Chiesa
di Tommaso Ciccotti
Papa Francesco incontra le delegazioni di indigeni del Canada
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“Verità, giustizia, guarigione, riconciliazione”. Sono venuti dal Canada a Roma con questo ‘bagaglio’ da presentare e condividere con il Papa, per intraprendere un percorso comune che probabilmente non riuscirà a cancellare il dolore del passato, ma potrà guarire e prevenire quello del futuro. Una rappresentanza delle popolazioni indigene canadesi è stata ricevuta questa mattina da Papa Francesco nella Biblioteca apostolica, nel corso di due udienze successive. Erano una delegazione di Métis e una di Inuit, accompagnati da alcuni vescovi della Conferenza episcopale del Canada, rimasti per circa un’ora ciascuno insieme a Francesco. Un tempo che, dice Bruni, “è stato caratterizzato, da parte del Papa, dal desiderio di ascoltare e fare spazio alle dolorose storie portate dai sopravvissuti”.
Per primi Papa Francesco ha ricevuto i membri del Métis National Council. Un incontro scandito da parole, da storie, ricordi, ma anche tanti gesti: del Papa e degli stessi indigeni ritrovatisi a percorrere una strada comune. Quella di “verità, giustizia, guarigione, riconciliazione”, appunto.
Usciti dal Palazzo Apostolico al suono di due violini, simbolo della loro cultura e identità, gli indigeni hanno incontrato la stampa internazionale fuori da piazza San Pietro per raccontare i dettagli della mattinata. Cassidy Caron, giovane presidente dei Métis, si è fatta portavoce – attraverso la lettura di uno statement – del “numero incalcolabile di persone che ci hanno lasciato senza che la loro verità sia mai stata ascoltata e che il loro dolore venisse riconosciuto. Senza mai ricevere l’umanità e la guarigione di base che meritavano”. “Il riconoscimento, le scuse, sono molto in ritardo, ma non è mai tardi per fare la cosa giusta”, ha detto.
Dalla Nazione Métis è stato avviato un “lavoro difficile, ma essenziale” di ascolto e comprensione delle vittime e delle loro famiglie. Quanto raccolto è stato presentato oggi a Francesco: “Lui si è seduto e ha ascoltato, ha annuito quando i nostri sopravvissuti hanno raccontato le loro storie. Ho avvertito del dolore nelle sue reazioni quando si parlava di bambini. I sopravvissuti hanno fatto un lavoro incredibile nel raccontare le loro verità, sono stati così coraggiosi…”.
“Abbiamo fatto un difficile lavoro di preparazione per il nostro viaggio e l’incontro con il Papa. Abbiamo tradotto le nostre parole con quelle che lui avrebbe capito”, ha raccontato ancora Caron. La speranza è che anche il Pontefice e la Chiesa mondiale ora procedano a un’opera di “traduzione”: tradurre, cioè, le parole ascoltate “in azioni reali per la verità”. “Quando abbiamo invitato Papa Francesco a unirsi a noi, lui ci ha risposto ripetendo in inglese ‘verità, giustizia, guarigione, riconciliazione’. Lo prendiamo come un impegno personale”.
Più volte la presidente dei Métis ha ripetuto la parola “orgoglio”: “Siamo orgogliosi di essere qui, insieme a Inuit e First Nations. Siamo orgogliosi della nostra storia e cultura”. Ha riferito inoltre di aver presentato una richiesta di accesso ai documenti conservati in Vaticano riguardanti le scuole residenziali: “Continuiamo e continueremo a sostenere tutto ciò di cui la nazione Métis ha bisogno per capire la piena verità. Dei documenti parleremo con il Papa nell’udienza di venerdì”.