Storie
di Nathan Algren
Sri Lanka non ferma la repressione
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Nonostante la diffusa condanna degli arresti e delle intimidazioni, attivisti e giornalisti continuano a subire rappresaglie nello Sri Lanka. Il 27 luglio la polizia ha fatto irruzione nella chiesa di Ratnapura, nella provincia di Sabaragamuwa, nel centro-sud dello Sri Lanka: cercava p. Amila Jeewantha Peiris, una delle figure di spicco nelle proteste anti-governative nel Paese colpito dalla crisi.
Le norme di emergenza repressiva che danno alla polizia il diritto di trattenere una persona fino a 72 ore, non hanno precedenti e sono tuttora operative nello Sri Lanka. I difensori dei diritti umani ed esponenti della Chiesa dello Sri Lanka hanno deplorato l’irruzione della polizia a Ratnapura. Il raid è avvenuto due giorni dopo che un tribunale dello Sri Lanka aveva imposto il divieto di uscire dal Paese a padre Peiris e ad altre cinque persone per la loro presunta partecipazione a “assembramenti illegali e danni alla proprietà pubblica” durante una manifestazione di protesta a giugno.
Il 26 luglio luglio, poi, Dhaniz Ali - un altro attivista coinvolto nelle proteste alla Galle Face - è stato trascinato fuori da un aereo che stava per partire da agenti di polizia dopo aver superato il controllo dell’immigrazione. Il 27 luglio, Veranga Pushpika, manifestante e giornalista, è stato portato via da un autobus in pieno giorno da uomini in abiti civili. Sono stati poi arrestati quattro manifestanti che avevano consegnato alla polizia ingenti somme di denaro trovate nella residenza del presidente. E lo stesso giorno, persone in abiti civili che sostenevano di essere poliziotti hanno visitato gli uffici di Xposure News – un sito di informazione che ha fornito un’ampia copertura delle proteste - chiedendo di identificare le persone nelle fotografie e di vedere i filmati delle telecamere a circuito chiuso.
“Chiediamo con forza al governo di rispettare le libertà del popolo sancite dalla Costituzione del Paese - scrive in un comunicato il Christian Solidarity Movement - e ricordiamo che lo Sri Lanka è firmatario delle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani. Di fronte alla violenza non provocata e ai tentativi illegali di arrestare questi manifestanti, useremo ogni mezzo legittimo a nostra disposizione per rendere il Paese e gli amici dello Sri Lanka all’estero consapevoli di queste violazioni. Il dissenso pacifico è essenziale per sostenere la democrazia e, nel contesto dell’attuale crisi, la credibilità internazionale. Lo Stato dello Sri Lanka e il presidente Wickremesinghe devono cessare immediatamente gli attacchi contro i manifestanti e quanti perpetrano violenze devono essere chiamati a risponderne”.
Anche la Conferenza episcopale cattolica dello Sri Lanka, in una dichiarazione del 23 luglio, aveva già condannato fermamente l’attacco avvenuto il giorno prima contro manifestanti civili disarmati e giornalisti, affermando che la soppressione dei diritti umani “esacerberà ulteriormente i disordini di massa e danneggerà l’immagine del Paese nella comunità internazionale”.