Politica
di Fabio Annovazzi
PER AMORE, SOLO PER AMORE MIO, CRONISTORIA DI UNA “CANDIDATURA”
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Dunque sciolgo ogni riserva in merito: nella prossima tornata elettorale del 12 giugno mi candido ancora nel Comune di Averara, piccolissimo e meraviglioso paese in provincia di Bergamo che mi ha dato i natali e dove per altro lavoro e opero a tutto campo in ogni settore. In teoria, ufficialmente, sono aspirante sindaco, nella realtà, per parafrasare un ironica scena di un film firmato Aldo – Giovanni - Giacomo, non è niente di serio… Infatti, anche se ovviamente cerchiamo qualche consenso, la mia è poco più di una lista fantoccio utile ad evitare lo spauracchio del quorum, dato l’enorme numero di AIRE (anagrafe italiana residente all’estero) che con la doppia cittadinanza avrebbero diritto di voto alle comunali. Diritto che per altro non esercitano assolutamente mai, contribuendo così, loro malgrado, ad aggiungere una difficoltà ulteriore a paesi già alle prese con problemi quasi insormontabili. La nostra periferia esistenziale montana versa in una situazione drammatica oramai cronica, alle prese con uno spopolamento inarrestabile, dove i servizi di conseguenza sono sempre più carenti, circondata da un alone di negatività pernicioso e inconcludente, curata da “medici” che più che sanare il paziente si ostinano ad incipriarlo per renderlo più appetibile al turista mordi e fuggi di turno, il quale poi si trasforma immancabilmente in avvocato della domenica prono a consigli irrealizzabili. So che a qualcuno danno molto fastidio queste mie parole, ma ripeto con forza che non vogliamo divenire ne custodi di un museo ne guardiani di un parco, semplicemente vogliamo essere messi in condizione di vivere degnamente qui e desideriamo ardentemente che finalmente si mettano in atto quelle azioni necessarie per recuperare il gap demografico ed evitare una fine ingloriosa. Conosciamo i problemi a menadito e non possiamo tacere questo depauperamento, sarebbe un silenzio colpevole. Qui combattiamo ferocemente una battaglia per la sopravvivenza, ma siamo sempre più vicini ad un punto di non ritorno. Le pochissime nascite, la scarsa immigrazione, la virulenta emigrazione giovanile, l’invecchiamento della popolazione, si fanno sempre più preoccupanti; intere fette di tradizioni e cultura locali sono ormai state ingoiate dall’oblio o in via di estinzione.
Dinnanzi a questo sfacelo ci sono solo tre scelte da intraprendere: o arrendersi supini alla cultura della morte, o rimanere del tutto indifferenti, o combattere strenuamente anche a costo di apparire utopisti e controcorrente. La strada della rassegnazione va per la maggiore, è iper trafficata, e le fastidiose messe dei tanti messia dell’estrema unzione sono abbondantemente frequentate, sin troppo direi. Trova sempre più adepti anche il sentiero del menefreghismo, del rinchiudersi nel proprio comodo bozzolo issando un filo spinato intorno. Sono coloro poi che diventano inevitabilmente insofferenti, irosi, con la lingua biforcuta sempre pronta alla lamentela o alla calunnia. E’ miseramente sparuto invece il gruppo di che frequenta l’irta mulattiera della resistenza ad ogni costo. Sono i penultimi che non si arrendono e non vogliono alzare bandiera bianca, innamorati pazzi che con tutte le forze combattono sino all’ultima goccia di energia per mantenere viva la nostra perla montana. Pochi per altro, senza soddisfazione alcuna, e reietti da una maggioranza renitente. Intendiamoci, so benissimo che siamo di fronte ad un impresa titanica al limite umano dell’impossibile, però sarebbe un crimine orrendo non provare a salvare questo gioiellino incastonato nella angusta alta valle Brembana. Credo fermamente da tempo che occorra prendere finalmente coscienza di una situazione in cui non servo a nulla i pannicelli caldi, ne i giganteschi finanziamenti che come una pioggia torrenziale estiva stanno giungendo tramite il PNRR. Non sto denigrando l’arrivo di cospicue risorse, verranno utilizzate in maniera corretta e ben vengano, ma non aiuteranno certo a risalire la china dello spopolamento. Che ce ne facciamo di un bilancio comunale passato da trecentomila a oltre cinque milioni di euro se poi non riusciamo a tenere aperto nemmeno l’unico bar del paese? Lo rimarcavo nel corso dell’ultimo consiglio il fatto che preferirei avere strade e piazze dissestate pullulanti di gente, piuttosto che dei bellissimi, ma vuoti, fantasmi di pietra a cielo aperto in cui non gira nemmeno il classico cane.
