Storie
di Fabio Annovazzi
SANTA LUCIA, IL VIOLINO DEI POVERI NELL’ATTESA DEL CAPO DEI GIOCATTOLI
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E’ la notte magica per eccellenza, un innumerevole flotta di bambini in gran parte d’Italia e d’Europa la sta aspettando spasmodicamente da tempo. Per lunga parte dell’italico stivale, dalla Sicilia alla mia Bergamo, c’è tra i ragazzini una palpabile ed irrequieta impazienza. Ma l’attesa sta per finire ragazzi! Santa Lucia verrà sicuramente portando leccornie e giocattoli, torroni e caramelle per i buoni e per i discoli, conditi a volte da del carbone (dolce) per chi ha fatto un pochino il monello lungo l’anno. Ricordo benissimo quando ero bambino la trepidante attesa di questa notte, le levatacce mattutine per capire se la Santa, col carretto trainato dall’asinello, avesse fatto ancora una capatina nella nostra modesta casupola. Ovviamente era doveroso lasciare del fieno e una ciotola d’acqua fresca per corroborare le fatiche del quadrupede nel trainare il celestiale carro con i regali. Siccome prendere sonno, per l’eccessiva agitazione, non era affatto facile la mamma ci intimoriva dicendoci che se avesse trovato bimbi svegli la Santa non si sarebbe fermata con i suoi doni. Ma l’eccitazione, la voglia di scoprire se la letterina redatta a suo tempo con l’elenco dei giochi desiderati fosse stato esaudita, era più forte anche di Morfeo stesso. Però in tenera età, a una certa ora, tenere gli occhi aperti è quasi impossibile, per cui ci si addormentava piuttosto facilmente. A rendere ulteriormente speciale questa nottata unica ci si mettevano anche gli innumerevoli sogni dorati, frutto di fantasie recondite neanche troppo malcelate. Queste visioni oniriche facevano sì da dolce compagnia notturna, ma in un qualche modo contribuivano a rendere ferocemente ansiosa l’attesa. Beata e benedetta innocenza infantile. “Se non ritornerete come bambini non entrerete mai” è forse la frase del Vangelo che preferisco in assoluto, perché molto attuale in questo mondo che ha perso purezza e il senso del pudore per correre dietro a pulsioni disordinate ed effimere. I ricordi appena citati rimarranno per sempre scolpiti nei miei pensieri e quella del 12 dicembre non sarà mai una notte qualunque, ma la Notte per eccellenza con la N maiuscola. La gioia immensa provata la mattina prestissimo nello scoprire i regali la conservo gelosamente nel cuore, e lì perdurerà inchiodata per sempre. Così come rimarrà ineliminabile il ricordo dello stupore che ho visto negli occhi dei miei figli quando, sul far dell’alba, scoprivano una casa imbandita di regali e dolciumi. Quegli occhi gioiosi ed estasiati mi rappresentano un anticipo di paradiso e mi strappano, ogni volta che li rimembro, delle salutari lacrime sul volto. Ringrazio Iddio di avere avuto tutto sommato un infanzia felicissima e spensierata; il nostro modestissimo tenore di vita familiare non ci faceva certo navigare negli agi, ma i miei genitori hanno sempre dato l’anima per cercare di farmi felice. L’infanzia di mio papà e mia mamma è stata invece assolutamente più disagiata della mia, hanno assaporato gravi privazione, e nei loro ricordi Santa Lucia era portatrice solamente di un po’ di frutta rara per
l’epoca, come qualche mandarino, alcune piccole caramelle e poco
altro.
Sicuramente,
rispetto all’esasperato consumismo attuale, anche i regali che ho
ricevuto nel mio passato infantile sono stati molto parchi, e li
ricordo infatti ancora tutti benissimo. I miei pargoli invece,
circondati da uno stuolo esagerato di pacchi dono, li avevano per lo
più velocemente anestetizzati già il giorno successivo. La
tradizione, almeno qui nel bergamasco, di preparare la scarpa vuota
per farla riempire di dolci alla Santa è rimasta inalterata sino ai
giorni nostri da tempo immemorabile. Si narra anche, come dicevo
prima, che la patrona di Siracusa non lasci i regali ai bimbi che
trova svegli o che malauguratamente la spiano mentre è intenta nella
sua opera. La leggenda dice inoltre che alla Santa, prima del
martirio, vennero cavati gli occhi. Perciò viene considerata anche
patrona degli oculisti, e tanti che hanno grossi problemi di vista
chiedono una sua grazia. Dante stesso nella Divina Commedia più
volte si rivolge a lei e pare abbia risolto, grazie alla sua
intercessione, una gravissima menomazione visiva. Ma dal martirologio
non risulta alcun abbacinamento, per cui si tratta semplicemente di
una credenza popolare forse derivante dal nome Lucia, che in latino
significa lux cioè luce. Reale il fatto invece che la Santa venne
decapitata in giovane età, dopo innumerevoli ed atroci torture, per
essersi rifiutata di abiurare la sua fede cristiana e di adorare gli
idoli pagani. Mi ha sempre molto colpito il fatto che a portare doni
