Chiesa

di Emilia Flocchini

È Beato Johann Philipp Jeningen, “il buon padre” missionario in relazione con Dio

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La piazza antistante la basilica di San Vito a Ellwangen, nel land tedesco del Baden-Württemberg, è il luogo dove viene celebrata oggi la beatificazione di padre Johann Philipp Jeningen, della Compagnia di Gesù. La Messa con il Rito della Beatificazione è presieduta dal cardinal Jean-Claude Hollerich, Arcivescovo di Lussemburgo e Presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea.

Come tanti, anche suoi confratelli, il nuovo Beato sognava la missione in terre lontane, ma accettò di portare il Vangelo molto più vicino a lui, dove i bisogni erano comunque estremi e gravi, in un tempo dove l’Europa era lacerata da conflitti interni.

Battezzato il 15 gennaio 1642 nella cattedrale di Eichstätt, cittadina che gli diede i natali presumibilmente uno o due giorni prima, Johann Philipp era il quarto degli undici figli di Nikolaus Jeningen, orafo e sindaco della città; sua madre si chiamava Anna Maria. Crebbe nel periodo storico segnato dalle conseguenze della Guerra dei Trent’Anni: la stessa Eichstätt era stata incendiata completamente poco prima della conclusione della guerra, mentre la ricostruzione si protrasse per molti anni.

Conobbe i Gesuiti perché, dal 1651 al 1659, fu allievo della scuola che avevano nella sua città. In particolare, fu membro della Congregazione Mariana (l’attuale Comunità di Vita Cristiana), che radunava gli allievi più dotati di spirito di pietà religiosa.

Entrò nella Compagnia a ventuno anni, il 16 gennaio 1663. Erano passati sette anni da quando, la prima volta, aveva manifestato la sua decisione, trovando l’opposizione di suo padre. In quel periodo studiò filosofia e teologia a Ingolstadt, rinnovando più volte la sua richiesta e, comunque, non venendo mai meno a quel proposito.

Compì il noviziato a Landsberg am Lech, luogo scelto da san Pietro Canisio per la sede di noviziato della Provincia della Germania Superiore. Il giovane candidato si appassionò ancora di più allo stile di vita e di preghiera dei Gesuiti, facendo propri gli insegnamenti di sant’Ignazio di Loyola nei suoi «Esercizi Spirituali». In un suo appunto dell’epoca scrisse:

«Per chi ama, è nella sua natura prestare più attenzione al richiamo dell’Amato che aspettare il suo comando».

Mentre cominciava a dedicarsi all’insegnamento, formulò la prima richiesta al Padre Generale per poter andare missionario in India, seguendo quindi l’esempio di san Francesco Saverio. Era sicuro che Dio volesse questo da lui, ma allo stesso tempo era disposto a seguire quanto i superiori gli avrebbero indicato.

Ordinato sacerdote l’11 giugno 1672 a Eichstätt, per l’ultimo periodo di formazione (il terzo anno di probazione) venne destinato al santuario mariano di Altötting. Per la prima volta, poté essere a diretto contatto con i pellegrini che vi passavano: confessava, predicava e insegnava il catechismo. Divenne poi nuovamente insegnante nei collegi di Mindelheim e Dillingen, quindi, nell’estate 1677, emise gli ultimi voti.

Proprio in quel periodo, padre Gianpaolo Oliva, il nuovo Generale, volle che lui partisse per il Brasile, ma in realtà non ci fu alcuna partenza. Padre Philipp inviò venti lettere nelle quali, pur essendo soddisfatto dei compiti che riceveva, ribadiva la sua illimitata disponibilità alle missioni estere.

Il suo nuovo incarico, dal 1680, fu invece la cura pastorale della scuola e della chiesa collegiata di Ellwangen. Lì sorgeva anche una piccola cappella, sulla collina di Schönenberg, eretta nel punto in cui, durante la Guerra dei Trent’Anni, i Gesuiti avevano eretto una croce di legno affiancata da un’immagine della Madonna, perché fosse un segno di speranza per il popolo.

Padre Philipp si accorse che la cappella era esigua per l’afflusso di pellegrini che cresceva sempre più: decise quindi di procedere alla costruzione di una chiesa più grande, che l’inglobasse. La decisione fu condivisa dai cittadini, anzi, divenne l’esaudimento di un voto dopo che, l’anno seguente, nessuna delle case del paese fu danneggiata da uno spaventoso incendio. La costruzione finale fu una basilica in stile barocco, che si vedeva da tutte le direzioni.

Per padre Philipp la nuova chiesa doveva essere niente più di uno strumento per compiere quel che ormai aveva capito essere lo scopo della sua presenza lì. Lo scrisse in una delle sue lettere:

«Imprimere Dio, Gesù e la Madre di Dio nel cuore del prossimo».

Per lui la Provvidenza del Padre, la presenza eucaristica del Figlio e la maternità di Maria erano concetti che traduceva nel concreto. I modi con cui ci riusciva erano quelli insegnati da sant’Ignazio: rendersi disponibile per le confessioni, predicare, comprendere la sofferenza di quanti incontrava, indire missioni al popolo e ritiri per i sacerdoti. La sua attenzione si rivolgeva anche ai soldati, ai prigionieri e ai condannati a morte.

Per molti fu la guida che mancava da anni, perché la guerra aveva devastato sia le strutture, sia le comunità parrocchiali. Dovunque andasse, nei territori delle diocesi di Augusta, Costanza, Eichstätt e Würzburg, veniva ormai salutato come “il buon padre Philipp”.

Non era buono e basta, ma viveva quello che predicava, e non pretendeva nulla dai suoi penitenti che lui stesso non fosse disposto a compiere. Li esortava con espressioni semplici, come:

«Il più grande al mondo è colui che ama di più Dio»,

oppure:

«Tutto si può ottenere con umiltà e amore».

Padre Philipp morì praticamente sulla breccia, l’8 febbraio 1704, dopo aver iniziato un corso di Esercizi Spirituali. Non aveva mai goduto di ottima salute, ma non si era neppure lasciato frenare da questo suo limite, pur di annunciare il Vangelo.

La sua fama di santità ha davvero oltrepassato i secoli e continua ancora oggi, con gruppi di giovani che d’estate ripercorrono a piedi, sulle sue orme, il tragitto tra Eichstätt ed Ellwangen.

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16/07/2022
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