Se queste risorse, giunte anche (in forma minore) nei decenni scorsi per altro, non sono servite ad arginare l’emorragia abitativa significa che non sono la medicina adatta a guarire il paziente moribondo, e stupido sarebbe ostinarsi a dare un aspirina ad un degente che richiede cure ben più corpose per riprendersi. Sì, perché sono convintissimo che il malato è in coma ma possa ancora ristabilirsi, non lo do per spacciato come si ostina a fare qualcuno, amo la vita non la morte. Però bisogna fare presto, il codice da pronto soccorso è rosso fuoco. E questo bisogna gridarlo sui tetti all’unisono non intestardirsi in particolarismi che ci ridurranno a fare la comparsa, con la gerla sulle spalle, in qualche lacrimoso film d’amarcord. Occorrono misure choc, mai viste prima, adatte alla situazione, è necessario ripartire da un lato umano con feroci agevolazioni, già a suo tempo avevo stilato un elenco abbastanza completo. Il succo di tutti questi discorsi è che deve valere la pena venire nei nostri paesi a vivere o investire, non è possibile equiparare la realtà della pianura alla nostra, siamo già spacciati allora. Per mali estremi necessitasi estremi rimedi, mica briciole.
Non servirebbero a nulla ugualmente, come si ostinano a blaterare i teorici dell’eutanasia ad ogni costo? Noi intanto lanciamo il nostro SOS con forza e convinzione e alzando la voce, perché la nave sta drammaticamente affondando e i soccorsi sono urgentissimi. Non lasciateci affogare per favore! Permettetemi in questo scritto anche un richiamo a tutti gli oriundi che inopinatamente hanno dimenticato e snobbano il paesello: tornate a darci una mano, aiutateci, non fate orecchie da mercante ai tanti richiami che vi giungono dalla coscienza. Le radici si allungano ma non si devono spezzare. Intanto il sottoscritto, di gran malavoglia, ci mette ancora una volta la faccia con una lista perdente utile solo ad evitare il commissariamento. Non pensate che sia facile, è una cosa comunque antipatica, sono sempre più restio ai palcoscenici anche se piccoli, e lo faccio unicamente per l’amore immenso che nutro verso la mia Averara. Non è retorica, non sono parole a vanvera o di circostanza, non è mera propaganda, chi mi conosce nel profondo lo sa benissimo.
Spero solo che questo amore non sia tradito, sarebbe terribile e non ce nulla di peggio di un innamorato respinto. Mi permetto anche una chiosa finale sul simbolo della lista soccombente. Nel bel mezzo dei rinomati quattrocenteschi portici del paese troverete inserito un bel bollino blu di chiara connotazione nazional popolare. Nessuno ne abbia a male perché è una pianta da cui attualmente prende linfa il “candidato sindaco”, ha radici politiche di sturziana memoria, è ancorata alla roccia della dottrina sociale della chiesa cattolica e trae dunque nutrimento da sorgenti limpide non inquinate dalle ideologie deleterie del secolo scorso. Credo proprio che non disturbi e sia un motivo in più per darle qualche voto per entrare in consiglio comunale. Grazie.