ai bambini, in questo tempo che ci approssima al Natale, sia questa Santa tanto venerata e amata. Ciò dimostra ancora una volta l’idiozia di chi si ostina a considerare il cattolicesimo come una religione puramente maschilista e chiusa alle donne. Una panzana insensata che se certamente ha trovato una piccola sponda in errori commessi nel passato da alcuni ecclesiastici, non ha però nessun riferimento evangelico. Si pensi alla vita di Gesù, alla sequela di donne che lo seguivano e amavano. Erano spesso devote e pronte a recepire l’insegnamento del Maestro più dei discepoli stessi. Sotto la Croce, a parte l’evangelista Giovanni, vi erano solo figure femminili e non risulta da nessuna parte che abbiano mai avuto paura reverenziale nell’esplicitare la loro fede. Il Cristo risorto poi non appare certo agli apostoli nella fase iniziale, ma alle pie donne venute al sepolcro, e la prima a vederlo in assoluto è una peccatrice convertita. Il cristianesimo è stato dunque rivoluzionario in questo senso e nei secoli scorsi innumerevoli figure del gentil sesso hanno testimoniato col proprio sangue la fede in Cristo. Anche in giovanissima età, come Santa Lucia, anche madri di famiglia che hanno dato letteralmente la vita per i propri figli, come Santa Gianna Beretta Molla. In questo ribaltamento antropologicoattuale mi fa specie invece vedere tante ragazze giovani con il senso di maternità ridotto a zero, praticamente indifferenti ai bimbi che vedono in circolazione come se ne fossero quasi infastidite. Ciò mi rabbrividisce, mi rattrista e mi fa davvero pensare in un futuro molto (ma molto) cupo. Ritengo essere questa la vera violenza perpetrata silenziosamente (e consapevolmente) da decenni ai danni delle donne: togliergli il senso, insito nella loro natura, della bellezza nel divenire mamma per trasformarle in carne da divertimento e copertina da rotocalco. Un sopruso perfettamente riuscito senza che nessuna femminista manifestasse anche solo il minimo dissenso. Con questo infausto disegno prestabilito a tavolino stiamo gettando diserbante alla base della pianta umana occidentale; se non ci fermiamo alla svelta sarà davvero tardi e l’arbusto morirà. Non voglio fare terrorismo, ne apparire esagerato, mi limito a guardare una realtà, purtroppo, difficile da smentire. Per fortuna ci son ancora i Santi (e le Sante) della porta accanto. Solo loro stanno seguendo veramente l’esempio dei tanti martiri come Lucia che
festeggiamo domani e possono regalarci ancora un po’ di speranza. Francesco De Gregori, nell’album Bufalo Bill del 1978, ha scritto una canzone stupenda dedicata alla Santa. Una commovente poesia celestiale con un’armonia adorna e meravigliosa, senza dubbio uno dei più bei testi scritti dal cantautore romano. Si racconta che Lucio Dalla ascoltò questa canzone per la prima volta mentre stava guidando e fu costretto a fermare l’auto per l’immensa emozione provata. Anche al sottoscritto vengono i brividi ogni volta che la sente, o ne rilegge il testo, e confesso candidamente che non posso
fare a meno di commuovermi di fronte a certe frasi. “Per tutti quelli che hanno occhi e un cuore che non basta agli occhi” è uno dei tanti passaggi struggenti che meritano di essere assaporati edinterpretati sino in fondo. Si intravede tra l’altro un profondo senso religioso nelle parole, una voglia di eternità e una ricerca del bello che solo ritornando bambini possiamo riscoprire. Scriveva, nel suo capolavoro letterario del Piccolo Principe, Antoine de
Saint-Exupèry che tutti i grandi sono stati bambini una volta ma pochi di essi se ne ricordano. Verità pura e una parte delle parole di Gesù citate prima che ritornano prepotentemente in auge. Bisognerebbe fare memoria della nostra infanzia ed ogni tanto tornare ancora piccini, magari giocherelloni, con quello sguardo limpido che sa stupirsi anche dinnanzi ad una semplice nevicata. Non saremmo davvero lontani allora dal Regno dei Cieli. Si sa che non è facile e spesso in questo sforzo “cadiamo sull’ultimo metro” come dice la canzone di De Gregori. Però un tentativo è d’obbligo, l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che era dentro di se, e gli mancherà molto. Per questo vi è tanta infelicità e il mondo non va bene. C’è bisogno assoluto di tanti capi dei giocattoli (cit. Maurizio Lauzi, Sanremo 1997) che ci insegnino a giocare e lo ricordino al mondo intero che non sa più come si fa, preso nella
tristezza di accumulare roba inutile. Intanto però per questa sera non dimentichiamoci di preparare la scarpa e la lista dei desideri. Io l’ho già fatto, ho deciso cosa voglio che mi porti la Santa. Mi sono anche accorto nel frattempo di avere sbagliato alla grande in passato. Quando mi chiedevano che cosa volessi fare da grande larisposta giusta da dare era:”Voglio restare bambino!” Buona Santa Lucia a tutti!