Storie
di Roberto Signori
Yangon, guerra civile: 100 edifici religiosi distrutti
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Sono un centinaio gli edifici religiosi distrutti dalla giunta militare birmana nelle aree dove si concentra la resistenza anti-golpe, soprattutto nel nord-ovest e nel sud-est del Myanmar. Da dicembre l’esercito birmano ha intensificato gli attacchi contro gli Stati Chin e Kayah, a maggioranza cristiana, e nelle regioni di Sagaing e Magwe, a prevalenza invece buddiste. Tra febbraio 2021 e gennaio 2022, nel Chin i militari hanno distrutto circa 35 chiese e altri 15 edifici affiliati, secondo la Chin Human Rights Organization. Nello stesso periodo nel Kayah almeno 12 chiese sono state rase al suolo, afferma il Karenni Human Rights Group.
Nonostante dopo il colpo di Stato del febbraio 2021 i generali abbiano giurato di voler proteggere i luoghi di culto, le pagode e i monasteri non sono stati risparmiati: dall’aprile successivo, quando è iniziata la resistenza armata delle milizie etniche, almeno 50 edifici religiosi sono stati distrutti o saccheggiati.
A inizio mese i soldati dell’esercito hanno bombardato un monastero nel villaggio di Latpandaw, nel distretto di Yinmabin, nel Sagaing, uccidendo almeno 6 persone che vi avevano trovato rifugio. Nella stessa zona a fine febbraio i soldati hanno fatto irruzione nel monastero di Chin Phone Village e hanno usato 80 bambini come scudi umani per almeno 36 ore.
“Quando l’abate ha cercato di negoziare con le forze del regime, gli hanno puntato una pistola contro e non lo hanno fatto uscire”, ha raccontato un residente locale. Ora l’edificio funzioba da centro per gli interrogatori dove vengono torturati e massacrati anche i civili. Le donazioni degli abitanti, che ammontavano a 50 milioni di kyat (meno di 26mila euro) sono state rubate.
Secondo il sito indipendente The Irrawaddy, gli attacchi contro gli edifici religiosi riflettono la frustrazione della giunta militare di non essere in grado di prevalere sulle forze anti-golpe, soprattutto negli Stati Chin e Kayah, malgrado l’utilizzo di attacchi aerei e dell’artiglieria pesante. Nei giorni scorsi la Karenni Nationalities Defense Force, principale organizzazione di opposizione nello Stato Kayah, ha rimosso diverse mine antiuomo posizionate nelle risaie dall’esercito per permettere agli agricoltori locali di tornare alle loro terre (v. foto).
Nelle ultime settimane gli scontri si sono concentrati nello Stato Karen (chiamato anche Kayin) al confine con la Thailandia: durante il fine settimana l’esercito ha bombardato diverse province, colpendo obiettivi civili, comprese le strutture sanitarie. il Karen National Liberation Army ha detto di non aver subito perdite, al contrario sostiene di aver ucciso almeno 60 soldati della giunta, ma la veridicità di queste affermazioni è difficile da verificare. In questa regione si contano già almeno 150mila sfollati interni.