Politica

di Raffaele Dicembrino

Trudeau: impatto enorme la visita del Papa

Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano

“Riconosciamo tutti che il sistema delle scuole residenziali ha tentato di assimilare i bambini indigeni. La riconciliazione è una responsabilità di tutti noi…”. Parla di un impegno congiunto di chiesa, istituzioni e cittadini “nello spirito della guarigione”, il premier canadese Justin Trudeau, rivolgendo il suo saluto al Papa nella Citadelle de Québec, la residenza del governatore generale del Canada dovepapa Francesco incontra le autorità civili. È il primo e unico appuntamento nel capoluogo dell’omonima provincia francofona.

Merci. Thank you. Gracias. Tiawenhk”, dice più volte al Papa il primo ministro nel suo intervento pronunciato per metà in francese e metà in inglese, per rimarcare la gratitudine al vescovo di Roma per la visita nel Paese ma anche e soprattutto per le scuse presentate agli indigeni per gli abusi subiti dai bambini nelle scuole residenziali. Ovvero gli istituti finanziati e promossi dal governo, ma dati in gestione a istituti religiosi, in cui, nello scorso secolo, almeno 150 mila bambini hanno subito politiche di assimilazione che hanno portato a violenze di vario genere e perfino alla morte.

Un dramma che, ha detto Trudeau, richiama la responsabilità di tutti. “Riconosciamo tutti che il sistema delle scuole residenziali ha tentato di assimilare i bambini indigeni”, ha affermato. “Oggi i popoli indigeni continuano a lottare per difendere e preservare le loro culture e le loro lingue”. Pertanto “è nostra responsabilità vedere le differenze non come un ostacolo, ma come un’opportunità per imparare, per capirci meglio e per agire”.

Prima dell’incontro pubblico, Trudeau aveva avuto un colloquio privato con il Papa in una sala della Citadelle. Subito dopo ha incontrato il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. Meno di mezz’ora prima si era svolta la visita di cortesia del Pontefice a Mary May Simon, prima governatrice indigena del Canada. Entrambi sono stati presenti sin dall’accoglienza all’aeroporto di Edmonton a tutti gli eventi papali di questi giorni. Oggi, quindi, il primo incontro privato con il Papa, al quale hanno potuto presentare i propri familiari, e il primo intervento pubblico per ringraziare il Vescovo di Roma per il viaggio e l’abbraccio con le popolazioni originarie.

Ed è proprio l’impatto che la visita e soprattutto la richiesta di perdono del Vescovo di Roma ha avuto sugli indigeni che Trudeau sottolinea nel suo breve saluto. “Questa settimana – ha detto a Francesco - ha riconosciuto gli abusi subiti nelle scuole residenziali, che hanno portato alla distruzione di culture, alla perdita di vite umane e ai continui traumi subiti dalle popolazioni indigene in ogni regione del Paese. Come ha detto Sua Santità a Maskwacìs, chiedere perdono non è la fine della questione, è un punto di partenza, un primo passo. Lunedì mattina mi sono seduto con i sopravvissuti e ho sentito le loro reazioni alle sue scuse. Ognuno ne trarrà ciò che gli serve, ma non c’è dubbio che lei abbia avuto un impatto enorme”.

Il primo ministro ringrazia tutti i superstiti: l’evento del 25 luglio a Maskwacìs “non sarebbe stato possibile senza il coraggio e la perseveranza dei sopravvissuti che hanno condiviso i loro ricordi e le loro esperienze dolorose, anche direttamente con il Santo Padre”. Al contempo, dice Trudeau rivolgendosi al Papa, “la sua presenza qui in questa settimana non sarebbe stata possibile senza le sue convinzioni personali e la sua integrità”.

Il primo ministro ricorda pure le udienze degli scorsi anni in Vaticano: “Nelle nostre precedenti conversazioni, fin dalla prima volta che ne abbiamo parlato, lei ha sempre offerto il suo tempo, cercando sinceramente di capire, di fare del bene e di riparare”. Quindi cita le parole dello stesso Pontefice: “Chiedere perdono non è la fine della questione, è un punto di partenza, un primo passo”. Un passo, cioè, verso quel cammino di riconciliazione che, tassello dopo tassello, si sta cercando di costruire: “I sopravvissuti e i loro discendenti devono essere al centro di tutto ciò che faremo insieme in futuro… Nello spirito della guarigione, non arrendiamoci mai. Canadesi, istituzioni, continuiamo a lavorare insieme ai popoli indigeni fino a raggiungere un futuro migliore per tutti”.

Di futuro parla pure la governatrice Simon nel suo intervento, che ringrazia il Papa per questo viaggio che “sta segnalando al mondo che Lei e la Chiesa cattolica romana vi unite a noi nel nostro cammino di riconciliazione, guarigione, speranza e rinnovamento”. Il grazie va però soprattutto agli indigeni, molti, da una parte, costretti a portare con sé “il trauma dell’esperienza delle scuole residenziali”; molti, dall’altra, esempi di grande resilienza. “Hanno lavorato, aspettato e pregato per ottenere le scuse nelle terre indigene del Canada. Non si sono mai arresi. Grazie al loro coraggio oggi siamo qui. I loro sforzi rendono il Canada una nazione più forte”, ha detto Simon, figlia di madre Inuit.

