Storie
di Fabio Annovazzi
VITA DA TERRANOVA O VITA DA ZECCA?
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La primavera è il periodo prediletto da quegli odiosi parassiti ematofagi della famiglia degli ixodida comunemente chiamati zecche. Questo sottordine di acari dotati di un apparato boccale pungente e succhiatore sono alla famelica ricerca di un corpo che, diciamo così, sponsorizzi la loro vita. Si nutrono, come dei piccoli vampiretti, del sangue di chi inavvertitamente le ospita a bordo e grazie alla vittima prescelta possono proliferare e moltiplicarsi. Vivono quindi a discapito altrui e, quando non sono avvinghiate alla cute del malcapitato animale o uomo, sono sempre in attesa spasmodica e vorace di una preda cui ancorarsi. Non vorrei essere caustico ma tra questi esecrabili insetti e molte persone comuni, che da ottimi parassiti succhiano sin che possono linfa vitale altrui, non vi è poi sta grande differenza. Alla stessa maniera dei mordaci scrocconi usano le persone sin che riescono a mungere qualcosina, e fino a quando gli fa comodo, per poi staccarsene a tempo debito non appena appagati, lasciandoli moribondi ed infischiandosene della loro sorte. Credo non sia un paragone azzardato, vi sono innumerevoli esempi di come l’egoismo umano possa stracciare alla grande l’istinto di sopravvivenza delle specie animali. Siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio ma se ci pervertiamo, e non consideriamo più il prossimo come fratello, diveniamo peggio dei leoni che ammazzano i propri cuccioli per mandare in calore il prima possibile le leonesse. Chiusi in un riccio, in una vita fondamentalmente vissuta da disperati o non vissuta affatto, in molti oggi hanno interessi unicamente per il proprio tornaconto e la propria ristretta cerchia connivente, null’altro. Esteriormente abbelliti da un vestito fatto di buonismo celano sotto abiti appariscenti un anima fredda e uno sguardo feroce, come dei novelli Dracula si sfamano di chi malauguratamente cerca anche, con spirito encomiabile, di aiutarli. Non è difficile distinguerli, ad uno sguardo attento li riconosci al volo: sono quelli della lamentela perpetua snocciolata come un rosario, quelli alla perenne ricerca di un capro espiatorio cui lanciare strali, chi ce l’ha sempre e preventivamente col mondo intero, chi quando chiamato in causa per un minimo aiuto mette subito le mani avanti declinando l’invito. Il più grande sforzo in cui si prodigano è denigrare gli altri, le istituzioni in particolare. Magari senza neanche un motivo particolare, così a prescindere e per moda comune. Quando muovono le corde vocali lo fanno solo per diffamare e nulla più, se ne guardano bene dal dare soccorso a chi ha anche solo una piccola necessità: criticano e non fanno nulla di proposito, a meno che non vi sia da lucrarci o guadagnarci in visibilità. Allora sì che partono in quinta. Negli ultimi anni del secolo scorso si parlava spasmodicamente, ogni santo giorno che Dio concede alla terra, dei conflitti d’interesse di tal Silvio Berlusconi, quando il medesimo era presidente del consiglio. Ma, mi verrebbe da dire volgendo lo sguardo intorno, quanta gente si muoveva e si muove unicamente per un ritorno personale o di immagine se no non si schioda minimamente dal suo piccolo feudo. E questo in ogni campo, ho una miriade di esempi. Nella mia piccola esperienza amministrativa posso affermare con certezza quanto siano attuali e profetiche le parole della canzone Yuppies scritta nel 1988 dal cantautore romano Luca Barbarossa: “Di politica non ne parlano, evitano il discorso, loro votano solamente chi gli fa vincere il concorso. Si occupano di moda e di pubbliche relazioni, tutti giri di parole sono i nuovi vitelloni” Niente da fare, taluni mirano unicamente a mantenere il proprio harem, me ne sono reso conto, di altro non gliene frega un emerito fico secco e se chiedi loro un supporto anche solo morale ne sono quasi infastiditi e vedono sempre e ovunque dei truffatori pronti ad imbrogliarli. Penso che se questi individui incontrassero oggi il viandante evangelico ferito dai briganti sulla strada da Gerusalemme a Gerico non si comporterebbero certo come il buon samaritano, e riuscirebbero persino a fare peggio del dottore della legge e del sacerdote del tempio massacrandolo del tutto. Magari con la scusa che soffriva troppo. Il risultato finale di questi egoismi lapalissiani nell’attuale società utilitaristica sono presto elencati: anziani abbandonati negli ospizi quando non servono più, bambini gettati nei cassonetti dell’indifferenziata prima di venire al mondo perché non assomigliano al prototipo ariano di hitleriana memoria, famiglie con tre cani-quattro gatti e zero bambini (certo, loro poi piangono e disturbano…), disabili dimenticati ed accantonati per non infastidire il mito dell’uomo perfetto, agonizzanti che vorrebbero accanto una mano che li accarezza ed invece vengono fatti sentire come un peso e si troveranno presto punti nelle vene da una obbligatoria siringa di Pentobatbital, eccetera eccetera, di aberrazioni da raccontare ce ne sarebbero a iosa La cultura dello scarto tanto citata da Papa Francesco fa proseliti e troppi rupi tarpee sono ingolfate da loschi personaggi intenti a gettarvi fratelli da loro considerati inutilizzabili. Prestiamo grande attenzione perché il pericolo che anche noi possiamo finire nell’allungare la coda di questi sventurati, se non vigiliamo su noi stessi, è molto più concreto di quanto pensiamo. Se non vi è un amore per il prossimo reale e tangibile che nasce da dentro, nell’intimo, vengono avanti solo le disordinate pulsioni protese unicamente a soddisfare il famelico io mai sazio e mai domo. Non credo affatto alla predestinazione calvinista, la considero una bestemmia atroce e una teoria del tutto eretica ed in antitesi al cristianesimo, ogni persona ha in se un qualcosa di buono e di sublime, si tratta solo di far predominare i consigli dell’angioletto giusto anche se costano fatica, scansando l’udito nel contempo al feroce antagonista e alle sue lusinghiere proposte. Non è semplice per nulla intendiamoci, a volte occorrono lacrime e sangue, ma se la coscienza non rimorde è buona cosa e siamo già incamminati sulla strada corretta.
All’opposto i troppi presuntuosi intenti a specchiarsi nel narciso specchio del loro saccente egoismo non sanno cosa sia la coscienza, se ne infischiano bellamente, ma prima o dopo rimarranno con un pugno di mosche in mano, è solo una questione di tempo. Fanno le cicale, ma l’inverno è alle porte e saranno lacrime e stridore di denti. L’augurio è che rinsaviscano e che riprendano un tragitto certo in salita e faticoso ma che porta a vette da cui si possono godere panorami mozzafiato. Un sentiero con uno sguardo verso l’altro e verso l’Alto, allora sì la vita sarà pienamente vissuta. Perché per quanto si possa dissentire, ed entrambi appartengano al regno animale, non si può equiparare un cane terranova a una zecca. A noi sta la scelta su chi dei due preferire ed imitare.