizzone ardente, da sentire il bisogno di svellerla dalla sede di origine, e liberarsi da quel fuoco insostenibile e disumano; e nemmeno, credo, che questo Signor Chiunque, avesse mai visto uomini rivestire le strade col proprio sangue, che a fiotti gli fuoriusciva dalle gole in fiamme, mentre strabuzzavano gli occhi qua e là, alla ricerca di un pozzo nel quale buttarsi, per cercare un momentaneo ristoro, da assegnare ad un corpo oramai irreversibilmente compromesso, e già in cammino verso le affilatissime cesoie di Atropo l’Inesorabile.
Ecco, questa è l’immagine raccapricciante dell’Atene del 430 a.C., che violentemente patì una delle sofferenze più gravi mai registrate nella storia dell’umanità, dove la gente teneva più a cuore togliersi la vita, che a resistervi. A testimoniarlo e documentarlo in tutti i suoi tragici sviluppi, fino al massimo grado della sua evoluzione, fu l’attenta, capillare e osservazione di un uomo chiamato Tucidide, che oltre a de-scrivere la sua “Guerra nel Peloponneso”, ebbe anche l’hobby di brandire la spada, e combattere i suoi nemici. Dunque, scrittore e militare. Del resto, è un po’; come facciamo noi! La differenza è solo nell’oggetto. Lui viveva nei pensieri, e dava anche di sciabola. Noi brancoliamo invece nel caos, e nelle mani, anziché la spada, brandiamo il cellulare, che non solo è costoso, ma col tempo ci rende pure impotenti. Ecco, una fotografia in cui siamo separati fisicamente e spiritualmente nello spazio e nel tempo, ma che decide tutta la differenza e la sostanza fra le parti. Ma di cui possiamo ancora ragionarci sopra, se nelle nostre anime vive calda l’idea di elaborare ciò che lo Spirito ci sollecita come dovere per i nostri tempi.
Ma questi son fatti che tutti sappiamo, o che tutti dovremmo sapere e conoscere, specie le nuove generazioni, e i nostri figli, “pluri-certificati e acculturati” che un’idea dovranno pure aversela fatta, in tutti questi anni di studio, comodamente seduti, stretti a panni di lusso, su come procedere per attuare una seria indagine comparativa fra uomini e civiltà, a confronto, pur di stabilire una volta per tutte cosa sia oggi l’intelletto rispetto a quei tempi, e se questa intelligenza, a disposizione dell’uomo moderno, sia ancora un esercizio ad appannaggio dell’uomo, oppure una connotazione semantica diversa, ma che chiamiamo ancora intelligenza perché forse non ancora ben pronti ad adattarci al nuovo linguaggio di.. stupidenza…, sostantivo più decoroso e valido per sostituire il vecchio, e molto più vicino alla nuova razza moderna, cosmopoliticamente integrata in una melassa dal sapore rivoltante, obbediente all’inverosimile, ma a tratti addirittura originalissima, attraverso vampate di aurea imbecillità culturale.
Ecco, un modo per accertarci in che misura siamo ancora collegati al mondo: attraverso una centralità interiore, o mediante un micro-chip che cervelloticamente ci unirà ad esso, come un computer alla rete, e che tanti non vedono l’ora di farselo infilare nella regione più deputata al collegamento universale. Che ci darà sì una parvenza di vita, ma in realtà è solo un’anticipazione sulla morte. E con l’andare del tempo, questa impressione che ancora rimane della vita, pian piano si ridurrà, fino ad esaurirsi completamente, e come involucri parlanti o scheletri stupidenti, a quel punto avremo già terminato quel sano processo di integrazione globale identificabile nella Grande Anima Disumana, al pari di un branco di lupi voraci ed insaziabili, che rispondono ad una poderosa e raffinata messa in scena planetaria, sul piano catto-governativo, che solo menti traviate e orientate al male, possono ordire una simile sozzura.
