Storie
di Nathan Algren
Giornata mondiale della sindrome di Down
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Dal 2011, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21° giorno del terzo mese dell’anno Giornata mondiale della sindrome di Down (sdD) per sensibilizzare l’opinione pubblica in favore dell’accoglienza e del rispetto delle persone con la triplicazione del 21° cromosoma.
Tutti sanno che questa condizione genetica ha delle conseguenze sullo sviluppo psico-fisico del portatore: le persone con sdD sono “diverse”, presentano di solito un ritardo mentale più o meno lieve, e perciò sono considerate imperfette. Si dà per scontato che siano “infelici”, quindi è da pazzi egoisti metterle al mondo. Sono un peso per loro stesse, per la famiglia e per la società.
Grazie a questo ragionamento quando viene diagnosticata - con sistemi di screening prenatale sempre più efficaci e precoci - la sdD a un bambino, la madre che lo porta in grembo è invitata caldamente ad abortire. Se non lo fa va sempre più spesso incontro a stigma ed emarginazione sociale, che a certe latitudini sono tanto marcate da far registrare “l’eliminazione totale della sdD” (espressione quanto mai imprecisa, perché non sono riusciti ad eliminare la trisomia 21, ma tutte le persone che ne sono portatrici, che è cosa ben diversa). Paesi come Islanda e Danimarca si vantano d’essere “Down-free”. Nel resto d’Europa e nell’America settentrionale la percentuale media di aborti eugenetici di bambini con sdD supera decisamente il 50%, con punte dell’80%. Un vero genocidio che si consuma nel silenzio omertoso dei media e degli opinion makers, che poi, però, il 21 marzo celebrano, perché lo chiede l’Onu, la Giornata mondiale.
Le famiglie delle persone con sindrome di Down sono spesso lasciate sole, confuse e spaventate per la presenza di quel cromosoma in più. Esse invece hanno diritto di essere aiutate ad affrontare subito gli eventuali problemi del nascituro.
La scienza buona che studia le cause della trisomia 21 e i rimedi alle problematiche ad essa connesse (vanno segnalati gli studi del professor Strippoli all’Università di Bologna e il “Progetto Down” del professor Noia del Gemelli di Roma) ha diritto ad essere finanziata da uno Stato che ha “il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona umana” (art. 3 Cost, secondo comma).