Politica

di Roberto Signori

Il Consiglio d’Europa chiede transizione di genere per bambini

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La richiesta, stavolta, parte dal Consiglio d’Europa, che insiste e chiede ai vari Stati di adeguarsi per rimuovere tutti gli ostacoli burocratici - e senza limiti d’età - sia alla transizione di sesso sia al riconoscimento legale del genere in base all’autopercezione, con un esplicito riferimento ai bambini.

Una delle barriere che si vorrebbe far cadere, infatti, è l’obbligo di scelta tra genere maschile e femminile nei documenti che, in qualche caso, a livello di singoli Stati, è già stato accantonato. Mentre, al momento, la transizione di genere è possibile soltanto dopo una serie di trattamenti medici e perizie psicologiche, il recente rapporto del Consiglio d’Europa sul riconoscimento legale del genere suggerisce di snellire tutte le procedure e parlando, appunto, dell’autopercezione di se stessi.

L’Italia rientra tra i 17 Paesi europei che permettono il cambio di sesso per i minori, pur con delle restrizioni (che appunto il Consiglio d’Europa vorrebbe abolire), mentre Malta e Lussemburgo non prevedono alcun limite d’età. Riguardo a questo aspetto, il rapporto sottolinea il problema del «rifiuto» e dell’«esclusione» dei bambini e degli adolescenti fluid e raccomanda agli Stati membri di garantire procedure di transizione basate sul principio del «miglior interesse» (lo stesso con cui viene giustificata l’eutanasia infantile), comunque cercando di rimuovere le «restrizioni» attualmente previste in questo ambito.

Secondo il rapporto, infatti, l’assenza di documenti ufficiali che assecondino l’identità di genere percepita, renderebbe le persone transgender o gender fluid «più vulnerabili alla discriminazione e alla violenza». Altro problema che il Consiglio d’Europa giudica rilevante è «l’aumento dell’opposizione ai diritti umani delle persone transgender in alcuni paesi accompagnata da una carenza di informazioni pubbliche sulla loro situazione».

Per il Consiglio d’Europa, inoltre, gli Stati membri «dovrebbero anche facilitare discussioni inclusive per comprendere meglio cosa significhino le procedure “depatologizzanti” del riconoscimento legale del genere (LGR)». Uno di questi punti riguarda lo stato civile: in 19 Stati è necessario che la persona sia single o quantomeno divorziata. In altri 6 Paesi tale requisito non è necessario, mentre altri 9 Paesi rispettano l’integrità dei matrimoni esistenti e aggiornano di conseguenza i certificati di matrimonio. Il rapporto, quindi, raccomanda che, in ogni ordinamento statuale, i requisiti per accedere al LGR «non influiscano sui diritti acquisiti del coniuge e dei figli».

Il rapporto del Consiglio d’Europa sollecita poi l’introduzione di «legislazioni antidiscriminazione» sull’identità di genere agli Stati che non le abbiano ancora approvate. Sulla falsariga del ddl Zan italiano, il rapporto insiste nel considerare «circostanze aggravanti» tutti i motivi legati «all’identità di genere o alle caratteristiche sessuali della vittima».

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12/07/2022
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