Sarebbe esigenza dei nostri tempi parlare di certe cose, ma sarebbe come darsi una mazzata sugli zebedei, se solo scomodassimo un segno di quanto tracciato finora, per far crollare tutto un intero contesto, in poche battute. Avanti invece a tutta birra, coerenti col programma, a prosperare nella menzogna, a detrimento della verità. Noi abbiamo collezionato ormai nemici in abbondanza. E come sappiamo dalla Storia, a pagare pesantemente sono state sempre le minoranze, protette e difese soprattutto dalla carta costituzionale. Ma adesso hanno cambiato le carte in tavola. Una nuova e moderna riproposizione di concetto di minoranza è stato elaborato, e ad un ristretto giro di persone è stato affidato il sommo compito di dire …Minoranza SI’, questa è legittima. Minoranza NO, questa è pericolosa. Immaginiamo solo per un istante, se applicassimo questo metodo, come indica il prontuario della scienza, alle popolazioni cimbre, ladine, schutzen, che vivono in Trentino, altamente difese nella loro indubbia fede identitaria.
È probabile che uno di questi nobili ceppi autoctoni, a cui verrebbero lesi i propri diritti, dichiarerebbe guerra al tiranno. E giustamente. Ma con loro non lo fanno. L’ostracismo è invece riservato esclusivamente a chi non si lascia guidare come un infermo. Allora, a questo nuovo ceppo di resistenza, va riservato un trattamento del tutto speciale. Attaccarli puntualmente, con un passo in avanti e due indietro; due indietro e quattro davanti; arretrare leggermente, per poi servirgli la zampata più dura. Come seppe fare anni addietro, Quinto Fabio Massimo detto il Temporeggiatore. Generale sì, ma pavido, incapace, non di livello, ma che seppe con la tattica del temporeggiamento snervare e sfibrare anche uno come Annibale. Ma privo di ogni coraggio, e basandosi su questa tattica psicologica di avanzamento e arretramento, che alla lunga sfinisce anche la pazienza di Giobbe, costrinse tutti a dargli ragione per le sue doti di stratega militare.
È così che agiscono le milizie del male oggi contro un’Umanità che si ribella, perché non intende cedere alle ferali aspettative di un farmaco. Mentre invece applaude rumorosamente, a favore dello Stupidarium Collettivo, che utilizza a profusione argomenti che parlano contro coscienza. Ma questo è il prezzo della libertà. E va benissimo, se lasciate però anche a noi esercitarne il diritto, se questo Paese non voglia regredire di 76 anni.
A noi, non resta che guardare speranzosamente ad una seria proposta di mondo, da realizzare con tanta brava gente che rifiutano una siffatta società, e non tanto per la sua dimensione immorale, che vive endemicamente in seno all’uomo, e che riguarda solo lui, quanto per quel marcio e lurido approccio antispirituale che emerge da quelle grette, posticce, vuote, sbilenche opinionucce presidenziali, di cui noi siamo dei formidabili deglutitori. Primi al mondo, direi, su questo versante.
Insomma, dobbiamo appellarci ad una nuova educazione di vita che il nostro tempo richiede come necessità, per il prosieguo dell’umanità. A meno che non si decida in via definitiva di restare dove si è già stati finora, e proseguire liberamente al rimorchio di questa oscena, lenta agonia sociale. Ma chi vuole intessersi in quel grado di veracità, necessario a cogliere come sia indispensabile oggi andare incontro ad un rinnovato messaggio di vita sana e concreta, culturalmente e spiritualmente credibile, lo faccia subito, e senza tentennamenti.
Accettare questo mondo, così subdolamente imposto, basato su un paradigma pluto-tecno-strutturalista, dalla Chiesa alla Politica, passando per quel coacervo di leggi infestanti “Corruptissima re publica plurimae leges”, come dice Tacito, è inaccettabile e scandaloso all’anima. E’ un vero attentato allo spirito umano. Specie per un cattolico, che sa che il suo Vescovo di Roma parla della sua dottrina in senso contrario, proprio perché la sua fede è atea, come ampiamente acclarato da varie personalità in tutto il mondo e in generale dagli addetti ai lavori. Ma riflettendo, per essere spicci, laddove le cose non sono che spicce e confuse, ad un cattolico praticante, gli verrà pure in mente prima o poi di porsi necessariamente una domanda pura e semplice? Almeno una volta nella sua vita?
