Storie
di Roberto Signori
Il dramma del Congo
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Almeno 131 civili sono stati uccisi dai ribelli dell’M23 (Movimento 23 marzo) il 29 e 30 novembre nell’est della Repubblica Democratica del Congo, secondo un’indagine preliminare delle Nazioni Unite: lo ha annunciato la missione Onu nella Rdc (Monusco) in una nota. Le autorità di Kinshasa avevano parlato lunedì di un bilancio di circa 300 morti nel villaggio di Kishishe, nella provincia del Nord Kivu. L’indagine preliminare delle Nazioni Unite sta esaminando quanto accaduto a Kishishe e nel vicino villaggio di Bambo.
Si tratta del massacro perpetrato il 29 novembre nel villaggio di Kishishe, nel Nord Kivu, a circa cento chilometri dal capoluogo della regione, Goma. Le vittime sono 300: responsabili della carneficina, secondo il governo di Kinshasa, sono i ribelli del gruppo M23, che avrebbero così violato la tregua con la ripresa dei combattimenti contro l’esercito nella regione orientale del Paese.
La missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite (Monusco) in Rdc ha denunciato come “atti spaventosi” l’eccidio, invitando “tutte le autorità competenti a indagare senza indugio e ad assicurare i responsabili alla giustizia”. Anche Amnesty International ha reagito chiedendo al M23 di cessare di accanirsi sulla popolazione, dopo che negli ultimi giorni decine di civili non combattenti sono stati uccisi nelle zone orientali del Paese in attacchi indiscriminati e, in alcuni casi, con esecuzioni sommarie. “Il gruppo ribelle M23 deve porre immediatamente fine agli attacchi deliberati e indiscriminati contro i civili”, ha dichiarato Flavia Mwangovya, vicedirettrice di Amnesty International per l’Africa Orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi Laghi
Da Roma, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo metropolita di Kinshasa., ha espresso il suo sostegno alle intenzioni di pace della marcia e si è detto preoccupato per il rischio di una sorta di “balcanizzazione” del Paese. “Un congolese che ama il suo Paese e che è toccato dalla sofferenza del suo popolo - ha sottolineato - deve alzarsi e dire no al progetto di dividere il Paese”. Per poi spiegare: “La marcia non ha alcun significato politico, piuttosto vuole mostrare al mondo che siamo un solo popolo, uniti per la causa nazionale, uniti per la sovranità del nostro Paese e per la dignità del nostro popolo”. In un videomessaggio condiviso sul suo account Twitter alla vigilia della marcia, il cardinale ha ricordato che si tratta di situazioni precarie che vanno avanti da decenni.
I vescovi locali, al termine della loro ultima assemblea plenaria, avevano invitato a pregare e a manifestare per il ritorno della pace nel Paese. Un invito rilanciato da diversi Ordinari nelle rispettive diocesi.