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di Nathan Algren

Yemen: ogni giorno un bambino vittima della guerra

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Dall’inizio dell’anno ogni giorno in Yemen, a causa della guerra, un bambino “è morto o è rimasto ferito in modo grave”. I drammatici dati sulle violenze provocate dal conflitto sui minori sono contenute nell’ultimo report, pubblicato in questi giorni, dall’ong internazionale Save The Children secondo cui nel 220 almeno 330 bambini sono stati uccisi o feriti. A queste vittime “dirette” si devono poi aggiungere quanti sono deceduti per la mancanza di cibo, acqua potabile, medicine o per malattie che si stanno diffondendo con crescente incidenza.

Il dato sui bambini morti o feriti, già elevato, avrebbe potuto essere ancora peggiore, dato che per sei mesi nel Paese ha retto una fragile tregua raggiunta dalle parti con la mediazione internazionale e che ha risparmiato una ulteriore carneficina. “Prima della tregua - racconta agli attivisti la 14enne Diana, di Taiz - eravamo sempre in allerta, pensando che un razzo sarebbe potuto cadere in ogni momento. Non eravamo mai al sicuro. Con la tregua, ci siamo sentiti un po’ più tranquilli giocando all’aperto, oltre ad andare a scuola e studiare”. Ciononostante, ancora oggi si registra “ogni giorno” almeno un minore morto o ferito, vittima “collaterale” del conflitto.

Secondo i dati contenuti nel Civil Impact Monitoring Project, elaborato dallo Yemeni Protection Group e rilanciato dall’ong attivista, fra il primo gennaio e il 15 novembre 2022 si contano 333 bambini colpiti: di questi 92 sono morti e altri 241 hanno riportato serie ferite. L’uso estensivo di attacchi aerei, artiglieria, mortai, mine antiuomo e altri mezzi legati al conflitto “ha causato enormi danni ai bambini” afferma l’ong, provocando “morti, feriti e disabilità permanenti per il resto della loro vita e la pensante distruzione di infrastrutture civili”

.Il conflitto è divampato nel 2014 come scontro interno fra ribelli Houthi filo-Teheran e governativi sostenuti dall’Arabia Saudita; col passare dei mesi si è inasprito trasformandosi in guerra aperta con l’intervento, nel marzo 2015, di Riyadh a capo di una coalizione di nazioni arabe e ha fatto registrare in questi anni quasi 400mila vittime. Secondo l‘Onu ha provocato la “peggiore crisi umanitaria al mondo”, sulla quale il Covid-19 ha sortito effetti “devastanti”; milioni di persone sono sull’orlo della fame e i bambini - 11mila morti nel conflitto - subiranno le conseguenze per decenni. Gli sfollati interni sono oltre tre milioni, la maggior parte vive in condizioni di estrema miseria, fame ed epidemie di varia natura, non ultima quella di colera.

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22/11/2022
2909/2023
Ss. Michele, Gabriele e Raffaele arcangeli

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Kalenda

La Kalenda è termine derivato dal latino kalendae, che significa “primo giorno del mese” e anche “annuncio di una data”. Si riferisce a quell’annuncio (detto anche “Annuncio del Natale”), riportato nel Martirologio Romano, che, secondo indicazioni liturgiche, può essere proclamato o cantato, come spesso accade, all’inizio della Messa della notte di Natale (ma può essere anche collocato in altro modo, sempre seguendo le indicazioni liturgiche). Inizialmente la sua collocazione era diversa: infatti era inserita nell’Ufficio di Prima, eliminato dopo la riforma liturgica in seguito al Concilio Vaticano II; la Chiesa, però non ha voluto che andasse perduto questo tesoro tradizionale con cui la liturgia “annuncia” l’Incarnazione. In un certo senso può essere accostato all’Exultet della Veglia Pasquale, ma ha un significato diverso.
Accostandoci al ricco e prezioso testo di questo annuncio, possiamo notare come la Chiesa, fin dai primi secoli, abbia fermamente tenuto tale, ed esaltato attraverso parole umane, questo ingresso di Dio nel tempo dell’uomo, che è sì misterioso, e come tale sempre difficile da esprimere in linguaggio di uomini, ma anche autentico. Il testo è pieno di riferimenti importanti che non esaltano soltanto l’avvenimento in sé, la venuta nella carne, ma ne definisco anche la storicità e l’attualità.
La “Kalenda” o annuncio inizia ogni anno con un preciso riferimento temporale che riguarda l’oggi della storia degli uomini, con un rinvio al conto relativo alla luna. Quest’anno sarà la ventiseiesima luna. L’evento fondamentale nella relazione tra Dio e l’uomo ha sì conosciuto il suo farsi in un determinato momento della storia, ma l’annuncio dell’Incarnazione arriva anche nell’attualità dell’uomo di questo tempo, esprimendo – con questo particolare apparentemente senza importanza – che la portata salvifica non ha esaurito la sua carica umana tutta in quel singolo momento della storia, ma Cristo viene – anche oggi – per salvare noi uomini contemporanei a questa “ventiseiesima luna”.

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