E cioè, se don Ciccio si mostra visibilmente ateo, teologicamente non pronto a servire la causa dello Spirito, perché siede ancora lì, e s’affaccia alla finestra di santa romana chiesa? Ed io cattolico, che guardo con stupore a questa evidentissima contraddizione, sapendo che l’autorevole mio interlocutore con Dio, a tutto sembra rispondere tranne che ai canoni di un vero padre superiore cristiano, perché continuo a sciropparmi insensatamente ancora le sue ciance che non conducono a nulla, se non ad ammalarmi nell’anima? Una cosa facilissima da comprendere, eppure alla comunità religiosa questo quesito si rivela come complesso e di difficile risoluzione. Chissà, sarà così bello sentirsi dire alla domenica “buon pranzo”, che non intendono rassegnarsi all’dea di non doverlo mai più sentire, visto che è solo questo ciò che rammentano dopo due ore di dormienza generale, e poi altre altri sette giorni di infinita attesa, prima di ricevere un altro bel “buon appetito” alla domenica successiva.
Ma come dargli torto a quest’ingenuo in-fedele, triturato da una inestricabile matassa di ovvietà spacciate per cristianesimo? In fondo, Greta, l’ottusangola pulzella di Stoccolma, non è considerata adorabilissima dai potenti della terra, che lei stessa bacchetta nei palazzi dell’establishment politico-mondiale? E glielo fanno fare in tutte le salse, per renderla vieppiù attraente, in un’apoteosi di condiscendente partecipazione, intrisa di falsità e di bugie. Tutti mentono, sapendo di mentire, servendosi di una somarella scandinava. Ma è necessario farlo, nella continuità di una parvenza di libertà, da buttare al popolo perché non morda. Meglio se parte dal basso, alfine di essere tutti catturati da quella suadente e calda ideologia ecologista, che acchiappa essenzialmente il sentimento giovanile decaduto, zeppo di quel sapere tecnico-scientifico, che finora ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza a risolvere i problemi che affliggono l’umanità.
Ne deriva che tanto è il piacere generale, che nessuno si perita di mangiare dal medesimo cucchiaio infetto. Ma anche in Italia abbiamo la nostra pulzella, Giorgia della Garbatella, più attempata ma di pari valore, che stigmatizza i poteri forti, che conserva quella durezza idiomatica da osteria, ma poi siede ai tavoli dell’Aspen institute, per strangolare i contribuenti italiani. Insomma, la personificazione della massima coerenza, specie quando s’infuria contro il draghismo e, nello stesso, tempo trovi parole concilianti per sponsorizzare al Quirinale il capostipite di quel santo movimento, che su di noi tutti spargerà la provvidenziale manna, direttamente dal Colle.
Insomma, siamo circondati da grandi furbacchioni, da meticolosi matti, da veri mostri, …ed elegantissimi mariuoli. Risorgere, dunque, per illuminazione interiore, è l’unica cosa che ci rimane, se al mondo vogliamo ancora assegnare un’opportunità possibile, e di successo, impegnandoci nella costruzione di una società parallela, che seriamente abbandoni questa congrega di altisonanti incompetenti.
Ma partiamo già male, se continuiamo a dare ascolto a quella vergognosa vetrina del festival di Sanremo, che rappresenta l’archetipo della diavoleria e dell’inferno terreno. Sì, perché esso, senza troppi preamboli, rappresenta la camera ardente del Paese. La commemorazione della morte della Repubblica Italiana. L’annuncio dato annualmente in eurovisione della disfatta culturale, sociale e spirituale di un Paese reso scheletro. Esaminate bene la volgarità e il processo di scristianizzazione in esso contenuto. E come milioni di orecchie ineducate tributano onori ed applausi a quattro canzonette, interrotte da bassissima satira, peraltro pagata profumatamente dai noi tutti, quali idioti acefali contribuenti. Per udire poi da quel palco, una retorica sempre più politicizzata e ideologizzata, allo scopo di farne un unico contenitore di stampo sentimentaloide, in cui tutto il paese xvi si coagula attorno, riconoscendolo come intensa esperienza di civilissimo valore e sviluppo sociale, tipico di quel sottoprodotto dell’anima decaduta, codificato dalla sociologia in chiave psicologica, come una sorta di “Alto Sentire Comunitario”. Pensate per un attimo a che dramma siamo esposti ogni anno! Senza parlare delle pesanti tasse che cj hanno addossati da oltre sessant’anni, per pagare cachet milionari a queste “anime primitive e pericolose”, osannate oltretutto dagli stessi nostri “amati amministratori”, che dispensano apprezzamenti di giubilo sotto la rutilante luce dei riflettori. Peraltro, restando fedeli e tetragoni agli obiettivi di regime, senza minimamente vergognarsi di quanto sia passato attraverso quei loro duetti, tipici di saltimbanchi di bassa lega, di cui non oso nemmeno pronunciare i nomi, adoperandosi con ridanciano gusto, ad offendere ed infierire pubblicamente contro quella povera gente che, causa del siero magico, hanno contratto sofferenze dolorose e permanenti.
