Chiesa

di Roberto Signori

CAMERUN - La Chiesa infonde speranza

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“La sfida maggiore che la Chiesa affronta nelle nostre terre è quella di condurre la vita pastorale tra un popolo che vive nella paura. La vita della nostra gente non ha una parvenza di normalità, molte famiglie sono costrette a scappare per il terrore di perdere la vita. Ma in tutta l’area i nostri sacerdoti sono rimasti accanto al popolo: non abbiamo mai chiuso alcuna chiesa, cerchiamo di dare fiducia rimanendo fedeli a Dio e alla Chiesa, senza abbandonare nessuno. Soprattutto ci riferiamo a Dio come nostra speranza. Come Vescovo, ogni anni svolgo visite pastorali in ogni singola comunità della mia diocesi anche in quelle in cui è più pericoloso inoltrarsi”.

Sono le parole di monsignor Michael Miabesue Bibi, Vescovo di Buea, seconda città per importanza e popolazione (700mila abitanti circa) delle regioni anglofone del Camerun. La città è senza dubbio più vivibile e meno pericolosa di Bamenda, il capoluogo regionale, ma nelle sue aree periferiche, man mano che ci si allontana dal centro così come nella zone di foresta, la situazione è tuttora molto tesa e caratterizzata dagli scontri tra esercito e i gruppi indipendentisti armati

“La gente di Buea in passato era più impaurita dai militari e le loro incursioni nei villaggi; ora si temono di più gli Amba Boys (i gruppi armati separatisti) e quando incontro i fedeli delle zone più remote della diocesi, mi dicono: per noi è meglio che ci mandino l’esercito perché gli Amba sono più pericolosi”, rimarca il Vescovo. “Una volta – prosegue – vi era maggiore solidarietà verso i separatisti e il governo accusava tutti di collaborazionismo nei loro confronti. Ma ultimamente gli Amba Boys compiono atti efferati e la popolazione ha paura. In un villaggio dove mi recherò a breve, molti civili sono stati percossi e minacciati solo perché si erano lamentati della situazione in cui vivevano. In molte aree interne, gli Amba Boys hanno imposto la chiusura delle scuole perché governative, in alcuni casi non permettono agli aiuti umanitari di passare e lasciano la popolazione in totale isolamento”.
Nella zona la vita è segnata da sfollamento e disagio: “A Limbe – riferisce monsignor Miabesue Bibi – città vicinissima a Buea con lo sbocco al mare che sorge sulla Baia di Amba, parte della diocesi di Buea, arrivano moltissimi sfollati interni da Mamfe, Bamenda, Kumbo e noi cerchiamo di aiutare tutti. La mia diocesi è molto più popolata negli ultimi tempi perché è più tranquilla, ma nella periferia può succedere di tutto: vi sono ancora frequenti sparatorie che terrorizzano la popolazione innocente, costringendola alla fuga. Purtroppo, non siamo del tutto tranquilli neanche qui in città e capita che, a volte, si odono esplosioni e colpi di arma da fuoco. Stiamo vivendo in questa situazione da troppo tempo, ma dobbiamo essere speranzosi perché sappiamo che Dio non ci abbandona. Le preghiere e le speranze mie e di tutto il Popolo di Dio hanno un solo obiettivo: che presto si possa raggiungere un accordo e si possa dare una chance alla pace. Troppa sofferenza per troppo tempo ci ha attanagliato: bisogna ritornare a una vita normale, gli ospedali e le scuole non possono essere chiusi o distrutti. In alcune zone, come a Muyuka, la maggior parte delle scuole sono chiuse. Non possiamo più permettere che si viva così”.

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29/06/2022
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