Storie
di Giuseppe Bruno
La laicità dello stato in un’epoca di laicismo imperante
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Si sente spesso ripetere quasi come un motivo imparato a memoria anche da coloro che dovrebbero essere
i dispensatori della cultura, penso a Docenti e ancor più a Dirigenti, che in nome della laicità dello stato non
si possono trattare temi che hanno a che fare con la religione nelle scuole. Uno tra i più autorevoli obiettori
di questa superficiale affermazione è stato proprio quel Mario Draghi che tanti progressisti sventolano
come bandiera. E lo ha fatto abbastanza recentemente, nel giugno dello scorso anno, quando ancora era in
carica come Presidente del Consiglio. Draghi in quell’occasione, si trattava di prendere posizione riguardo
alla Nota del Vaticano che avanzava riserve di Costituzionalità in merito al ddl Zan, richiamò per precisare
ancora meglio il suo pensiero una sentenza della Corte costituzionale del 1989 la quale recita nel seguente
modo: «La laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, la laicità è tutela del
pluralismo e delle diversità culturali». Basta solo questa frase per sconfessare tutti i sedicenti educatori di
sinistra che tirano in ballo la laicità dello stato per non trattare argomenti o nell’impedire manifestazioni
che hanno a che vedere col fenomeno religioso nelle loro scuole. Diciamone una per tutte, fare il presepio a
scuola, o ancora fare partecipare alla messa la scuola in particolari ricorrenze. Si dice con notevole
superficialità e altrettanta malafede, da parte di questi “educatori” che tali manifestazioni possano urtare
la sensibilità di studenti appartenenti ad altre etnie e religioni. In realtà ho sempre pensato che urtano solo
la sensibilità dei suddetti educatori, che aborrisce come “medievali” (spesso senza conoscere il reale
concetto di questo termine) tali manifestazioni. Né iniziative di questo genere, mi si consenta,
qualificherebbero come confessionale lo stato e la scuola che le attuasse. Tutt’altro. In realtà per quanto
riguarda il Presepe, rientrando esso in una tradizione culturale fortemente radicata nella nostra storia
sarebbe ben strano invece che la scuola volesse ostentatamente e forzatamente ignorarla. E aggiungo, di
più, sarebbe offensivo nei riguardi degli studenti provenienti da altre etnie, culture e religioni pensare che
essi si offendano; come se io, andando a studiare Al Cairo, pretendessi che non facessero la preghiera del
mezzogiorno o non rispettassero il Ramadan. Anzi magari proprio questi eventi li apprezzerei di più perché
mi farebbero conoscere meglio il Paese che mi ospita. E la Messa? Se la ricorrenza è particolarmente
rilevante e l’utenza la desidera non vedo perché, lasciata alla libera scelta dei genitori o degli studenti, la
scuola non vi possa partecipare. Il discorso è sempre lo stesso: è cultura laica non confessionalità. Il bello è
che poi questi stessi “educatori”, tanto rispettosi delle radici culturali e religiose di genitori e di studenti in
queste occasioni, non hanno, poi, remora alcuna a voler imporre le loro anguste prospettive “culturali” a
tutti gli studenti e genitori in tante altre circostanze a loro più congeniali. Il problema sta proprio qui, la
laicità è una cosa seria ed ha a che fare con la vera cultura, la vera ricerca e la vera educazione. Il laico
rappresenta il filosofo, il libero e corretto pensatore, il quale magari non crede in un Dio di qualche
religione rivelata, ma non esclude dal campo delle sue indagini il concetto di Dio e quindi anche quello di
religiosità. Giustamente non è “indifferente” verso il fenomeno religioso, come recita la sentenza citata da
Draghi, ma nutre verso esso un rispetto pari a qualsiasi altra manifestazione di razionale approdo della
ricerca umana. E ci tengo a sottolineare il “razionale” attribuito dal sottoscritto, non a caso, all’approdo
religioso della ricerca umana. Infatti non è del laico dare dell’irrazionale a chi crede in Dio. Perché il laico
vero, cioè il filosofo, il libero razionale pensatore, sa che esiste ed esisterà sempre una zona d’ombra
inesplorata e da continuare ad esplorare. E per fortuna, direi. Quello che la filosofia classica chiama il
Trascendente, o almeno kantianamente (laicamente) parlando, il Noumeno, l’inconoscibile ed indescrivibile
che, in qualche modo, si trova “al fondo” dei fenomeni che osserviamo, sullo sfondo, “al di là
dell’apparenza”. Tanto importante da non poter, chiunque pensi, non continuare a cercare di definirne i
fondamentali contorni. Perché se la ricerca dei principi ultimi si ferma e l’uomo sottovaluta o distrugge la
possibilità del Totalmente Altro, dell’Oltre è come se si accontentasse di se stesso, dei suoi limiti, dei suoi
difetti, e siccome ciò non è possibile, perché non potrebbe che generare infinita infelicità in realtà non si
ferma e affida alla Storia, al Progresso, alla Scienza, alla Tecnica l’infinito superamento della sua infinita
infelicità. Ma chi la fa la Storia, chi il Progresso, chi guida la Scienza e la Tecnica? Esclusa la prospettiva
ultraterrena, è sempre l’uomo con i suoi difetti, i suoi limiti, il quale non potendo certo affidarsi alla sua
pochezza di individuo si affida all’Umanità, un’Umanità teorica e forzatamente orientata verso un
ottimistico futuro che diventa Storia, Progresso, ecc.. Ma progresso (da progredior) verso cosa?
Indubbiamente il progresso scientifico e tecnologico è indubitabile, ma esso è sorretto, e ciò mi sembra
altrettanto innegabile, dall’interesse economico e non da altri valori. Infatti gli altri valori diventano in una
prospettiva che esclude un loro fondamento pur non conoscibile, ma indispensabile, diventano per forza di
cose relativi. Così i diritti umani, la giustizia sociale che pure sembrerebbero i valori più condivisi variano in
modo sostanziale se non totale al variare delle prospettive meramente umane che sorreggono una società
non laica, ma laicista. Esempi ce ne sarebbero tanti, facili da individuare per le persone avvezze ancora,
nonostante tutto, a ragionare quindi sostanzialmente laiche e non laiciste. Ma basterebbe pensare alla
maternità surrogata che sottomette “l’interesse supremo” del minore (proclamato anche da tanti Trattati
internali) e il rispetto dovuto ad ogni persona umana - dal minore alla Donna che non certo per generosità
concede il suo utero - al presunto “diritto umano”, per chi lo vuole, di “avere a tutti i costi un figlio”. O
all’aborto, o alla libertà appunto di religione, espressione ecc. che non a caso la società laicista è pronta a
calpestare nell’angusta e relativa prospettiva culturale umanamente trionfante in quel momento storico
che si vive. Ecco perché il laicismo che sopprime la possibilità laica del Noumeno oltre ad essere
profondamente irrazionale è profondamente antidemocratico e ingiusto. Con esso, che è relativismo allo
stato puro, si torna in effetti alla legge del più forte, e in questo caso oggi i più forti sono coloro che
detengono il potere economico e ovviamente quello mediale - comunicativo. Torniamo alla vera laicità
perché i segnali di galoppante irrazionalità e conseguente ingiustizia sono sempre più drammatici e
allarmanti. Gli “ismi” in filosofia e in politica hanno fatto già troppi danni all’Umanità. Torniamo ad
ammirare e cercare i fondamenti della “legge morale dentro di noi e del cielo stellato sopra di noi” (Kant) e
ritroveremo anche finalmente il vero dialogo che non può non essere sempre presente in uno stato
autenticamente laico.