Gli indigeni, ha aggiunto, “sono tutti orgogliosi. Sono tutti forti”. E sono tutti “venuti ad ascoltare ciò che aveva da dire con i cuori e le menti aperte, alcuni disposti a perdonare, altri a convivere con il dolore, ma tutti disposti ad ascoltare”, ha assicurato al Papa. “Tutti sperano di proseguire il loro cammino di guarigione”.

Cammino che ha bisogno di atti concreti. Anzitutto, ha detto la governatrice, “è nostro dovere collettivo ricordare ciò che è accaduto nelle scuole residenziali, raccontare le storie dei sopravvissuti e di coloro che non sono mai tornati a casa”. Bisogna poi dare sostegno “in termini di risorse per la salute mentale” ai superstiti e alle famiglie “a scoprire il vero destino di coloro che non hanno fatto più ritorno”.
L’obiettivo di quello che Mary Simon in lingua inuktitut ha definito mamisagniq, un viaggio, è la “vera riconciliazione”. “Nutro grande speranza in ciò che ho visto finora durante questa visita”, ha concluso. “Il Canada è ansioso di lavorare con la Santa Sede sulla riconciliazione e su molte altre questioni globali urgenti come la promozione della pace e dell’istruzione, l’abbattimento delle barriere, la lotta alla povertà e alle malattie e la ricostruzione della fiducia”.

Abbonati agli albi cartacei de La Croce e all’archivio storico del quotidiano

29/07/2022
1908/2023
San Giovanni Eudes

Voglio la
Mamma

Vai alla sezione

Politica

Vai alla sezione

Articoli correlati

Chiesa

Sacerdoti oggi

Vi sembrerà impossibile, lo so. Anche a me oggi, a 45 anni, fa ancora lo stesso effetto. A volte mi sveglio di notte da incubi spaventosi e mi domando: ma è stato tutto vero o me lo sono inventato io? Durante l’esperienza del liceo e poi dell’università ci ho provato a staccarmi. Per fortuna allora non esistevano i cellulari. Ma vi posso assicurare che la sua presenza era totalizzante anche a distanza. Non esagero se vi dico che ci sono state settimane e mesi nelle quali mi arrivano non meno di trenta telefonate al giorno tutte sue. Ero suo e non era immaginabile che io prendessi il volo per sempre. Mi controllava. Durante la fase della tesi di laurea ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Quest’anno festeggio i 22 anni di convivenza con questa brutta bestia che ti schianta il cuore e il fisico. La vita è sempre stata una vista passata a scappare. A fare non-scelte. Compresa quella di entrare in seminario dopo la laurea in filosofia. E ne ero convinto in un certo senso, ero convinto di avere la vocazione. In realtà non era così: scappavo ancora una volta dal mostro. A venticinque anni che cosa potevo fare nella vita? Non ero capace di fare niente. E allora perché non entrare in seminario? Il prete sapevo farlo, figuriamoci, con tutta l’esperienza di anni e anni passata a fare ogni cosa in parrocchia ed in oratorio! E poi, forse, se fossi diventato prete avrei finalmente avuto la scusa giusta per allontanarmi dal mostro. Il Vescovo mi avrebbe spedito a chilometri di distanza dal prete-mostro e allora la mia prigione sarebbe finita. In seminario ci sono restato 9 mesi. Il periodo più importante e decisivo per la mia vita. Decisivo per affrontare di petto per la prima volta chi ero davvero e che cosa volevo davvero diventare.

Leggi tutto

Chiesa

Newman fra i beati che volano verso gli altari

L’anglicano tornato a Roma è senza dubbio quello il cui nome spicca, nel decreto firmato ieri mattina da Papa Francesco fra le mani del prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi – Angelo Becciu –. Insieme con la sua, però, progrediscono anche le cause di altri due beati, mentre sono tre i venerabili, prossimi beati, delle cui virtù è stata riconosciuta l’eroicità.

Leggi tutto

Chiesa

Possibili vie del traboccamento

Eventuali passaggi non adeguati dal principio immutabile all’accompagnamento specifico possono orientare qualche altro pastore per esempio a variamente temere l’attenzione, nei modi e nei tempi adeguati fin dalla scuola, allo sviluppo spirituale e culturale delle diverse identità, filosofie e religioni. Rifugiandosi in un molto positivo incontro tra di esse

Leggi tutto

Chiesa

Cei: necessaria un’ecologia integrale

Il messaggio dei vescovi italiani per la 71.ma Giornata Nazionale del Ringraziamento: riconoscere i diritti di pescatori e pastori, evitare sempre sfruttamento e caporalato

Leggi tutto

Chiesa

Gregoriana: ripensare a San Roberto Bellarmino

A quattrocento anni dalla morte di San Roberto Bellarmino, teologo e dottore della Chiesa, l’Ateneo pontificio della Compagnia di Gesù, di cui è patrono, gli dedica tre giorni di studi multidisciplinari, dal 17 al 19 novembre

Leggi tutto

PoliticaChiesa

Papa Francesco all’Aeronautica Militare: volate alto

Il saluto di Francesco, questa mattina, nella Basilica vaticana, ad una delegazione di 500 militari: “Siamo fatti per il cielo, apriamoci a Dio e agli altri”.

Leggi tutto

La Croce Quotidiano, C.F. P.IVA 12050921001

© 2014-2023 La Croce Quotidiano