Chiesa

di Tommaso Ciccotti

Papa - Le persone sono sostantivi, non aggettivi

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Per seguire processi comunicativi che “cambiano continuamente e velocemente”, serve un “di più” di progettualità e visione, per essere “pronti anche ad imboccare strade diverse e innovative”. E nel vostro lavoro di comunicatori, prestate sempre attenzione “ai sostantivi, cioè alle persone, più che aggettivi che distraggono”. Così Papa Francesco si rivolge ad un centinaio di giornalisti cattolici protagonisti dell’incontro per i 25 anni del Coordinamento delle Associazioni per la Comunicazione (Copercom), ricevuti questa mattina nella Sala del Concistoro.

Dopo il saluto del presidente Stefano Di Battista, eletto un anno fa dai delegati delle ventinove realtà aderenti al coordinamento, dall’ Ucsi alla Fisc, dall’Anspi all’Age, il Papa rende grazie “per la felice intuizione di costituire, con il sostegno della Segreteria generale della Conferenza -episcopale italiana, un’organizzazione che mettesse in rete varie associazioni nazionali che operano nel campo della comunicazione”. E la festa per il 25 anni del Copercom, rimandata di due anni per la pandemia, è per Francesco anche “una buona opportunità per riflettere sulla missione richiesta oggi a un organismo come il vostro” perché i processi comunicativi cambiano, e questo richiede uno slancio ulteriore “di progettualità e visione”.

Tra gli obiettivi sui quali riflettere insieme, il Pontefice inserisce il “coordinamento”, il cercare “di mettere insieme più realtà per raggiungere un fine ben preciso”: una buona comunicazione. Coordinare, sottolinea Papa Francesco, “richiede pazienza, visione, unità d’intenti e, soprattutto, la valorizzazione delle singole identità associative, che vanno poste a servizio dell’insieme”. Per il Copercom vuol dire “far fruttificare i talenti e le competenze a beneficio di tutti, a servizio della Chiesa in Italia”. Per questo, facendo tesoro di 25 anni di coordinamento, il Papa incoraggia “anche a imboccare strade diverse e innovative”.

Quindi individua il “cambiamento” come secondo obiettivo, perché questo tempo “non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca”, con novità che “costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza”, come Francesco ha detto alla Curia Romana nell’Avvento 2019.

Pertanto, non bisogna temere di lasciarsi interpellare dalle sfide e dalle opportunità che il tempo presente propone. In questo dovreste essere esperti: esperti di cambiamento! Infatti, occupandovi di comunicazione, sapete benissimo come le innovazioni tecnologiche stiano accelerando i processi e i passaggi generazionali. Il cambiamento, per essere affrontato e gestito in maniera fruttuosa, richiede una buona capacità educativa e formativa.

Il Pontefice invita allora i comunicatori cattolici “a guardare, in modo particolare, alle nuove generazioni e a individuare i percorsi più adatti per stabilire con esse contatti significativi”. E li invita a stare attenti, “perché cambiare non significa assecondare le mode del momento, ma convertire il proprio modo di essere e di pensare, a partire dall’atteggiamento di stupore di fronte a ciò che non muta eppure è sempre nuovo! Stupore che è l’antidoto contro l’abitudine ripetitiva e l’autoreferenzialità”.

Il terzo obiettivo sul quale Papa Francesco invita a riflettere è il trittico “incontro, ascolto e parola”, che definisce l’“A-b-c” del buon comunicatore, “perché è la dinamica che sta a fondamento di ogni buona comunicazione”. L’incontro con l’altro, prima di tutto, a cuore aperto, senza finzioni, “è il presupposto della conoscenza”, perché “se non c’è l’incontro, non c’è comunicazione”. Ma perché ci sia incontro “ci vuole la sincerità. Fare finta di incontrarsi è non incontrarsi, quello è brutto”. Nell’ascolto, poi, non si tratta di accostarsi agli altri “con le nostre convinzioni”, rischiando “di rimanere impermeabili alla realtà di chi abbiamo di fronte”, ma “di imparare a fare silenzio, prima di tutto dentro di sé, e a rispettare l’altro”, ascoltandolo, “perché ogni persona è un mistero”. Solo dopo l’ascolto, arriva la parola.

La parola, uscita dal silenzio e dall’ascolto, può diventare annuncio, e allora la comunicazione apre alla comunione. Incontrare, ascoltare e poi parlare. Il vostro lavoro sia sempre guidato da queste azioni, ponendo sempre l’attenzione ai sostantivi, cioè alle persone, più che agli aggettivi che distraggono. Noi siamo in una cultura che è caduta nell’aggettivismo, tutto si aggettiva e quando si aggettiva si perde la sostanzialità della cosa. Questa stessa dinamica può imprimere anche una svolta per le diverse conflittualità che sembrano voler fagocitare questo tempo.

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31/10/2022
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