Facciamoci anche noi una bella risata! Pensiamo per un attimo a come si è sviluppata la nostra vita. Siamo curati attentamente per nove mesi. Poi veniamo al mondo. Cresciamo, ci educhiamo, evolviamo. I nostri genitori collaborano attivamente a tutto questo processo di trasformazione educativa e spirituale. Man mano che vai avanti, naturalmente sorge in te la volontà seria di inserirti nella bellezza della società e del mondo, per nutrirla ed arricchirla con la tua forza e il tuo genio. In essa trasferisci il cuore dell’entusiasmo e dell’attiva partecipazione. Poi quando arriva il momento di passare in rassegna le facce di cotanta carne rappresentativa, e ti succede di prenderne visione, se non altro per apprezzarne il degno valore, l’intelligenza, le virtù e l’umanità, immediatamente un sibilo ti attraversa la schiena, da farti passare la voglia essere venuto al mondo. E non appena li vedi, perché è dalle facce capisci già a quale visione mirano del mondo, trascinati da quell’attento processo decisionale che ne deriva, ebbene, non è forse nella mia fisiologia umana, chiedermi: ma come ho potuto fare, a decidere di scendere in questo postribolo di velenosi accattoni? Che nulla hanno a che vedere con la terra, se non per l’inumazione dei loro stessi corpi? Non sarebbe stato meglio per la mia pace, restare lì dov’ero, invece di lasciarmi scompaginare la vita da questi fabbricatori del nulla?
Insomma, tutta sta fatica, per realizzare poco e niente. Chissà, forse un motivo pure ci sarà! Ma non è il caso di affrontarlo ora, questo ansioso e impellente interrogativo. Sì, perché il peggio deve ancora avvenire. Infatti, a breve, per rendere l’atmosfera più inquietante, ci penserà il nostro don Ciccio, ospite tra qualche ora del pretino massimalista Fazio, su rai3, il canale dei laici-comunisti. Ed è probabile che come ha fatto altre volte, addossando le responsabilità ad incauti fotografi, per averlo sbattuto in prima pagina, senza che lui ne sapesse alcunché, anche stavolta non mancherà di stupire ricorrendo ad un altro indovinato stratagemma, nel dire che un forte narcotico scoccato in direzione della sua camera, lo cogliesse impreparato durante un momento di riposo, mentre suor Apollonia gli praticava il regale pediluvio settimanale. Da qui l’idea del comandante delle guardie svizzere di ordinarne la presa in spalle, e risvegliarlo poi in viale Mazzini 66, dal suo amato conduttore. Da qui, inscenare quasi certamente l’ennesima tragicommedia alla Francesco di Loyola, fatta di integrazione, di buonismo, di semplicità, di fuffa, passando per quel vaccino salvifico di cui è Testimonial Universale. Magari, fino a rischiare, ma senza dirlo apertamente, che Cristo è un concetto astratto e ampiamente superato, perché lo dice il suo confessore, don Scalfari. E visto che ci avviciniamo al carnevale, non sarebbe neanche una cattiva idea, anzi, un’aderenza temporale pazzesca e geniale che tanto piace al nuovissimo e pittoresco mondo cattolico, da fargliela bere come un’atarattica tisana, su cui l’alta teologia sociale argentina, fa estremo assegnamento, al fine di ottenere il più alto gradimento dalle sue smarrite e spaventate, …transumane pecorelle.
Ne consegue, dunque, e concludo, che il cammino di verità e di libertà, unito ad un processo spirituale individuale, di certo non si arenerà qui, con le mie forzature espressive. Però, lo Spirito nemmeno ha tempo da perdere, nell’assecondare la nostra ignavia e lo scarso interesse che abbiamo di noi stessi. Esso esige infatti un risveglio immediato e cosciente.